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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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Con la legge 13/2005 approvata dal parlamento spagnolo il 30 giugno 2005 ed in vigore dal 3 luglio 2005, la Spagna ha esteso la possibilità di contrarre matrimonio civile anche alle coppie omosessuali, sancendo senza ambiguità e senza alcun distinguo, che il matrimonio richiede gli stessi requisiti e produce gli stessi effetti qualunque sia il genere dei coniugi. Invitata da amici, ho visto su Facebook l’intervento di Carmen Montón (relatrice insieme ad altri della legge) pronunciato nell’aula del parlamento spagnolo alla vigilia della sua approvazione. Un discorso diretto, duro, non autoreferenziale, semplice ma circostanziato - inoppugnabile. I commenti seguiti alla pubblicazione del video rilevavano che in Italia parole e normative di questo tipo ce le sognamo. Sono d’accordo: al posto della Montón, abbiamo la Scarfagna. Al posto di Zapatero, Berlusconi. Al posto degli spagnoli, gli italiani. Siamo anni luce distanti e mai come adesso il livello umano, dialettico, culturale e politico del nostro paese è stato così scadente, basso. Talmente infimo che in Facebook, su richiesta di chissà chi, persino le dichiarazioni pubbliche di un ministro estero possono essere ritenute indecenti al punto da chiederne la censura - e il video è magicamente sparito dalle sue pagine. Quando si offrono al “popolo” i mezzi per intervenire direttamente contro ciò che esso giudica arbitrariamente giusto o sbagliato, s’imbocca una strada senza ritorno. La censura che gli utenti di Facebook invocano (e automaticamente ottengono) contro i contributi e le persone sgradite, è l’equivalente virtuale delle ronde cittadine. Questo e moltissimi altri accidenti che mi sembrano palesi, dovrebbero indurci ad una riflessione attenta, profonda, non ad usare Internet come se fosse un pollaio dove si va a starnazzare, fare la ruota o razzie. E tuttavia, l’osservazione di quel che accade in rete (soprattutto nei social network, nei forum e nei blog), dice molto di noi, dell’Italia, del momento che stiamo attraversando. Disprezzo, superficialità e insensatezza si sono ormai diffusi, hanno attecchito bene - l’ottundimento individuale e collettivo è conclamato. Esplorando il web, con sempre maggiore frequenza ci s’imbatte in esternazioni rabbiose, irrazionali, incitanti alla soppressione anche fisica del “nemico”, chiunque esso sia, alla rivolta. Gli utenti di Internet si sfogano, tra loro. Sfoggiano veemenza, eloquenza, sapienza: abbreviazioni da chat o telefonino, maiuscole a profusione, concetti da bar sport, scopiazzature sgrammaticate, tesi mendaci e raffazzonate. Gridano uno all’altro: smettila di lamentarti e fai qualcosa! Nascosti dietro i propri nick name, stando comodamente seduti davanti al PC, mostrano i denti, poi tornano nel mondo reale e chi s’è visto s’è visto. Can che abbaia non morde. Se la prendono con il governo incapace e corrotto, ma dimenticano o fingono di non sapere che i nostri rappresentanti non sono piovuti dal cielo all’improvviso come una grandinata o una iattura, sono lì perché la maggioranza degli elettori italiani, votanti, li ha preferiti ad altri o, successivamente alla legge elettorale che ci ha privati del diritto di scegliere (ed è quindi incostituzionale senza che vi sia reazione alcuna), hanno lasciato che i partiti li scegliessero al posto loro, secondo le proprie convenienze e i propri interessi, individuali e corporativi. Non solo: la maggioranza delle persone omosessuali votano (se votano) il centro-destra, dando con ciò prova di scarsa o inesistente consapevolezza, maturità, lungimiranza. Solo alcune di esse militano nei partiti e nell’associazionismo, le altre (il sommerso, anche festaiolo ed ostentante, anche moderato, progressista, riformatore) no, ma vi gravitano intorno, raccogliendone le briciole nella convinzione che se si comporteranno bene, prima o poi gli toccherà qualche bel privilegio che gli permetterà di prosperare strafegandosene del prossimo. Tutto questo, per quanto riprovevole e distruttivo, è molto umano, comune - in Italia e all’estero. Tuttavia, noi italiani abbiamo un difetto abbastanza unico: siamo incapaci di insorgere, di avere reazioni collettive prorompenti, coese, significative anche numericamente. Per non sentirci da meno rispetto ad altri paesi, ci raccontiamo che in Italia abbiamo avuto due guerre civili: una ci ha portato alla liberazione dal giogo nazifascista e l’altra è stata scongiurata negli anni Settanta. Bugie autoconsolatorie e vanagloriose. Verso la prima metà degli anni Quaranta ci sono state piccole sacche di ribellione sempre più organizzate che hanno portato un numero relativamente modesto di uomini e donne a compiere azioni di sabotaggio e guerriglia contro il “nemico” - loro, non di tutto il popolo italiano o la maggioranza di esso. Mentre la resistenza contava i suoi morti, la maggioranza tirava a campare, sperava per il meglio. Denunciava il vicino di casa per prendersi la sua vita, per odio o per semplice antipatia, e poi andava in chiesa a chiedere intercessioni, non il perdono. Festeggiava i militari americani come aveva festeggiato gli squadristi, il colonialismo italiano e l’alleato tedesco. Raccoglieva le briciole, insomma, e ha avuto i suoi bei privilegi: la repubblica, una costituzione e la democrazia - tre cose alle quali non aveva nemmeno pensato, che non capiva e forse non desiderava, ma che, dal momento che c’erano, considerava roba sua, mica di tutti. Roba - qualcosa che si può barattare, vendere, ignorare, usare, interpretare a proprio piacimento. Poi, negli anni Settanta abbiamo avuto le proteste studentesche, la lotta di classe, gli scontri di piazza, il terrorismo, le stragi di stato - soprattutto, e con quelle tutto è tornato a posto. Roba buona per spaventare i pusillanimi, farli spontaneamente tornare all’ovile. Nessuna guerra civile, nemmeno un accenno - soltanto un po’ di mal di pancia subito ammansito con qualche bomba, qualche briciola, e la promessa, mantenuta, di nuovi privilegi: consumismo, liberismo, federalismo... Felici, gli italiani si sono così potuti occupare dell’unica cosa che gli interessa, il proprio orticello - ed oggi, finalmente, non devono nemmeno farsi venire i calli alle mani: con 5 euro al giorno e una scatola di cartone, possono permettersi uno schiavo extracomunitario, meglio se clandestino - poi, quando non serve più, un calcio e via, che se ne torni da dove è venuto. Chi è al governo (e all'opposizione), somiglia alla stragrande maggioranza degli italiani - ha le loro ambizioni, parla, pensa e agisce come farebbero loro se potessero o volessero prenderne il posto. Sospetto che oltre l’80% dei cittadini aventi diritto al voto, si sentano ben rappresentati. Contrariamente a quello che pensa il restante (scarso) 20%, non ne sono affatto schifati e probabilmente non lo sarebbero nemmeno se dovessero fare la fila alla Caritas per un piatto di minestra: non è mai compito loro risolvere i problemi e la colpa di ogni disastro è sempre di qualcun altro. Non si fa una guerra civile in dieci, né in venti. Né si può pensare di contribuire al cambiamento standosene a casa, protetti dalle alte mura del proprio ghetto interiore e sociale, irridendo o disprezzando chi scende in piazza, sciopera, manifesta, usa ogni mezzo (anche internet) per comunicare, informarsi e informare, non solo per dire quattro cazzate, mettersi in mostra. L’ho già scritto e finché sarà necessario continuerò a dirlo: nulla cambierà se noi per primi non cambieremo. Ma forse vaneggio. Tra poco mi ridesterò e l’Italia sarà esattamente dove e come dovrebbe essere: nel ventunesimo secolo, in Europa, ad un passo dalla Spagna, civile e bella terra di poeti e navigatori, non un altro pianeta, in un altro tempo, miserabile cancrena di se stessa.
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