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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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Ho visto un bellissimo documentario che cercava di stabilire a quale ceppo umano appartengano gli aborigeni australiani. Pare che anche loro discendano da un piccolo gruppo di ominidi partiti dall’Africa, ma non è questo che mi ha fatto riflettere. Nonostante lo sterminio perpetrato dai coloni e i programmi d’integrazione a cui gli aborigeni sono stati violentemente sottoposti sino a poco tempo fa, alcuni di loro ancora difendono, tramandano la propria cultura, le proprie antichissime sapienze, senza smettere di praticarle. Mentre li guardavo muoversi, sicuri, disinvolti, in uno dei territori più ostili della terra, ho pensato che se c’è qualcuno che può sopravvivere alle catastrofi che ci attendono, questi sono loro - loro e tutte le popolazioni che non hanno perso il contatto con la terra, non ne hanno dimenticato le insidie, le risorse e gli insegnamenti. Noi, schiavi della tecnologia, dei bisogni indotti, noi che non sappiamo più nemmeno distinguere un fiore da un altro, che dipendiamo dall’industria, dalle banche, dai governi, e dobbiamo comprare qualunque cosa perché non sappiamo fare nulla con le nostre mani, dobbiamo sempre aspettare che qualcun altro pensi e decida al posto nostro perché non sappiamo più farlo autonomamente - noi, non abbiamo alcuna possibilità di farcela. Se nel giro di qualche anno (e pochi ne occorrerebbero per riportarci indietro di millenni) dovessero venir meno i sistemi produttivi ed economici che ci tengono al guinzaglio, che ci hanno resi dipendenti, ignoranti e stupidi, sarebbe la fine - di tutto. Un’ecatombe, causata principalmente dalle conseguenze di questa dipendenza ed ignoranza, non dalla portata anche catastrofica di un qualsiasi disastro planetario, naturale o innaturale che sia.
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