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Aggiornato Domenica 06-Gen-2008

 

In questi giorni, riflettendo, mi sono accorta che sì, ci sono stati degli errori, più formali che sostanziali - e quindi più di un malinteso.

Parlo per me, naturalmente, perché di me so. Non posso riferirmi ad altri che comunque, al di là delle intenzioni reali o presunte, non finirò mai di ringraziare.

La manifestazione non era “blindata”, come qualcuno a detto, anche se, mi rendo conto adesso, tale è apparsa. Se qualcuno, com’è avvenuto, mi avesse chiesto chiarimenti, avrei risposto che preferivo si partecipasse rispettandone l’impostazione ma non avrei avuto nulla da eccepire in qualunque altro caso: ognuno è libero di fare quello che vuole assumendosene la responsabilità, ognuno agisce e parla per se stesso o per il suo gruppo - questo è o dovrebbe essere scontato, mi sembra. In effetti, però, non ho idea di che razza di risposte abbia dato la Commissione che era e resta altro da me, con la quale non avevo e non ho alcun legame, che, legittimamente, pensa e agisce per proprio conto...

Ricordo la manifestazione del 6 Settembre 2003, quella contro gli atti vandalici alla Libreria Baroni. Fazzi non aspettava altro che qualcuno lo fischiasse per farsi una bella e infantile vomitata e i giornali ci andarono a nozze, naturalmente, come al solito trasformando il sacrosanto diritto alla contestazione, in un atto d’inciviltà contro la sua persona e la sua area politica. Ricordo che alla riunione preliminare organizzata in fretta e furia, alla quale parteciparono una parte consistente dei gruppi sottoscrittori, chiesi di usare forme di protesta che non offrissero il fianco a facili strumentalizzazioni, chiesi (ma non pretendemmo) che, chi avesse avuto la necessità di contestare il Sindaco, gli voltasse le spalle mentre parlava...

M’immaginavo tutta la piazza girata dall’altra parte e lui che non poteva alzare la voce, lamentarsi, approfittarne per accusare la sinistra di essere, lei sì, antidemocratica e repressiva, invece fui l’unica a voltarmi mentre i fischi e le urla non riuscivano a coprire le sue: «È la sinistra che ha legittimato Forza Nuova consentendole di presentarsi alle elezioni!» - balbettò più o meno, e a me si ritorsero le budella perché aveva ragione, perché gli avevamo dato la possibilità di dire e fare esattamente quello che faceva comodo a lui, di trasformarsi in vittima.

A quel tempo l’Associazione “L’Altro Volto – Lucca Gay e Lesbica”, che promosse la manifestazione, aveva ancora la capacità e la volontà di agire unitariamente, con forza, era giovane e aveva entusiasmo. C’era poi chi aveva visto la possibilità di mettere le mani su l’unica realtà gay/lesbica locale e si prodigò - d’altronde ne aveva i mezzi, aveva la possibilità d’informare capillarmente, raggiungere le più alte cariche dello stato (Marcello Pera, presidente del Senato della Repubblica, Claudio Martini, presidente Regione Toscana e persino Carlo Azelio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana, inviarono i loro comunicati!) e calamitare a suon di musica (novello pifferaio magico) le masse. Insomma, tutto filò liscio, ognuno cercando di portare proficuamente acqua al proprio mulino, anche a costo di ingoiare qualche bel rospone - e fu un successo.

In questo caso è tutto diverso. Mi sono ritrovata completamente sola, spalle al muro, tenuta sotto silenzio a 360° o peggio, fatta oggetto di attacchi feroci ed una campagna diffamatoria montata ad arte a partire da Lucca. Frequentavo il seminario “Movimenti e mutamenti di genere” organizzato dal Centro Pari Opportunità, e quando resi pubblica la mia vicenda, le uniche che si dimostrarono pronte a muoversi “senza se e senza ma” furono Emanuela Tempestini, Maria Teresa Leone, Cecilia Carmassi e Marta Bonetti, con le quali, ci tengo a sottolinearlo, non avevo alcun rapporto pregresso, né amicale, né collaborativo. Confesso che a me non importava un fico secco di chi lo facesse e perché – in mezzo al mare di merda nel quale mi avevano sistemata, mi bastava una reazione, un segno, qualunque cosa purché non passasse il messaggio che ad alcuni si può fare quel che si vuole, tanto non gliene frega nulla a nessuno. Mi sembrò un miracolo (e in effetti, viste le circostanze, tale fu) che vi fosse qualcuno disposto ad alzare le chiappe dalla sedia, ad esporsi, ribellarsi a quello che stava succedendo, che ne avesse le possibilità concrete, avesse contatti, competenze, forza organizzativa (sia chiaro, da privata cittadina cosa avrei potuto combinare?) e non volesse farne, almeno in apparenza, una ribalta personale. Che poi lo diventi, è inevitabile, penso. Peggio o meglio per chi se n’è lavato, più o meno scientemente, le mani.

Le modalità di partecipazione le abbiamo decise insieme. Le referenti della Commissione hanno proposto il bavaglio per sottolineare simbolicamente e senza equivoci la condizione nella quale siamo costrette, io, consapevole della partecipazione delle istituzioni e memore degli accadimenti dell’anno prima, ho chiesto e ottenuto di non dare la parola da un palco a nessuno per evitare le consuete strumentalizzazioni, per risparmiarmi/ci un inutile effluvio di retorica – avremo affidato ad un volantino le parole necessarie. La scelta di proiettare il video di Franca Rame è stata consequenziale ed eccezionalmente pertinente. In disaccordo, invece, ero sulla logistica: percorso (troppo corto), orario (troppo presto), giorno (il sabato sarebbe stato meglio, anche perché sapevo di non poter contare su una massiccia partecipazione dei lucchesi anche a causa dello scarso risalto dato dalla stampa e forse di una promozione zoppicante, quindi, che almeno da fuori avessero la possibilità di partecipare) e luogo di arrivo (solo lì, però, essendo della provincia, avrebbero avuto attrezzature ed uso degli spazi senza dover chiedere), tuttavia... Attrito c’è stato pure sui comunicati e sulle prerogative della manifestazione. La Commissione (che, lo ricordo, rappresenta ogni area politica, da sinistra a destra passando per il centro) aveva votato a favore dell’iniziativa all’unanimità a patto che non venissero mai fuori, nero su bianco, parole come “lesbica”, “stupro”, matrice politica dell’aggressione, ecc. e che assumesse una veste, per così dire, non ideologica (richieste evidentemente assurde, ma tant’è)... Fu messo a verbale che le omissioni avrebbero riguardato i “comunicati stampa” e quindi solo in quelli vi sono state, poi sul volantino e sulle mails partite dal Centro delle Pari Opportunità (ne ignoro diffusione e destinatari), anche se non molto duramente (lo ammetto), il tono fu tutt’altro e, bene o male, non si tacque la verità – una piccola scappatoia che comunque ha procurato una valanga di problemi e molti di più ne causerà: chi ha la testa piccola come una capocchia di spillo non aspettava altro... Va bene la trasversalità (in casi come questo non solo riesco a tollerarla, la auspico, la imploro!), ma quando seppi le condizioni, minacciai di rovesciare i tavolini se le avessero rispettate. Non credo che le mie coraggiose referenti si siano tirate addosso un tale casino per paura della mia forza fisica (!).

Qualcuno ha detto che non avremmo dovuto rivolgerci alle istituzioni, chiedere la loro partecipazione, lasciare l’organizzazione in mano ad esse e/o ad aree politiche definite (chi?), che avremmo dovuto «cercare adesioni, vicinanza, solidarietà dalla società civile, dalla gente, uomini e donne giovani e vecchi, forse ignoranti, con pochi argomenti, ma persone vere, genuine, piene di emozioni e capaci di slanci forti. Soprattutto persone che non hanno nessun tornaconto»…

Intanto aboliamo il plurale, questa battaglia l’ho condotta da sola, senza mezzi, a parte un telefono, il PC e la collaborazione spontanea, disinteressata e inesperta di un pugno di donne sparse per l’Italia, sconosciute prima del 4 Giugno e in parte incontrate fisicamente per la prima volta il 9 luglio. E poi, scusate, ma chi altri si è fatto avanti, dov’erano quelli che adesso si scandalizzano?

Eccezion fatta per le personalità che ho citato (mi riferisco anche a Tagliasacchi e pochi altri che ho conosciuto in questa occasione e già ne ho dimenticato il volto e il nome), al corteo, vi erano solo “persone qualsiasi” e Dio solo sa quanta fatica ho fatto per averle al mio fianco, tuttavia, nonostante abbia trascorso più di un mese elemosinando o spiegando sino a non aver più fiato o parole, di più non ho potuto perché, chi di politica si occupa, sul serio, m’insegna, la “rivoluzione” non si fa da soli o poco più, dal basso, tutti gli altri tenuti all’oscuro, indifferenti o, peggio, contro. Eppure, proprio perché questo è successo, il poco che ho ottenuto ha, non soltanto per me, un valore inestimabile, assolutamente straordinario - e chissà che non porti buoni frutti…

Ecco, adesso a poco a poco si spengono i riflettori. Spero che a me e alle persone che amo non accada altro. Spero di poter ricominciare a fare la mia vita di sempre, nell’ombra, senza troppi clamori e pretese.

Spero di aver almeno aperto un varco attraverso il quale cominci a circolare un minimo di umanità e comprensione per chi, insignificante Golia senza nemmeno una fionda, ha avuto e avrà l’ardire di chiedere aiuto, per l’aiuto in sé - non per altro.

Cinzia Ricci

 

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