La
storia di Cinzia Ricci, la cui ragazza ha subito violenza, è
un esempio di come, ancora oggi, la vita per gli omosessuali non
sia tutta "rose e fiori" come vorrebbero farci credere...
Articolo di Pasquale Quaranta, pubblicato su "BABILONIA",
Luglio/Agosto 2004
La
vita: uno non smette mai di guardarsi le spalle; se ci voltiamo
un attimo indietro, scorgiamo un po' del nostro passato, comprendendo
soltanto ora l'evoluzione del nostro "essere al mondo",
del ritrovarci su queste pagine a leggerci, a raccontare quelle
storie che, in qualche modo, appartengono a tutti noi.
Con Cinzia ricordo gli inizi del 2002. Avevo appena compiuto 19
anni e faticavo ad accettare la mia omosessualità. Intanto
"chattavo", conoscevo ragazzi e pubblicavo le prime pagine
web sul tema: mi limitavo a scrivere il nickname, al massimo il
nome, Pasquale. Nessuna informazione personale, nessuna foto. Cominciavo
a prendere dimestichezza con Front Page e l'FTP, pubblicando su
www.sharkmirc.net (oggi www.p40.it
- n.d.r.) i primi pensieri e qualche mia poesia, come questa:
«Son
divieti di sosta imposti al cuore: autostrade, locali, la posta...
sulla via di un amore. Di chi il sonno ormai perde, che non riposi
mai. Dici: "Sto bene così". Rosso, giallo, verde:
quando si ama non sai. Ti innamorerai? E di chi?»
Riproponevo così ai visitatori deliziosi aforismi che trovavo
on-line, perlopiù sull'amicizia che, in realtà, sublimava
il desiderio di un amore, di un compagno "irraggiungibile":
leggere d'amore era un motivo in più d'inadeguatezza a "sentire"
sensazioni e gioie condivise da tutti gli altri, ma anche una piccola
lanterna di liberazione.
Iniziai
allora a ricevere i primi "inviti" al silenzio, e-mail
minatorie di una violenza psicologica che più passa il tempo
e più mi rendo conto di essere sopravvissuto, con serenità,
a un terrore deprimente. Quando Daniela, mia sorella, iniziò
a leggere quanto ricevevo nella casella di posta, restò sgomenta.
A Capodanno le avevo confidato di essere gay, con tutti i timori
e le speranze che andavo scoprendo. Quel giorno, a tavola, non riuscimmo
a mangiare: le mani tremavano, temevo di uscire di casa. Il ricatto
dello "sputtanamento" forzato mi schiacciava spalle al
muro. Mi vedevo, con gli occhi della mente, di ritorno dall'oratorio,
dalla scuola calcio, dal garage, solo in un vicolo, bloccato da
un gruppo di ragazzi pronti a pestarmi, a violentarmi...
Era quanto mi lasciavano intendere quei messaggi. Pensare che qualcosa
di simile può capitare, oggi, a una mia sorella, a un fratello
omosentimentale, significa prefigurarsi l'inferno. Una situazione
avallata da uno Stato che, non comprendendo e tutelando il nostro
diritto all'amore, evita di comunicare con fermezza il suo "no"
a ogni forma
di discriminazione ai danni di persone offese per il sesso, per
l'orientamento sessuale, per la propria identità di genere.
Quello che segue è il racconto di Cinzia Ricci. Sara, la
sua compagna, è stata seguita, aggredita, stuprata. Il suo
amore non è concepito da due imbecilli che classifichiamo
come «omofobi»: sono gli sconfitti di questi tempi amari,
quelli che con la violenza compensano la loro immaturità
e ci fanno pesare la loro debolezza. Temono l'esistenza delle persone
omosessuali perché, in fondo, non sanno. Un odio
del genere non ha ragione d'essere. Li conosciamo bene. Non c'è
spazio per chi ragiona diversamente.
Un
episodio terribile su cui è stata sollevata abilmente la
polvere del dubbio, del sospetto, per isolare e zittire. Penso che,
se c'è un ghetto, è quello in cui ci facciamo recingere
dagli altri, accettando pensieri paradossali che limitano, di fatto,
la nostra libertà. Tollerando il silenzio che, su questi
temi, non è mai innocente. Forse il significato profondo
della faccenda riguarda proprio la nostra comunità che, distratta
da tutti gli stupidi miraggi di una nazione consumistica, sta perdendo
la propria identità, trasformandosi nell'ennesimo ingranaggio
di una società grigia e senza ideali.
C'è da augurarci che queste testimonianze accendano in noi
l'orgoglio, la forza, la vitalità essenziale per reagire,
lottare, riscrivere un mondo.
Cinzia suggerisce che, in fondo, è possibile. Perché
il vero Pride si fa dentro di noi. Quando l'Amore è la ragione
del nostro coraggio...
Caro
Pasquale, a nove giorni dalla denuncia pubblica di quello che è
accaduto, ancora non una parola: nessun comunicato ufficiale o ufficioso
(anche spedito privatamente, non mi offendo), silenzio totale dalle
istituzioni (a parte qualche generica, verbale esternazione di sdegno
peraltro fatta a titolo personale), dalle associazioni, circoli
o mailing list Glbt, partiti, organizzazione di Destra, Sinistra
o Centro... La stampa se n'è fregata e le donne per prime
si stanno rendendo protagoniste di un generale impazzimento nel
quale non solo mettono in dubbio la veridicità dell'accaduto,
ma danno libero sfogo a ogni genere di illazione...
Siamo sconvolte, uccise dentro. Se penso che solo nove mesi fa,
per una vetrina infranta, nel giro di una settimana ci fu una manifestazione
a Lucca alla quale parteciparono più di 2000 persone, se
penso che si mosse tutta la Toscana e tutta l'Italia ne fu informata...
Dio mio, ma cosa sta succedendo? Dove sono le femministe e le lesbiche?
Dove sono i gay festaioli e modaioli, quelli che sulla nostra pelle
ci campano? Quelli che paghiamo coi nostri soldi perché ci
rappresentino? Dov'è il movimento Glbt? Tra qualche giorno
ci sarà il Pride a Grosseto: quante chiacchiere vuote, prive
di significato! Vergogna, solo questo riesco a sussurrare...
Me
ne tiro fuori [...] Da ieri la mia vita (e quella delle persone
che amo) è seriamente in pericolo. Il messaggio è
passato: in questo Paese ad alcune persone puoi fare veramente di
tutto, tanto non gliene frega nulla a nessuno, nessuno è
disposto a muovere un dito per loro. [...] Una delle poche persone
che, pur non conoscendoci, si sta disinteressatamente dando da fare
come una pazza per noi, sostiene che questo accanimento nei miei
confronti è probabilmente dovuto al fatto che non faccio
parte dello "star-lesbo/gay-system". Io, il mio sito e
il mio lavoro non possiamo essere accettati, siamo avvertiti come
una minaccia, troppa intelligenza fuori controllo, fuori dai giochi:
la torta è piccola e già spartita... Devo crederle?
Come faccio a spiegare che non me ne importa nulla di quella dannata
torta, si strafoghino e magari ci si strozzino pure, io chiedo soltanto
di non essere lasciata sola, che nessuno sia lasciato solo, messo
nella condizione di diventare un bersaglio facile, indifeso e indifendibile.
Già, ma dev'essere molto quello che chiedo, o di difficilissima
comprensione per questa massa di ottusangoli veri, dentro e fuori
la comunità omosessuale.
Scusa
lo sfogo, Pasquale, ma davvero faccio fatica a tenermi in piedi,
dritta sulla schiena. Grazie per essere stato uno dei pochi che
ha dato la sua disponibilità a fare qualcosa di concreto.
Ti mando il testo integrale del mio intervento fatto in occasione
del convegno «In fondo a destra». Disponine come credi.
Ti saluto caramente, Cinzia.
|