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Aggiornato Mercoledì 10-Dic-2008

 

«STUPRATA SULLE MURA PERCHÉ LESBICA...» ARCHIVIATA L'INCHIESTA - La Nazione, 5 Settembre 2006
ARCHIVIATA DENUNCIA DI VIOLENZA ALLA DONNA LESBICA - Corriere di Lucca, 5 Settembre 2006
TENTATA VIOLENZA ARCHIVIATA - Il Tirreno, 5 Settembre 2006

 

“La Nazione”, 5 Settembre 2006

Dopo due anni di indagini

«STUPRATA SULLE MURA PERCHÉ LESBICA...» ARCHIVIATA L'INCHIESTA

 

LUCCA - E' stata archiviata dalla Procura l'inchiesta sul clamoroso stupro denunciato da una ragazza nell'aprile 2004. Un caso che suscitò inquietudine in città. La giovane, originaria di Bergamo, aveva detto di essere stata seguita e minacciata, poi aggredita e stuprata sulle Mura, «perché legata da un rapporto sentimentale con un'altra donna», una giovane lucchese.
L'episodio fu portato alla luce nel corso della presentazione di un libro alla libreria «Baroni» nell'aprile 2004 oggetto di svastiche e scritte tipo "Gay a morte" su muri e vetrina) e anche in occasione di un convegno tenutosi all'Arci di Lucca nell'ambito del Toscana Pride 2004. Secondo il racconto della ragazza aggredita, il drammatico episodio era accaduto una domenica mattina di metà aprile sulle Mura urbane, ad opera di un gruppetto di sedicenti estremisti di destra, intenzionati a «punirla» perché lesbica. Non sarebbe stato «solo» uno stupro, dunque, ma una vera e propria spedizione punitiva premedita.
Sulla base della dettagliata denuncia della ragazza, la magistratura aprì subito un fascicolo, ma nel giro di oltre due anni di indagini gli accertamenti effettuati dalle forze dell'ordine non sono tuttavia approdati a nulla. La ragazza aveva descritto un modello particolare di auto di grossa cilindrata, di un determinato colore, fornendo anche parte della targa. La Procura, con un lavoro certosino, tramite la squadra mobile della Questura, le ha censite tutte a livello regionale. A quanto pare della vettura esistono in Toscana una decina di esemplari in tutto. Poi gli investigatori hanno foto segnalato i proprietari e anche gli eventuali utilizzatori occasionali delle auto. A questo punto le foto sono state mostrate alla vittima dello stupro, che tuttavia non ha riconosciuto nessuno dei suoi presunti aggressori. Ne è emersa alcuna pista concreta che potesse ricondurre a qualche ambiente di estrema destra o ad altri gruppi. A questo punto la Procura non ha potuto far altro che archiviare.

 


 

“Corriere di Lucca”, 5 Settembre 2006

La vittima non ha identificato il responsabile secondo le indagini svolte dagli inquirenti

ARCHIVIATA DENUNCIA DI VIOLENZA ALLA DONNA LESBICA

 

LUCCA - Sono state svolte indagini certosine. Sono state passate al setaccio una decina di auto "sospette" in tutta la regione. Sono state acquisite fotografie e documenti. Ma la donna che aveva denunciato un tentativo di violenza sessuale avvenuto prima delle sette del mattino sulle Mura di Lucca non ha riconosciuto i suoi aggressori. E il caso è stato ufficialmente archiviato.
I fatti risalgono all’aprile di due anni fa. Secondo quanto raccontò ai carabinieri, una giovane donna omosessuale residente nel nord ed ospite di una amica a Lucca, stava portando a spasso il cane sulle Mura quando alcuni giovani le si erano parati davanti e avevano tentato di violentarla proprio perchè era lesbica.
La donna fornì agli inquirenti anche la descrizione di un'auto non proprio comune, con un colore specifico. Ed è da quell’auto che sono partite le indagini. Condotte a livello regionale. Sono stati in questo modo rintracciati tutti i modelli in circolazione. E mostrate alla vittima le fotografie dei proprietari o delle persone che le avevano in uso. Ma nessuno è stato riconosciuto come autore di quella tentata violenza alla donna omosessuale. Una violenza di cui in città si era parlato tanto e che aveva portato anche ad un corteo organizzato contro l'omofobia.
Il caso, nonostante il grosso impegno delle forze dell'ordine e degli inquirenti, è quindi stato archiviato.

 


 

“Il Tirreno ”, 5 Settembre 2006

TENTATA VIOLENZA ARCHIVIATA

Era stata denunciata da una giovane lesbica

 

LUCCA. La procura della Repubblica ha archiviato l'inchiesta relativa al tentativo di violenza sessuale denunciato il 18 aprile 2004, da una donna nei confronti di alcuni uomini fuggiti poi a bordo di un'auto - una Volkswagen Beetles - in direzione del casello di Capannori. La denuncia era stata presentata dalla compagna dell'aggredita. La giovane lesbica ha sempre sostenuto che i violentatori avrebbero agito per «punire» la vittima della sua scelta sessuale.

La magistratura sin dall'inizio ha condotto le indagini affidate ai carabinieri della stazione di San Concordio.
I militari dopo aver ascoltato e verbalizzato il racconto della vittima, originaria della Lombardia, hanno svolto accertamenti accurati soprattutto sul particolare tipo di macchina su cui, stando alle testimonianze, sarebbero fuggiti gli aggressori dopo aver tentato di violentare la ragazza che alle prime luci dell'alba aveva portato il cane a fare i bisognini. Secondo le indicazioni, le indagini si sono concentrate su un'auto caratterizzata dalla presenza di un fiore giallo sulla carrozzeria. Tramite la Società Autostrade sono state chieste e ottenute le riprese filmate delle auto in uscita dal casello di Capannori nella fascia oraria dell'intera mattina. Indagini particolareggiate anche nella zona di Montecatini dove, almeno inizialmente, sembrava che l'auto si fosse diretta. E stato fatto un controllo su tutti i numeri di targa delle macchine in uscita dal casello il 18 aprile e attraverso le motorizzazioni sono state individuate le patenti dei proprietari delle macchine che potevano in qualche modo assomigliare a quella su cui si trovavano gli aggressori. Addirittura è stato individuato il nipote - i cui tratti somatici potevano in qualche modo ricondursi a quelli di uno degli aggressori - di un anziano a cui era intestata una vettura simile a quella dei violentatori. La foto è stata mostrata alla vittima, ma lei non l'ha riconosciuto. Un'indagine accurata che, però, non ha dato gli esiti sperati. A quel punto la procura non ha potuto far altro che presentare una richiesta di archiviazione al giudice delle indagini preliminari.

 

 

Traendo spunto principalmente dall’articolo pubblicato sul “Corriere di Lucca” (ma anche “Il Tirreno” e “La Nazione” non scherzano in quanto a fantasia e pressappochismo), ecco una serie di correzioni e precisazioni.

Non si è trattato di un “tentativo di violenza”, la violenza sessuale c’è stata – piaccia o meno a qualcuno che lo si dica chiaro e tondo.

Non è avvenuta sulle mura, ma a quattro chilometri da Lucca, in una via sterrata di fronte ad alcune palazzine, di domenica, alle sette e dieci del mattino, sotto un autentico nubifragio.

Il caso non poté suscitare inquietudine, al massimo perplessità. I giornali locali non diedero alcun risalto alla vicenda e quando non poterono evitare di scriverne, si resero protagonisti di una vera e propria campagna al limite della diffamazione. Insinuarono dubbi sulla veridicità dell’accaduto e senza mai verificare quello che stavano scrivendo, magari rivolgendosi direttamente alla fonte (ci fu una denuncia alla magistratura seguita da una denuncia pubblica durante un convegno, su queste pagine è pubblicato tutto quello che serve ed esiste per non sparare cazzate, ed io, portavoce di entrambe, non vivo nel Borneo, sono facilissimamente rintracciabile come tutti i lucchesi ivi residenti, per giunta piuttosto popolari), arrivarono ad inventarsi le cose più strampalate alcune delle quali, ulteriormente travisate, continuano ad essere usate in questi articoli.

L’identità (nome, residenza, ecc.) della querelante, è, o dovrebbe essere, riservata – per ragioni di sicurezza e per sua espressa volontà. Qualsiasi riferimento ai suoi dati personali è pertanto frutto d’immaginazione.

La giovane non ha MAI dichiarato di essere stata aggredita «perché legata da un rapporto sentimentale con un'altra donna» ma di aver subito violenza per ritorsione nei suoi confronti, come atto intimidatorio a lei destinato («Lo facciamo a te perché tanto farlo a lei non servirebbe... Dille di smetterla»).

Inoltre, non ha MAI dichiarato di essere stata seguita e minacciata prima dell'aggressione, se ciò fosse accaduto avrebbe almeno potuto tentare di fuggire. È stata invece raggiunta alle spalle e improvvisamente colpita con un pugno o altro al volto che l’ha tramortita e fatta cadere nel fango. Sollevata da terra, ha subito violenza sessuale, quindi il cane che sino a quel momento era rimasto in disparte terrorizzato, ha finalmente reagito mordendo la gamba dell’uomo che la immobilizzava da dietro. Probabilmente spaventatisi dall’inattesa reazione del cane che evidentemente sapevano inoffensivo, sono fuggiti, a piedi. L'episodio a cui fa riferimento l’articolo de “Il Tirreno”, in realtà era un inseguimento, avvenuto nel pomeriggio, probabilmente dopo ore di appostamento per verificare se all’aggressione avrebbe fatto seguito una denuncia. Poiché Sara aveva deciso di tornare a casa senza sporgerla (una reazione nient’affatto eccezionale nei casi di violenza sessuale), hanno ritenuto di poter infierire senza correre rischi. L'hanno seguita sino al distributore dove si era fermata per mettere benzina e lì si sono palesati chiedendole ridendo se mi aveva riferito quello che le avevano fatto e perché. In preda al panico e rinunciando a rifornirsi, invece di tornare indietro, è fuggita in autostrada, direzione Firenze, inseguita dai due. La polizia, nel frattempo allertata da me, le consigliava di uscire appena possibile e tornare indietro, cosa che puntualmente ha fatto. Da quel momento ne ha perso le tracce.

Se gli inquirenti avessero acquisito «le riprese filmate delle auto in uscita dal casello di Capannori nella fascia oraria dell'intera mattina» come riportato nell’articolo de “Il Tirreno”, ovviamente non vi avrebbero potuto ricavare alcuna indicazione utile perché l’inseguimento è avvenuto nel pomeriggio, in ingresso al medesimo. Ci auguriamo che questa sia un'altra allegra invenzione giornalistica.

L’episodio non è stato denunciato pubblicamente alla Libreria Baroni, né sui muri e sulla vetrina della stessa è mai apparsa la scritta “Gay a morte”. La Libreria Baroni ha subito due episodi di vandalismo in seguito alla presentazione di alcuni libri a tematica gay e lesbica: nel primo, una vetrina è stata imbrattata con la scritta “Gay Rauss”, nel secondo, poco tempo dopo, la stessa è stata sfondata a sprangate. Gli autori dei danni causati alla Libreria Baroni sono stati identificati.

Gli aggressori non erano «un gruppetto di sedicenti estremisti di destra». Erano due, sui trent’anni, facce da bravi ragazzi, alti, e non hanno detto proprio nulla che potesse indirizzare le indagini. Nessuno ha rivendicato l’aggressione, né durante, né dopo. Data la mia visibilità e militanza di quel periodo, e alla luce dei fatti (modalità e scopo dell’aggressione: un agguato premeditato, una vera e propria spedizione punitiva), possiamo soltanto affermare che la matrice sia presumibilmente di destra, niente di più.

Le indagini non sono durate due anni, ma poco più di uno (in effetti non sappiamo con precisione quando sono state archiviate in quanto non ci è mai arrivata alcuna notifica in merito) – e non sono state accurate, certosine, tutt’altro – non a caso in meno di 16 mesi vi sono stati due tentativi di archiviazione contro i quali è stato facilissimo ricorrere, gli approfondimenti d'indagine sono farina del nostro sacco. Al terzo, la querelante avrebbe ovviamente desistito se solo ne fosse stata informata.

La denuncia non può essere «stata presentata dalla compagna dell'aggredita», cioè da me. Nessuna denuncia può essere presentata se non si è vittime dirette di qualche reato, minaccia od offesa. Essendo stata “solo” l’obiettivo indiretto dell’aggressione, non ho potuto far altro che rilasciare la mia testimonianza.

Della fantomatica Beeatles non ne esistono solo una decina di esemplari in Toscana, scrivere una cosa del genere è un'idiozia. Quel 18 Aprile, in neanche un’ora e nel giro di poche decine di chilometri, ce n’erano in circolazione almeno tre! Una parcheggiata fuori dal casello autostradale di Capannori (i carabinieri giunti sul posto non la controllarono nemmeno), e ben due a pochi metri una dall'altra sulla Firenze-mare. Sara, presa dal panico ed impegnata alla guida con il terrore di non avere sufficiente carburante per fuggire, a posteriori non ha potuto stabilire quale di queste due auto fosse quella occupata dagli aggressori, se quella di cui ricordava i primi numeri della targa, o l’altra, né io, terrorizzata quanto lei, in quei momenti ho pensato di farmi dettare la targa di entrambe le auto. Ancora oggi mi maledico per non aver saputo mantenere la calma.

In ultimo, sempre l'articolo de "Il Tirreno", fa «addirittura» riferimento ai controlli effettuati sul nipote del proprietario di una Beeatles. Questo episodio dimostra solo una cosa: un'auto si può prestare. Va da sé che se chi la presta e/o chi la riceve in prestito è persona incensurata o non conosciuta agli inquirenti per qualche motivo ritenuto dagli stessi attinente, difficilmente sarà sottoposta ad indagini.

 

 

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