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Aggiornato Mercoledì 19-Feb-2014

 

 

Non sono una persona che costringe il proprio cervello in gabbia, che lo obbliga ad adeguarsi a ciò che gli altri hanno deciso per lui – tutt’altro. Non ho merito, sia chiaro, anche volessi non vi riuscirei, non saprei farlo. Quando un cervello nasce storto, solo una bella lobotomia può raddrizzarlo.

Ho sempre pensato, sin da bambina, che le origini del genere umano fossero le più varie – o fantasiose, come qualcuno le definirebbe in un afflato di gentilezza. Così, la storia evoluzionista della scimmia che a un certo punto cammina eretta, perde i peli e si mette a parlare, mi ha sempre fatto sorridere, non meno delle novelle creazioniste. Nella mia testolina a briglie sciolte, un essere glabro, frutto di esperimenti che avevano lo scopo di creare una creatura utile e asservita, compare sulla terra, evidentemente luogo di sfruttamento, conquista, e cominciano i guai – per il pianeta e le altre specie viventi. Nella mia testolina bacata, gli esseri umani discendenti dalle scimmie erano il frutto di un’ibridazione casuale, imprevista – diversamente non sarebbero mai scesi dagli alberi e averlo farlo non gli ha giovato, li ha “fatalmente” condannati allo sterminio: il primo esempio di pulizia etnica, perfettamente riuscita. Nella mia testolina malaticcia, la vita umana era cominciata nell’acqua – e lì, per alcuni, era proseguita. Ero una bambina strana, lo ammetto.

Crescendo, ho scoperto che il mio ragionare non era affatto isolato, né straordinario. Non ero un genio. Gran parte delle mie teorie erano già state formulate e alcune, oggi lo so, avevano ampiamente trovato riscontro sebbene irrise dalla comunità scientifica patentata che mal sopporta d’essere contraddetta o, peggio, sbugiardata – e soprattutto ci tiene a non dispiacere chi gli dà da vivere.

Ieri sera (15 Febbraio) ho visto il discusso documentario “Sirene, il mistero svelato” e ho letteralmente fatto un salto sulla poltrona. Avevo già avuto occasione di ascoltare il cosiddetto Bloop – un “canto” proveniente dalle profondità marine, di origine sconosciuta -, ma per quanto la mia mente, come ho anticipato, sia “elastica”, possibilista, abituata a fare ipotesi che i più considererebbero quantomeno astruse, non avevo mai pensato che potesse provenire da una creatura… umana.

Ho imparato, mio malgrado, che la realtà supera sempre la fantasia – eppure, ogni volta che accade, ne rimango stupefatta ai limiti dell’incredulità. Ho anche imparato che all’origine di ogni mito, leggenda, vi è quasi sempre un fondo di verità, e tuttavia, la storia delle sirene non mi aveva mai colpita particolarmente - insomma, non gli avevo dato credito. Ovvio che abbia fatto un salto – di più, mi è andato il cuore in frantumi perché la specie umana che alla fine si è imposta sulle altre ed oggi domina il mondo, quand’anche vi fosse una remota possibilità che esista una specie simile a lei ancora sconosciuta, non gli permetterà mai di sopravvivere preferendogli il denaro, il profitto – esattamente quello che sta accadendo rispetto a questa vicenda che naturalmente viene fatta passare come la bufala più ridicola e inverosimile degli ultimi cento, mille anni.

Per chi non ne sapesse nulla, dirò che alcuni filmati, fotografie, documenti antichi e testimonianze recenti autorevoli, dimostrerebbero l’esistenza di una creatura acquatica del tutto simile all’Homo Sapiens (con cui, peraltro, condivide il patrimonio genetico, ma questo è più difficile da provare perché campioni e referti sono stati prontamente requisiti e fatti sparire), una creatura che abita le profondità marine, caccia costruendosi utensili e vive in amicizia e collaborazione con altri cetacei, soprattutto i delfini. La scoperta è casuale, avvenuta in seguito ad una sperimentazione militare segreta degli Stati Uniti la quale, attraverso l’emissione di potenti vibrazioni sonore, ha causato (e causa) lo spiaggiamento e la morte di centinaia di balene e altri mammiferi. Tra le specie e gli esemplari spiaggiati, in più di un’occasione sono stati trovati agonizzanti i corpi di queste creature, prontamente fatti sparire dall’esercito americano o dalle autorità dei paesi compiacenti che hanno molti interessi di ordine politico, economico e commerciale da anteporre a qualsiasi altra istanza.

Il dibattito (?) è aperto e grazie al clamore mediatico, è cominciata la caccia – alle sirene e alle streghe, le prime, nella migliore delle ipotesi, destinate ai centri di ricerca, in gran segreto, le seconde a quei magnifici falò catartici a cui la storia ci ha ampiamente assuefatti.

Al di là che si creda o meno alla possibilità che sulla terra, o ovunque, altrove, nell’universo, possano esistere creature senzienti magari con noi imparentate (e non vedo perché non potrebbero esserlo dato che il materiale che consente la vita è lo stesso ovunque nel cosmo), rimane il dato raggelante: quand’anche queste esistessero, le calpesteremmo come si fa con un insetto non necessariamente molesto e come in effetti facciamo con qualunque essere vivente che non ci serva o la cui esistenza ostacoli i nostri obiettivi utilitaristici, legati al depauperamento delle risorse e alla difesa dell’esistente. Così, se ammettessimo tale esistenza, dovremmo sospendere ogni attività di ricerca e sfruttamento che possa risultare dannosa per l’ecosistema e per la vita di queste creature: addio trivellazioni, scansioni sonar, pesca intensiva, sperimentazioni, esercitazioni militari e quant’altro. Inaudito, inconcepibile. Quasi non vi è uomo al mondo che rinuncerebbe alla sua bella porzione di tonno, al suo pieno di benzina, all’illusione di protezione e supremazia, per permettere ad un’altra creatura, ivi incluso un essere umano, di vivere in santa pace, nel modo e dove vuole, può, come probabilmente ha fatto dalla notte dei tempi, sicuramente da prima che ci sentissimo dei in terra con potere di vita e di morte sulle altre creature.

Vedere ciò che ho visto, mi ha dato la stessa struggente emozione che ho provato guardando il firmamento proiettato sulla cupola di un planetario. Non so se Dio esiste, ma se esistesse starebbe lassù, tra le stelle, o laggiù, in fondo al mare. Qui, no di sicuro – farebbe una brutta fine.

 

 

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