Si
può nascere con due occhi che vedono o con due mani
che sanno far vedere.
Il
primo è un caso generale.
Il secondo – un caso comune.
L’uno non esclude l’altro.
Due
mani e due occhi così potranno essere protetti, educati,
nutriti. Cresceranno, si allargheranno, si affineranno e ingialliranno
con l’uso. Per un po’ saranno luminosi, elastici,
abili, raffinati, sensibili, perfetti. Uno specchio: questo
sarà, ai limiti della purezza, il risultato di tale
educazione, l’accrescimento di tale nutrizione, il limite
di tale affinamento.
Ci
sono sempre stati e sempre ci saranno artisti che artisti
diventano (si creano).
La
superficie di uno specchio.
La
superficie di uno specchio.
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Cinzia
è nata il 10 Marzo 1964 con due occhi che fanno vedere
perché ha due mani che vedono.
Casi
del genere, per quanto diffusi, sono sempre unici.
(Occhi
così implicano mani così).
Trovarsi
nel raggio d’azione di tali occhi e tali mani vuol dire
essere toccati e plasmati da quegli occhi, guardare quelle
mani creare ciò che vediamo.
Due
mani e due occhi così daranno più nutrimento
di quello che richiedono, cresceranno oltre il loro corpo
in una cosiddetta “opera d’arte”.
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L’opera
nasce opera. L’artista può diventare artista.
Ma l’artista che nasce con la sua opera (crea), se diventa
qualcosa – diventa la sua opera.
Un’eterna
nascita, un eterno immobile talento imperfetto.
Ma
solo questi artisti (della visione, della parola, del
suono, del corpo) hanno il segreto dono della composizione.
(Composizione:
creare ciò che esiste ricordando ciò che esisterà).
Cinzia
è pigra, quasi non ha stile. È molto giovane:
sicuramente “troverà” uno stile, lo renderà
perfetto – quindi subito lo “perderà”.
(Stile:
creare ciò che esiste in modo da dimenticare ciò
che è esistito in vano).
(Cinzia
una sera mi disse: “Le tue poesie sono i miei
disegni”. Ho scritto quasi 200 poesie. Ne trovo soddisfacenti
una decina, fra cui sempre la prima e l’ultima).
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Uno
specchio.
Tutto
uno specchio.
Cinzia
disegna, dipinge.
Disegna,
dipinge da dietro lo specchio, là dove tiene
invisibili i suoi occhi (rivolti dietro di noi) perché
le sue mani si muovono secondo ciò che sta dinanzi
a noi.
Chissà
come fa.
(Conosco
tre persone, forse quattro, in bocca alle quali il sostantivo
assoluto “visione” non si deformi sinistramente
per eccesso o difetto di coscienza: una, ovviamente, è
Cinzia. Le ho sentito pronunciare questa parola due
volte, e me ne ricordo soltanto adesso).
Se
noi lo vediamo, è molto probabile che Cinzia
abbia mostrato ciò che noi vediamo.
Dietro
quelle linee. Sotto quei colori, Dentro quelle
forme.
Per
quanto ne so io, si tratta di un segno naturale della creazione
artistica.
Massimo
Lenzi (Lucca,
5 febbraio 1985 – ore 1:30, luna piena) |