VITTIME
DELLA LESBO/OMO/TRANSFOBIA, DELLA VERGOGNA E DELLA RICATTABILITÀ
…e
i politici se ne fregano, i legislatori non legiferano, gli inquirenti
non indagano, gli educatori non preparano, i genitori non accompagnano…
Insulti,
pestaggi, licenziamenti, mobbing, sfruttamento, minacce, estorsioni,
coercizioni, vessazioni, molestie, abusi e violenze sessuali, stupri,
spedizioni punitive, omicidi preterintenzionali e premeditati –
al di là del genere biologico, dell’età anagrafica,
dell’orientamento affettivo/sessuale, della nazionalità,
del colore della pelle, del ceto sociale, della preparazione scolastica,
della professione, delle condizioni economiche, delle convinzioni
politiche e religiose, tutti facciamo quotidianamente i conti con
gli effetti (subiti o inflitti), le conseguenze (dirette o indirette)
dell’ignoranza, del preconcetto, della paura, dell’odio,
del disprezzo, dell’indifferenza – perlopiù senza
esserne informati, spesso senza rendercene conto, talvolta senza
volerlo sapere.
Sin
dai tempi dell’aggressione subita il 18 Aprile 2004, avevo
cominciato a chiedermi quale fosse la portata reale, anche quantitativa,
del fenomeno. Impossibile stabilirlo – non
c’erano e non ci sono ricerche specifiche, studi
organici, statistiche attendibili, aggiornate, riferite al nostro
paese. Pensai, allora, che fosse opportuna l’istituzione di
un osservatorio nazionale che, in sinergia con i centri di ascolto
e assistenza, le istituzioni, le associazioni LGBT* e non solo,
avesse il compito di monitorare, raccogliere dati, organizzarli,
analizzarli. Proposi questo impegnativo e ambizioso progetto (quasi
tutte le mie idee lo sono) ad alcuni amici e amiche ma, di fronte
alla necessità di uscire dalle parole per iniziare i lavori,
gli entusiasmi svanirono e non se ne fece di nulla.
Da
allora continuarono a girarmi nella testa alcune semplici domande:
è vero che in Italia i casi di discriminazione e violenza
contro le persone LGBT* sono così tanti, addirittura in crescita?
E se è vero, perché quasi non vi è reazione?
È vero che le istituzioni e i canali informativi e formativi
ufficiali omettono, negano, minimizzano o travisano il fenomeno?
E se è vero, perché le organizzazioni LGBT* non sanno
riempire il vuoto? Può, un governo e un paese rendersi conto,
prendere atto di qualcosa che non vede, conosce, con cui non è
in relazione? E può qualcuno pretendere di essere riconosciuto,
tutelato, se non esce dal cono d’ombra, se lascia che altri
si servano della sua invisibilità? Può lamentarsi
se egli, per primo, non sa o non vuole vedersi, ri/conoscersi, modificarsi,
mettersi in comunicazione, se, delegando, accetta che altri lo rappresentino
senza averne gli strumenti, la sensibilità? Qualcuno ha capito
che per uscire da questa spirale è necessario aprirsi, elaborare
chiavi di lettura forse inedite, idee, progettualità altre,
una cultura e una politica di ampio respiro, inclusiva, pluralista,
capace di dialogare, di liberarsi dai personalismi?
Ebbene,
pensavo, se qualcosa si può fare, va fatta – con le
capacità e i mezzi che si hanno. Da qualche parte bisogna
cominciare… Così, nel settembre/ottobre 2005, ho cominciato
a raccogliere dati per l'archivio "UNA STRAGE ANNUNCIATA".
Conoscenza,
reciprocità, consapevolezza, gratuità. Queste le parole
chiave. E lavoro: duro, non retribuito, da condurre in solitudine,
talvolta derisi, sempre sottovalutati, fra complici silenzi ed ostruzionismi
controproducenti, immotivati, uterini. Investendo energie, tempo
e denaro – senza riceverne nulla in cambio se non la soddisfazione
di dire: «Beh, almeno ci ho provato, ho dato – non mi
sono voltata dall’altra
parte».
Ore
interminabili al computer, setacciando il web, circoscrivendo la
ricerca al materiale che vi è pubblicato (per la maggior
parte proveniente dalle testate giornalistiche cartacee - quotidiani,
periodici e riviste), sparpagliato dappertutto in modo disomogeneo,
secondo criteri talvolta discutibili e faziosi, in siti e portali
spesso poco fruibili, selezionandolo e riordinandolo al meglio delle
mie possibilità. Lo ammetto: di più non ho potuto,
non ho saputo.
Tuttavia,
i dati raccolti, sebbene parziali e insufficienti, sono comunque
significativi, interessanti – ed anche impressionanti, agghiaccianti.
Se
si considera l’atteggiamento prevalentemente pruriginoso,
preconcetto, discriminatorio, omertoso o censorio della stampa eterosessista
e quello edulcorato, superficiale, consumistico, autoreferenziale,
incomprensibilmente ottimistico e talvolta allucinatorio dei portali
omo e lesbo; se si considera che i casi finiti sui giornali sono
solo i più eclatanti o più facilmente strumentalizzabili
fra quelli denunciati; se si considera che - per non esporsi pubblicamente,
svelarsi, per risparmiarsi almeno la gogna del giudizio popolare
e le sue nefande conseguenze - soltanto una percentuale bassissima
delle vittime denuncia alla magistratura i reati subiti… Un
vero e proprio bollettino di guerra che, per numero ed efferatezza,
supera il fisiologico, il sopportabile, l’immaginabile. Ma
in fondo bastava mettere insieme il poco che c’è per
accorgersene, per farsi un’idea ancorché approssimativa
ed enormemente sottostimata di quello che succede nella realtà,
là fuori.
Questa
piccola, modesta ricerca, quindi, non solo conferma e rafforza l’assunto,
ma mostra con sufficiente chiarezza quanto il fenomeno sia grave,
endemico ed epidemico, e quanto bisogno ci sia di quantificarlo,
approfondirlo, esplicitarlo – per vederlo, capirlo, superarlo.
Chi,
di fronte alla nuda e cruda evidenza dei numeri, potrebbe davvero
continuare a sostenere che il problema non esiste, è un’invenzione,
un’esagerazione?
Chi
potrebbe chiamarsene fuori senza assumersene la responsabilità,
in proprio, cominciando magari a pagare per questo?
Ecco
perché c’è molta gente in giro che ha la memoria
corta e in presenza di “certi inopportuni argomenti”
al massimo sa contare sino a dieci.
I
casi raccolti erano prossimi a superare le tre cifre. Non era esibizionismo,
voyeurismo, collezionismo, il mio - era rabbia, indignazione, desiderio
di non aver più paura per me stessa e gli altri.
Oggi,
il disgusto verso chi ha il potere e i mezzi per intervenire ma
non lo fa o lo fa in modo insufficiente per ottusità, incapacità,
o perché antepone i propri interessi personali e corporativi
al bene collettivo, ha superato la rabbia e la paura.
"Rompere
il silenzio" e "Una strage annunciata", terminano
qui.
C.
Ricci
Lucca,
30 Ottobre 2005 - 16 Ottobre 2006
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