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Aggiornato
Venerdì 21-Dic-2012
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Guardo quegli uomini lassù, sulla gru, e il cuore mi si riempie di gratitudine perché la battaglia che stanno combattendo a costo dell’espulsione, persino della vita, oltre che giusta, è un regalo di civiltà dato a noi stupidi, supini, teledipendenti. Poi guardo quegli altri, là sotto (il Sindaco di Brescia, il questore, i poliziotti), e mi dispero, perdo ogni speranza: questa è la gente che ci rappresenta e che non avrebbe alcuna esitazione a sparaci addosso se qualcuno glielo chiedesse, se lo ritenesse necessario per difendere il potere e i privilegi della casta alla quale appartiene. Dov’è Napolitano adesso? Dov’è Fini (mandatario dei massacri del G8 a Genova nel 2001, complice di Berlusconi e dei suoi amici mafiosi, firmatario insieme a Bossi della legge contro gli immigrati, responsabile con il suo governo della truffa che lo Stato ha messo in piedi per depredarli e perseguitarli)? Dove sono il PD, la sinistra, i comunisti, i sindacati, i giornalisti servi o indipendenti? Dove sono le masse del 1° Maggio, degli scioperi generali, dei cortei studenteschi, dei Gay Pride? Dove sono i disoccupati, i precari, gli insegnati, i cassaintegrati? Dove i cattolici, i Papa Boys, i ciellini? Dov’è il “Popolo Viola” e Grillo, Di Pietro, Vendola... Perché non sono là, accanto a quegli uomini? Uomini - non zerbini, animali, bestie da mungere, derubare e schiavizzare. Uomini e cittadini, con le loro belle facce colorate, l’italiano stentato e ciò che noi non abbiamo più: sogni, speranze, memoria, senso della giustizia, onestà, dignità e coraggio. Piccole brezze di rivolta sono in atto, ma non finiscono in Tv e suoi giornali per quello che sono, per l’importanza che hanno. Sono importanti perché accadono in un paese narcotizzato, pusillanime e credulone, perché vi partecipano cittadini di varie estrazioni - non solo gli “anarcoinsurrezionalisti”, i destrorsi e sinistrorsi dell’ultima ora, qualche drogato dei centri sociali o un pugno di pretenziosi clandestini, come preferisce credere la maggioranza degli itaGliani. Attendersi una sollevazione di massa, in questo paese, è pura utopia. Non accadrà mai. Troppi hanno o sono convinti di avere qualcosa da perdere - e a conti fatti non muoverebbero un dito nemmeno gli convenisse. Nondimeno, è evidente che la situazione stia rapidamente degenerando. L’odio senza consapevolezza di alcuni, il desiderio di rivalsa, la rabbia e la frustrazione di altri, prima o poi avranno conseguenze, dovranno in qualche modo manifestarsi magari incoraggiati da apparati dello Stato sempre pronti a far esplodere bombe in mezzo alla gente cosicché per prima chieda ordine, controllo e repressione. Siamo un popolo d’ignoranti, smemorati, qualunquisti e individualisti, continuamente in guerra contro il più debole, mai contro il più forte. Abbiamo un talento particolare per l’inconcludenza, l’approssimazione, e proprio non riusciamo ad evitare di frammentarci, dividerci in fazioni e tifoserie. Ci sono troppi gruppi antagonisti tra loro, autoreferenziali, ognuno impegnato a sostenere le proprie specifiche, limitate rivendicazioni e identità. Se fossimo, per una volta, capaci di unire le forze e camminare insieme, non ci sarebbe alcuna necessità di ricorrere a forme estreme di lotta, non avremmo bisogno di delegarle a chi sta peggio di noi - ma su alcune questioni, al di là dei soliti, miserabili personalismi, degli interessi di bottega, l’incontro è impossibile. Come ci si può compattare in difesa dei diritti civili, ad esempio, se si è determinati a negarli a certe categorie (immigrati, omosessuali, coppie di fatto, donne, rom, islamici)? Come si può esigere equità, legalità e rispetto delle regole se, in base alle contingenti convenienze personali, si è disposti a rinunciarvi, a chiudere uno o entrambi gli occhi in cambio di un favore? Come si può chiedere a questa classe politica di farsi da parte se non riusciamo ad esprimerne una migliore, se non siamo in grado di comprendere ed apprezzare concetti più complessi di quelli contenuti in una barzelletta razzista o sessista? E tuttavia, non sono poche le persone che anche in questo momento stanno subendo una brutale e illegittima repressione solo perché si sono permesse di dissentire partecipando fisicamente, non solo idealmente, ad una protesta. Napoli, Brescia, L’aquila, Palermo durante la visita del Papa - ormai accade sempre più spesso, ogni volta si abbia il coraggio di reagire, ogni volta si pensi di poterlo fare nella convinzione errata che questo sia un paese civile, libero e democratico. Dal G8 del 2001 sono accadute troppe cose ignobili di cui dovremmo vergognarci profondamente. Grazie alla sostanziale impunità garantita ai politici e ai cosiddetti servitori dello Stato, gli ultimi nove anni hanno lasciato dietro di sé una lunga scia di morti e feriti, sempre incolpevoli: abusi, pestaggi, cariche, minacce, pistolettate, finti suicidi, torture, stupri, nelle carceri, nei CIE, nelle questure, nelle piazze, nei presidi, per strada, nel tratto di mare che separa l’Italia dall’Africa sin dentro il deserto libico. Perché i probi cittadini italiani non presidiano le coste, le questure, i cantieri, le amministrazioni locali per difenderle dall’assedio cancerogeno dei razzisti, dei leghisti, dei nazionalisti e dei regionalisti, dei difensori della pura razza ariana, maschilista, bianca, cattolica ed eterosessuale? Dove sono i giovani ai quali questo governo e questa opposizione da operetta stanno rubando il futuro, promettendo la giungla? Sono dove devono: lontano dalla vita reale, nel miserabile nulla che gli è stato costruito intorno cosicché credano che oltre non vi sia niente di più, niente per cui valga la pena indignarsi, scomodarsi, battersi. Eccoli i probi italiani: moderatamente basiti, non ancora particolarmente preoccupati, a naso in su, guardando le gru, le torri, i tetti, i cumuli di macerie, fango, immondizia - in attesa di un altro “ghe pense mi” che faccia pulizia senza sconfinare nel loro orticello, convinti di non avere alcuna responsabilità, certi che nulla dipenda, debba dipendere da loro. Questa è la cultura, la mentalità dell’italiano medio - e guai a contraddirlo. Questa l’Italia dei giochi di prestigio, del falso che diviene vero, dei criminali che diventano eroi da eleggere, emulare e celebrare, mentre le vittime, chi denuncia, non si adegua o addirittura dissente, è condannato alla gogna, è dileggiato, coperto di biasimo e disprezzo. Meglio dell’essere ciò che siamo diventati, sarebbe finire gambe all’aria, finalmente schiaffeggiati dalla realtà. Perché, che lo si voglia o meno, quella prima o poi tracima, sbaraglia le dissimulazioni su cui le cattive culture, i cattivi governi, le cattive coscienze prosperano. E allora, se non vogliamo perdere l’occasione di salvare almeno la faccia, rompiamo gli indugi: mettiamoci a soffiare, aiutiamo il vento a divenire tempesta.
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