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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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Rai, TG 1 delle 20: Fassino (PD), come uno scolaretto impreparato chiamato ad esprimersi in merito all’intervento di Gianfranco Fini a Mirabello, tentenna, tra una lunga pausa e un’altra, elenca - male -, alcuni punti del suo discorso, non riesce a dire una sola frase sensata o almeno pregnante. Sembra narcotizzato - invece, probabilmente, è sotto shock. Ne ha ben donde. L’eloquenza e le ragioni di Fini sono oggettivamente inarrivabili, imbattibili. Non c’è dubbio che se si andasse a votare domani, vi sarebbe un’impressionante migrazione di voti da e verso il centro-destra, nelle casse di “Futuro e Libertà”. Di fatto non cambierebbe nulla dal punto di vista degli equilibri numerici: l’attuale maggioranza rimarrebbe tale ed anzi, forse, ne uscirebbe rafforzata, accresciuta, ma molto cambierebbe dal punto di vista politico, soprattutto per chi chiede al centro-sinistra di diventare, di essere un’alternativa autorevole, presentabile, realmente competitiva, una forza capace di attrarre consensi, di suscitare emozioni, entusiasmo, di accendere la speranza. Se si andasse a votare domani, le campane suonerebbero a morto per l’unico partito che, vivacchiando di rendita, fino a ieri poteva immaginarsi tale. Il voto sancirebbe il suo declino, il suo definitivo trapasso. E’ scioccato, Fassino. Deluso è chiunque, nel centro-sinistra, abbia sperato di trovare in Fini una sponda, un possibile futuro alleato da usare contro Berlusconi. Fini non guarda al nulla, nel centro-destra e nel centro-sinistra, non gliene frega niente degli zombi che tengono in piedi entrambi gli schieramenti puntellandoli sempre più malamente, niente gl’importa delle profferte amorose del cavaliere, delle sue puerili promesse di perdono. Fini proverà a modificare, forse a guidare la sua coalizione, dall’interno, stando al governo. Se non vi riuscirà, se ne separerà fondando il cosiddetto terzo polo, con Casini, Rutelli, Tabacci, Lombardo, chiunque si riconosca nella sua politica o pensi di poterne approfittare. Fine dei giochi, delle elucubrazioni, delle congetture. Ha ragione: la transizione dalla prima alla seconda Repubblica dovrà terminare prima o poi, volente o nolente. Salteremo direttamente alla terza, perché siamo un popolo di beoti e panciuti originaloni. Nella Repubblica di là da venire, gli scolaretti indisciplinati o impreparati finiranno direttamente dietro la lavagna, cucchiaiate di olio di ricino e via, non se ne parli più. Gli altri tutti in fila, perbenino, cantando allegramente l’inno nazionale.
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