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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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In fondo, tecnologia e progresso medico-scientifico a parte, cosa c’è di diverso rispetto ai tempi passati? L’Italia fascista, ad esempio, o l’Italia dei feudi e del vassallaggio, dei mille comuni, delle grasse e sanguinarie corti, dei Re, dei Papi, dei banchieri e i loro tirapiedi, delle crociate e dell’inquisizione, del popolo affamato, vessato, ricattato, istruito alla paura e alle superstizioni, condannato all’ignoranza, tenuto in schiavitù, buono solo per pagare le tasse, provvedere alla mensa del padrone, riempire il suo granaio, far figli da mandare a morire di lavoro, nei bordelli, in guerra, per un tozzo di pane, un piatto di lenticchie, una parvenza di vita e libertà… Certo, oggi c’è l’obbligo scolastico, c’è persino la possibilità di proseguire gli studi - basta appartenere ad una famiglia benestante disposta ad investire sul futuro dei figli. Quasi tutti sono andati o vanno a scuola, molti persino all’università, ma pochi conoscono l’italiano, i più lo parlano male e scrivono peggio, leggendolo non ne capiscono il senso. Non conoscono neanche la storia, neppure quella recente, dei nonni, dei padri - non li riguarda, ne sono addirittura infastiditi, non sapendola la inventano, o negano. Gli italici scolaretti non sanno nulla degli “altri”, i “diversi”, i dirimpettai, i confinanti vicini o lontani. Per non sprecare tempo ed energie sui libri, ad informarsi, magari direttamente, si tramandano ogni genere di fandonia, luogo comune, preconcetto, e chi le spara grosse vince, è sempre benaccetto. Il cittadino scolarizzato, persino laureato, non è razzista, omofobo, che diamine! Vuole solo che froci e lesbiche la smettano con le loro assurde pretese, che gli stranieri vengano in Italia in vacanza o a svolgere quei lavori che non facciamo più, portino qua i loro soldi o qua spendano quelli che gli diamo ma poi se ne vadano, in fretta, oppure restino, rispettando le nostre leggi, ligi al dovere, grati e silenziosi, senza nulla pretendere, senza farsi vedere, ostentare, cittadini invisibili, di serie B, indegni di cittadinanza, servizi e diritti. Oggi c’è libertà, democrazia - dicono. Possiamo fare quello che vogliamo, dicono. Essere o apparire come ci pare, dicono. Dicono anche che quasi non c’è differenza tra abbienti e pezzenti, tra uomini e donne, tra etero ed omosessuali, che tutti abbiamo le stesse opportunità, che la nostra cultura, le nostre leggi – tra le più avanzate del mondo - ci tutelano, proteggono, garantiscono, senza eccezioni. Dicono che siamo un popolo virtuoso, ospitale, talmente evoluto, pacifico e tollerante da non aver bisogno di nuove leggi contro le discriminazioni e le violenze, talmente intelligente ed avanzato da dibattere sull’opportunità di farsi promotore di una moratoria contro l’aborto, talmente civile da essere il primo promotore della moratoria contro la pena di morte. Ma i figli non sono tutti uguali. I figli dei rumeni, ad esempio, che notoriamente rubano e puzzano sin dalla nascita, è meglio che vadano a scuola su autobus loro riservati, separati dai bambini italiani che invece sono santi e navigatori, per nascita – le mamme straniere ivi residenti, quindi, abortiscono pure, ci facciano il piacere. Anche i morti non sono tutti uguali. Se a morire è un extracomunitario, magari mentre sta salvando dei bambini a cui la madre italiana non ha impedito di fare il bagno nonostante il mare mosso, se a morire è un clandestino che lavora al nero, magari cadendo da un’impalcatura in un cantiere in subappalto, gestito da caporali italiani, per dieci euro al giorno escluso vitto e alloggio, o investito da un automobilista italiano ubriaco o semplicemente distratto, se a morire suicida è un ragazzo la cui unica colpa è essere omosessuale, in Italia, se a morire per mano di un rispettabile cittadino italiano di sana e robusta costituzione eterosessuale, è una trans senza permesso di soggiorno, se a morire, ad essere picchiate, stuprate, licenziate, sfruttate, disconosciute sono le persone che non ci piacciono, non ci somigliano, che ci imbarazzano, che crediamo rappresentino una minaccia ai nostri privilegi, alle nostre abitudini e convinzioni, allora la morte non è così scandalosa, inaccettabile, non è tanto grave, importante, significativa, degna di attenzione, mobilitazione, impegno. In questi casi, l’italico giornalismo tace o mette la sordina ai suoi strilloni, i politici dicono due o tre fregnacce tanto per dimostrare che leggono i giornali, gli altri fingono di non vedere, sapere, cambiano canale, voltano pagina cercando l’oroscopo. Sì, oggi ci sono i giornali, gli studi televisivi, internet, arene nella sostanza simili a quelle dei nostri antenati, in cui è lecito mostrare carni lacere ed ogni altra bestialità, in cui la gente fa a pugni per potersi esibire, per poter pubblicamente sbranare l’altro: straparlando, urlando, insinuando, inventando le più strampalate o patetiche fandonie che la platea immancabilmente beve - e fa proprie, con piacere. Dicono anche che rispetto al passato, oggi il popolo è tenuto in gran considerazione. Intere famiglie, quartieri, possono aspirare ad una sicura sistemazione. Liste interminabili di persone girano di tasca in tasca prima delle elezioni. Poi, quelle stesse persone finiscono in cima alle graduatorie, ad ingrossare l’esercito di lavoratori socialmente utili – a loro stessi e a chi li ha comprati. L’ormai abituale ricorso alle esternalizzazioni ha una sua precisa utilità in questo scambio di favori. I partiti, le amministrazioni, gli enti statali e il governo stipendiano orde di delinquenti, semianalfabeti, imprenditori, consulenti, furbetti, portaborse con o senza portafoglio, preti e monache, veline e attricette da strapazzo, gente che fuori dai palazzi, dai corridoi, non sarebbe nessuno. Oggi, i nobili sono decaduti, non contano più. Ci sono però una miriade di piccoli, insulsi, inetti reucci fatti a mano e c’è il Papa, naturalmente, quello è rimasto – altra faccia, altro nome, stesso incrollabile, immenso potere, arbitrio. Quanti sudditi alla corte del più influente, impiccione e piantagrane monarca del mondo. Oggi non corriamo più il pericolo che un manipolo d’illuminati raccolga intorno a sé il consenso popolare riuscendo ad ottenere miglioramenti, se non proprio cambiamenti radicali, epocali. Pochi sarebbero disposti a seguirli rischiando personalmente. Nessuno parteciperebbe a quello sforzo collettivo in cui si è tenuti ad anteporre il bene comune al proprio. D’altra parte, la maggioranza delle persone pensa sinceramente che i guasti attuali siano la conseguenza di azioni sbagliate compiute da altri, mai di una loro diretta o indiretta responsabilità, neppure parziale, minima. Perché impegnarsi quando, stando tranquilli e senzienti, si può vivere senza farsi mancare il necessario, talvolta persino prosperando? Perché giocarsi o, peggio, spartire con gl’incapaci, i guastafeste, i vanagloriosi e gli idealisti, il poco o tanto che si possiede, si è conquistato? Già… Oggi ci sono le consultazioni referendarie, sindacali - così, se i lavoratori sono messi nella condizione di poter scegliere se fare due turni oltre a quelli già previsti nel contratto ricevendo in cambio un piccolo aumento, la regolarizzazione dei colleghi precari e 250 nuove assunzioni, poco più del 50% di essi può tranquillamente dimostrare chi comanda: piuttosto morti che in fabbrica anche il sabato mattina o nel turno di notte tra la domenica e il lunedì. Piuttosto morti! E muoiono, infatti, come mosche – mal pagati e disprezzati da chi può permettersi il lusso di non sporcarsi le mani. Muoiono, ma se vai nelle piccole aziende dove si lavora di braccia, dove il cervello si pensa di poterlo lasciare a casa - in un cantiere o un magazzino, ad esempio -, scopri che nessuno, regolare o irregolare che sia, si preoccupa di rispettare e far rispettare le più elementari norme di sicurezza: pochissimi usano le imbracature, portano i caschi, le scarpe rinforzate, i guanti da lavoro, indumenti adatti. Scopri che a mezzogiorno le trattorie sono affollate di maestranze affamate, che le tavole e i bivacchi si riempiono di birre, fiaschi di vino, liquorini per digerire, per combattere il freddo, scopri che la percentuale di operai giovani cannati ancor prima di prendere servizio è altissima, poi via, a lavorare sui tetti, arrampicati su scale sghimbesce e ponteggi montati in fretta, senza protezioni, spostando merci, usando macchinari e utensili sempre pericolosi, anche quando in perfetto stato, soprattutto se mal tenuti. È strano che i morti non siano il doppio, il triplo, il quadruplo ed oltre. Oggi le donne possono lavorare e sono pure stipendiate se lo fanno, mica come una volta che erano vacche da mungere, soltanto puttane, o sorelle, figlie, mogli e madri. D’accordo, guadagnano e contano meno degli uomini, ma di che si lamentano? Un tempo lo facevano gratis e zitte, passi lunghi, sguardo a terra. Possono persino separarsi dal coniuge, rinunciare alla patria potestà del maschio, tentare di avere una vita indipendente – colpa delle femministe, dell’emancipazione femminile se poi padroni, padri, fratelli, mariti e fidanzati perdono il controllo, tentano di rientrare in possesso del potere e dei privilegi apparentemente perduti, cercano di mettere le cose a posto a suon di botte, stupri, coltellate, colpi di pistola. Oggi abbiamo gli ospedali e grazie all’approvazione dell’ultima finanziaria, non paghiamo più nemmeno il ticket. Ma le probabilità di entrarci malconci e uscirne morti sono comunque alte, troppo alte. Gli ultimi che se ne preoccupano sono proprio gli amministratori pubblici, i manager delle ASL, i medici e gli operatori sanitari per i quali lo stipendio e la carriera contano più della vita umana, il cui unico pensiero è rimanere tra quelli che la politica e l’economia prediligono. Sanità ed istruzione privata: businnes milionario per le casse vaticane, per le tasche dei notabili genuflessi, pii e laici. Sanità e istruzione pubblica: croce e delizia - sprechi ed eccellenze. Dicono. Amara realtà italica a due marce, facce, un po’ come tutto il resto. Chi nasce al sud e al sud rimane, farebbe meglio a ricorrere allo stregone, ai salassi, ai rimedi empirici, a pregare i santi – cose che i concittadini dell’Italia “zavorra” non avendo alternative fanno, talvolta persino volentieri, preferendolo. Ci sono le guerre – oggi finalmente “intelligenti”, selettive, giuste o accettabili, il male minore o necessario. Ci sono i massacri collaterali, statistici, scientifici. L’annientamento delle culture e delle popolazioni che riteniamo a vario titolo ostili, incolte e incivili. Democrazia, capitalismo, eterosessismo, machismo – non può, non deve esservi alternativa. Siamo bravi, oggi, incredibilmente moderni, globali: esportiamo spazzatura, credenze, promesse, illusioni, menzogne e morte, chiamiamo la nostra merce “libertà”, la offriamo come un regalo ma la imponiamo con la forza - poi presentiamo il conto ed abbiamo persino la faccia tosta di offenderci, arrabbiarci, se qualcuno si azzarda a protestare. Oggi, se impiccano un ragazzino accusato di sodomia, tutto il pianeta ne è informato e può civilmente indignarsi sentendosi fortunato di non essere al posto suo, fortunato di vivere in un luogo migliore, in cui la legge e la Polizia sono al servizio del popolo, non di un tiranno o un Dio assetato di sangue. Popolo: entità astratta, massa indefinibile senza una sua propria identità, soggettività. Poliziotti: fotografie del Duce nel portafoglio, facce qualsiasi, manovali indifferenti al discernimento, capaci della più compiaciuta brutalità, del più completo menefreghismo, fiero disimpegno, braccia armate con licenza di punire chiunque tenti di alzare la testa, ubbidienti all’ordine di lasciare che piccole orde di deliranti nazifascisti tengano in ostaggio intere città, le mettano a ferro e fuoco in occasione di una partita di calcio, un lutto, un capriccio. Uomini che smessa la divisa si uniscono ad essi per far pulizia, dimostrare chi è il padrone, ristabilire l’ordine – come natura comanda. Negri, ebrei, froci, lesbiche, islamici, storpi, mentecatti, zingari, dissidenti politici, atei, non sono forse esseri inferiori, laidi, malati, indegni, pericolosi? Non sono qui per rubarci i soldi, il lavoro, la casa, per indebolire la razza, distruggere la famiglia, la cristianità, per destabilizzare il sistema, contaminare i giovani con le loro credenze, opinioni, con le loro ripugnanti perversioni? Oggi non c’è più la peste a pareggiare i conti, a renderci tutti uguali. Ecco l’unica, vera differenza con i tempi passati, quelli che guardiamo dall’alto in basso, con vanità, presunzione. In questo baccanale, in questo impazzimento collettivo in cui i più stanno beati o beoti, pensare, sapere e parlare di diritti, giustizia sociale, realtà, storia, non ha alcun senso. Ci si sente noiosi, e soli, come cani. E allora cala il silenzio, cala il sipario – interiore. Non si ha più alcun motivo per cercare onestà, generosità, compassione, eroismo, fantasia, bellezza - per credere, illudersi che ve ne sia ancora un po’ in qualche angolo remoto dell’animo umano.
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