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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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A sei mesi dal mio unico intervento sull’affair Fini “vs” Berlusconi, debbo tornare sull’argomento. Lo psicodramma (o la farsa?) in corso nel PdL, probabilmente è l’ultima ratio prima che la Lega prenda definitivamente in mano le redini del nostro paese. La democrazia, il diritto, esala il suo ultimo respiro e lo fa in diretta TV, attraverso il cofondatore del partito di maggioranza al governo, di fronte ad una platea di figuranti ben ammaestrati, pronti all’ubbidienza, al linciaggio. Berlusconi seduto, spazientito, gesticola vistosamente, finge di prendere appunti, indica documenti ai suoi portaborse, ostenta il suo risentimento, la sua disapprovazione. Gli altri, convitati di fango, sembrano vivi solo quando il copione chiede loro di dimostrare da che parte stanno. Zombi. Fini parla per quasi un’ora, più o meno a braccio. Aggiusta i microfoni, si frega le mani, sistema la cravatta, la giacca, continuamente. Misura le parole - insolitamente informali -, cerca di non esagerare perché forse teme che se lo facesse non lo lascerebbero finire. Tre quarti del suo intervento li impiega per sottolineare che non ha intenti polemici, che non è un traditore, tutt’altro, che il governo ha fatto bene e i suoi ministri sono il meglio possibile, che la leadership non si discute, che vuol restare nel partito, lui e il suo dissenso, con pieno diritto d’espressione - poi decida la maggioranza, decida Berlusconi, non gl’importa. Un misero terzo, senza peraltro mai scendere in profondità, quasi sorvolando, lo usa per togliersi dalle scarpe quei cinque o sei sassolini con i quali, ormai, fatica a camminare. Più che sassolini sono pezzi di vetro taglientissimi, acuminati, macigni enormi legati al collo degli italiani. Si chiamano Lega, riforma della giustizia, immigrazione, federalismo. La platea dissente, a fil di fiato. La Lega stravince al Nord perché il PDL, lì, ne è la copia. La platea si agita, mormora. Non si neghi l’evidenza, non si nasconda sotto il tappeto la verità! La platea insorge, con garbo. Poi prende la parola Berlusconi e comincia il tifo da stadio. Fini e i 54 suoi sostenitori ai quali ha dovuto garantire di non volersi svincolare dal partito (paura, eh?), sono una piccola minoranza, nemmeno riottosa. Cosa pensano di fare, ottenere? Quand’anche potessero discutere, esprimere perplessità e dissenso, cosa cambierebbe? Berlusconi e la sua armata vogliono il potere, vivono per averlo e conservarlo, nessun prezzo è troppo alto. L’alleanza con la Lega è necessaria per garantirselo? E’ necessario accontentarla, affidarle le sorti del paese? Sia - e del resto chi se ne frega. Ha ragioni da vendere, Fini, ma come può pensare di fare opposizione costruttiva all’interno del PdL, in queste condizioni, con questa gente dentro e fuori il partito, la coalizione? Li ha mai guardati in faccia? Mentre si arrampicava sugli specchi per non dispiacere troppo Berlusconi e i suoi tirapiedi, ha guardato in faccia Alemanno che se ne stava rannicchiato nella poltrona, ad occhi chiusi, quasi volesse scomparire? Forse si vergognava di se stesso, forse si vergognava di aver avuto un amico così stupido, forse si vergognava per lui, per la figura da babbeo che stava facendo di fronte all’Italia intera, ma Fini può davvero credersi l’onesto, martirizzato portavoce di chicchessia o non sta, piuttosto, facendo lo scarica barili, mettendosi con la coscienza a posto, tirandosi fuori dalle proprie responsabilità che erano, sono e restano gravissime? E’ vero, molti italiani aspettavano che la direzione nazionale del PdL si riunisse, aspettavano di sentire parlare Fini, speravano in lui. Ebbene, li ha delusi - dentro e fuori il centro-destra. Invece di fare tanti salamelecchi, avrebbe dovuto alzare la voce, avrebbe dovuto pubblicamente smascherare ogni bassezza, ogni furfanteria, ogni abuso che i suoi alleati, amici o non più tali, compiono sulla nostra pelle. Avrebbe dovuto dire: “Volete il potere, ci tenete tanto? Bene, per averlo da oggi dovrete fare i conti anche con me e con quella piccola parte di italiani che non ne possono più dei vostri giochetti meschini, puerili, criminali! Io non sarò vostro complice, non trascinerò l’Italia nella barbarie, nel baratro, e farò tutto quello che potrò per impedirvelo, costi quel che costi”. Non lo ha detto, non lo ha fatto e probabilmente non lo farà mai perché il suo scopo non è salvare il salvabile, ma discolparsi di fronte alla storia. Fini vuole solo che il suo dissenso sia messo agli atti. Prende le distanze, ma resta esattamente dov’è. Mansueto, docile, asservito e pusillanime, si rimette alle decisioni di Berlusconi e della maggioranza. Non gl’importa, lo ha dichiarato in diretta TV. E allora, a noi, cosa ne viene? Niente. Non se ne andrà dal partito. Non costituirà correnti. Forse capiterà che al governo manchino 54 voti per far passare le leggi e le riforme volute dalla sua maggioranza (PdL e Lega, insieme), ma i danni (economici, politici, soprattutto culturali), ormai, sono fatti. Indietro non si torna. La cancrena alligna, infesta. Occorre amputare, Presidente. Tagli netti, precisi, senza rimpianti, mezze misure. Lei sembra non averlo capito e la storia non l’assolverà, può starne certo. Forse, ad un certo punto, Berlusconi la sbatterà fuori. Forse ci saranno le elezioni anticipate (Bossi non vede l’ora e ne ha ben donde!). Con chi farà comunella, questa volta? Crede davvero che l’Italia avrà l’ingenuità o l’astuzia, i margini di libertà necessari per favorire significativamente una formazione politica da Lei guidata (o cofondata)? Per vincere e tornare a governare, con chi si coalizzerà? Ma chi vuole prendere in giro? Siamo in Italia - terra di normopatici e millantatori. Alla fine ogni cosa tornerà al suo posto, come piace e serve - a tutti. Tanto rumore per nulla, Presidente.
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