In questi giorni, riflettendo, mi sono accorta che sì, ci sono
stati degli errori, più formali che sostanziali - e quindi più
di un malinteso.
Parlo
per me, naturalmente, perché di me so. Non posso riferirmi ad altri
che comunque, al di là delle intenzioni reali o presunte, non finirò
mai di ringraziare.
La
manifestazione non era “blindata”, come qualcuno a detto,
anche se, mi rendo conto adesso, tale è apparsa. Se qualcuno, com’è
avvenuto, mi avesse chiesto chiarimenti, avrei risposto che preferivo
si partecipasse rispettandone l’impostazione ma non avrei avuto
nulla da eccepire in qualunque altro caso: ognuno è libero di fare
quello che vuole assumendosene la responsabilità, ognuno agisce
e parla per se stesso o per il suo gruppo - questo è o dovrebbe
essere scontato, mi sembra. In effetti, però, non ho idea di che
razza di risposte abbia dato la Commissione che era e resta altro da me,
con la quale non avevo e non ho alcun legame, che, legittimamente, pensa
e agisce per proprio conto...
Ricordo
la manifestazione del 6 Settembre 2003, quella contro gli atti vandalici
alla Libreria Baroni. Fazzi non aspettava altro che qualcuno lo fischiasse
per farsi una bella e infantile vomitata e i giornali ci andarono a nozze,
naturalmente, come al solito trasformando il sacrosanto diritto alla contestazione,
in un atto d’inciviltà contro la sua persona e la sua area
politica. Ricordo che alla riunione preliminare organizzata in fretta
e furia, alla quale parteciparono una parte consistente dei gruppi sottoscrittori,
chiesi di usare forme di protesta che non offrissero il fianco a facili
strumentalizzazioni, chiesi (ma non pretendemmo) che, chi avesse
avuto la necessità di contestare il Sindaco, gli voltasse le spalle
mentre parlava...
M’immaginavo
tutta la piazza girata dall’altra parte e lui che non poteva alzare
la voce, lamentarsi, approfittarne per accusare la sinistra di essere,
lei sì, antidemocratica e repressiva, invece fui l’unica
a voltarmi mentre i fischi e le urla non riuscivano a coprire le sue:
«È la sinistra che ha legittimato Forza Nuova consentendole
di presentarsi alle elezioni!» - balbettò più o meno,
e a me si ritorsero le budella perché aveva ragione, perché
gli avevamo dato la possibilità di dire e fare esattamente quello
che faceva comodo a lui, di trasformarsi in vittima.
A
quel tempo l’Associazione “L’Altro Volto – Lucca
Gay e Lesbica”, che promosse la manifestazione, aveva ancora la
capacità e la volontà di agire unitariamente, con forza,
era giovane e aveva entusiasmo. C’era poi chi aveva visto la possibilità
di mettere le mani su l’unica realtà gay/lesbica locale e
si prodigò - d’altronde ne aveva i mezzi, aveva la possibilità
d’informare capillarmente, raggiungere le più alte cariche
dello stato (Marcello Pera, presidente del Senato della Repubblica, Claudio
Martini, presidente Regione Toscana e persino Carlo Azelio Ciampi, Presidente
della Repubblica Italiana, inviarono i loro comunicati!) e calamitare
a suon di musica (novello pifferaio magico) le masse. Insomma, tutto filò
liscio, ognuno cercando di portare proficuamente acqua al proprio mulino,
anche a costo di ingoiare qualche bel rospone - e fu un successo.
In
questo caso è tutto diverso. Mi sono ritrovata completamente
sola, spalle al muro, tenuta sotto silenzio a 360° o peggio, fatta
oggetto di attacchi feroci ed una campagna diffamatoria montata ad arte
a partire da Lucca. Frequentavo il seminario “Movimenti e mutamenti
di genere” organizzato dal Centro Pari Opportunità, e quando
resi pubblica la mia vicenda, le uniche che si dimostrarono pronte
a muoversi “senza se e senza ma” furono Emanuela Tempestini,
Maria Teresa Leone, Cecilia Carmassi e Marta Bonetti, con le quali, ci
tengo a sottolinearlo, non avevo alcun rapporto pregresso, né amicale,
né collaborativo. Confesso che a me non importava un fico secco
di chi lo facesse e perché – in mezzo al mare di merda nel
quale mi avevano sistemata, mi bastava una reazione, un segno, qualunque
cosa purché non passasse il messaggio che ad alcuni si può
fare quel che si vuole, tanto non gliene frega nulla a nessuno. Mi sembrò
un miracolo (e in effetti, viste le circostanze, tale fu) che vi fosse
qualcuno disposto ad alzare le chiappe dalla sedia, ad esporsi, ribellarsi
a quello che stava succedendo, che ne avesse le possibilità concrete,
avesse contatti, competenze, forza organizzativa (sia chiaro, da privata
cittadina cosa avrei potuto combinare?) e non volesse farne, almeno in
apparenza, una ribalta personale. Che poi lo diventi, è inevitabile,
penso. Peggio o meglio per chi se n’è lavato, più
o meno scientemente, le mani.
Le
modalità di partecipazione le abbiamo decise insieme. Le referenti
della Commissione hanno proposto il bavaglio per sottolineare simbolicamente
e senza equivoci la condizione nella quale siamo costrette, io, consapevole
della partecipazione delle istituzioni e memore degli accadimenti dell’anno
prima, ho chiesto e ottenuto di non dare la parola da un palco a nessuno
per evitare le consuete strumentalizzazioni, per risparmiarmi/ci un inutile
effluvio di retorica – avremo affidato ad un volantino le parole
necessarie. La scelta di proiettare il video di Franca Rame è stata
consequenziale ed eccezionalmente pertinente. In disaccordo, invece, ero
sulla logistica: percorso (troppo corto), orario (troppo presto), giorno
(il sabato sarebbe stato meglio, anche perché sapevo di non poter
contare su una massiccia partecipazione dei lucchesi anche a causa dello
scarso risalto dato dalla stampa e forse di una promozione zoppicante,
quindi, che almeno da fuori avessero la possibilità di partecipare)
e luogo di arrivo (solo lì, però, essendo della provincia,
avrebbero avuto attrezzature ed uso degli spazi senza dover chiedere),
tuttavia... Attrito c’è stato pure sui comunicati e sulle
prerogative della manifestazione. La Commissione (che, lo ricordo, rappresenta
ogni area politica, da sinistra a destra passando per il centro) aveva
votato a favore dell’iniziativa all’unanimità a patto
che non venissero mai fuori, nero su bianco, parole come “lesbica”,
“stupro”, matrice politica dell’aggressione, ecc. e
che assumesse una veste, per così dire, non ideologica (richieste
evidentemente assurde, ma tant’è)... Fu messo a verbale che
le omissioni avrebbero riguardato i “comunicati stampa” e
quindi solo in quelli vi sono state, poi sul volantino e sulle mails partite
dal Centro delle Pari Opportunità (ne ignoro diffusione e destinatari),
anche se non molto duramente (lo ammetto), il tono fu tutt’altro
e, bene o male, non si tacque la verità – una piccola scappatoia
che comunque ha procurato una valanga di problemi e molti di più
ne causerà: chi ha la testa piccola come una capocchia di spillo
non aspettava altro... Va bene la trasversalità (in casi come questo
non solo riesco a tollerarla, la auspico, la imploro!), ma quando seppi
le condizioni, minacciai di rovesciare i tavolini se le avessero rispettate.
Non credo che le mie coraggiose referenti si siano tirate addosso un tale
casino per paura della mia forza fisica (!).
Qualcuno
ha detto che non avremmo dovuto rivolgerci alle istituzioni, chiedere
la loro partecipazione, lasciare l’organizzazione in mano ad esse
e/o ad aree politiche definite (chi?), che avremmo dovuto «cercare
adesioni, vicinanza, solidarietà dalla società civile, dalla
gente, uomini e donne giovani e vecchi, forse ignoranti, con pochi argomenti,
ma persone vere, genuine, piene di emozioni e capaci di slanci forti.
Soprattutto persone che non hanno nessun tornaconto»…
Intanto
aboliamo il plurale, questa battaglia l’ho condotta da sola, senza
mezzi, a parte un telefono, il PC e la collaborazione spontanea,
disinteressata e inesperta di un pugno di donne sparse per
l’Italia, sconosciute prima del 4 Giugno e in parte incontrate fisicamente
per la prima volta il 9 luglio. E poi, scusate, ma chi altri si è
fatto avanti, dov’erano quelli che adesso si scandalizzano?
Eccezion
fatta per le personalità che ho citato (mi riferisco anche a Tagliasacchi
e pochi altri che ho conosciuto in questa occasione e già ne ho
dimenticato il volto e il nome), al corteo, vi erano solo “persone
qualsiasi” e Dio solo sa quanta fatica ho fatto per averle al mio
fianco, tuttavia, nonostante abbia trascorso più di un mese elemosinando
o spiegando sino a non aver più fiato o parole, di più non
ho potuto perché, chi di politica si occupa, sul serio, m’insegna,
la “rivoluzione” non si fa da soli o poco più, dal
basso, tutti gli altri tenuti all’oscuro, indifferenti o, peggio,
contro. Eppure, proprio perché questo è successo, il poco
che ho ottenuto ha, non soltanto per me, un valore inestimabile, assolutamente
straordinario - e chissà che non porti buoni frutti…
Ecco,
adesso a poco a poco si spengono i riflettori. Spero che a me e alle persone
che amo non accada altro. Spero di poter ricominciare a fare la mia vita
di sempre, nell’ombra, senza troppi clamori e pretese.
Spero
di aver almeno aperto un varco attraverso il quale cominci a circolare
un minimo di umanità e comprensione per chi, insignificante Golia
senza nemmeno una fionda, ha avuto e avrà l’ardire di chiedere
aiuto, per l’aiuto in sé - non per altro.
Cinzia
Ricci
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