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“BREVE STORIA DEL CINEMA”
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Un film si suddivide in tempi, la cui durata è determinata dalla capienza delle bobine del proiettore; le singole parti del racconto sono costituite da sequenze, formate da una successione di scene; ogni scena è composta da quadri (inquadrature). Questa organizzazione del linguaggio cinematografico suggerisce la successione delle operazioni necessarie alla preparazione delle riprese. Generalmente si parte da un soggetto intorno al quale si costruisce una trama, oppure da un racconto preesistente. Segue la preparazione della scaletta, ossia uno schema della struttura narrativa del film, con cui è definita la successione delle azioni principali. In base alla scaletta si prepara la sceneggiatura, nella quale sono riportati tutti gli elementi del racconto, suddivisi in scene e quadri, che possono essere realizzati in immagini. La sceneggiatura, oltre alla descrizione dell’azione, deve anche riportare tutte le indicazioni necessarie alla realizzazione delle riprese, come l’ambiente in cui esse devono essere effettuate, la loro durata, il punto di vista, il campo inquadrato, gli eventuali movimenti di macchina e gli attori impegnati (con le rispettive battute del dialogo). Oltre che come guida per le riprese, la sceneggiatura serve anche in fase di montaggio per ricostruire l’esatta successione dei quadri, che generalmente sono ripresi in tempi diversi secondo una successione determinata unicamente da ragioni economiche e organizzative.
Prima di procedere alla ripresa è necessario preparare l’ambiente in cui si svolge la scena e sistemare la macchina da presa nel posto indicato dalla sceneggiatura, disponendola su un cavalletto, eventualmente posto sul mezzo prescelto per effettuare i movimenti di macchina previsti. Se la ripresa è sonora, occorre anche sistemare i microfoni e gli apparecchi di registrazione. Viene poi approntato l’impianto di illuminazione, che può essere necessario anche nelle riprese in esterno per schiarire le ombre o per ottenere effetti particolari. A questo punto si passa alla prova del quadro per controllare che l’azione, l’illuminazione e i movimenti di macchina corrispondano a quanto richiesto dalla sceneggiatura. Al termine delle prove, dopo un controllo definitivo dell’esposizione, si avvia il motore della macchina da presa, si riprende il ciak e s’inizia l’azione. Ogni azione è ripresa più volte, eventualmente anche da più macchine sistemate in posizioni diverse, in modo da poter scegliere le inquadrature migliori in sede di montaggio.
Nel corso della realizzazione delle riprese si prende nota di tutti quei particolari che possono cambiare tra una ripresa e l’altra (ad esempio la disposizione degli oggetti, gli accessori dei costumi, la posizione del Sole o degli orologi, l’illuminazione, l’esposizione, ecc.), in modo da evitare errori di continuità. Se la scena è molto complessa, oltre a redigere queste note si riprendono delle fotografie.
Al termine delle riprese il materiale filmato è inviato al laboratorio di sviluppo, eventualmente accompagnato da indicazioni per il trattamento. Lo sviluppo dei negativi esposti viene ottenuto mediante sviluppatrici automatiche e da esso si ricavano successivamente le copie positive che servono per il montaggio, con il quale viene organizzata la struttura del film, stabilendo la successione definitiva delle immagini. La prima copia montata, ancora priva della colonna sonora, è detta copia di lavorazione. Da questa, passando attraverso un negativo intermedio, si ottiene un certo numero di duplicati (detti copie lavanda nel bianco e nero perché ottenute una volta su pellicola con supporto di tale colore).
La colonna sonora definitiva del film viene ottenuta combinando opportunamente le colonne sonore parziali in cui sono incisi i dialoghi, i rumori e le musiche. Questa operazione viene detta missaggio. Dalla copia lavanda e dalla colonna sonora missata si ottengono infine le copie per la distribuzione. Le copie da proiettare all’estero vengono ottenute a partire dalla copia lavanda e dalla colonna sonora internazionale, sulla quale non sono incisi i dialoghi che verranno incisi successivamente con il doppiaggio.
Gli anni Novanta hanno visto l’ingresso sempre più massiccio dell’elettronica e dell’informatica nella tecnica cinematografica. Anche se il supporto finale di un film, la pellicola chimica, è rimasto lo stesso, tutto ciò che ne è a monte è stato profondamente rivoluzionato. L’uso delle tecniche digitali si è inizialmente esplicato nella realizzazione di effetti speciali, al posto dei pupazzi meccanici utilizzati in passato. Gli effetti (mostri, personaggi fantastici, scenari) vengono realizzati al computer con immagini sintetiche e successivamente uniti, sempre in workstation informatiche, alle scene reali girate in maniera tradizionale e poi digitalizzate, o girate direttamente in digitale. I primi film con lunghe sequenze (svariati minuti) realizzati direttamente al computer sono stati “Il tagliaerbe” (1992) e “Jurassic Park” (1993). Nel primo il computer ha creato gemelli elettronici degli attori reali, ricostruendone le fattezze a partire da centinaia di fotografie; nel secondo, i dinosauri del film sono stati ricreati utilizzando migliaia di immagini di rettili presenti in natura (lucertole, varani ecc.) e montandole per dare vita ai mostri del passato. Il movimento dei dinosauri è stato ottenuto con softwares di animazione particolarmente sofisticati. Altri film realizzati in questo modo sono stati “Forrest Gump” (1994), con la celebre sequenza in cui l’attore Tom Hanks incontra il presidente Kennedy, ottenuta digitalizzando un vecchio filmato di un ricevimento alla Casa Bianca e sostituendo attraverso il computer le immagini di una persona che incontra Kennedy con quella dell’attore; e “Stargate” (1994), nel quale l’immagine spettacolare di una piramide egizia che si apre in quattro parti è stata ottenuta al computer partendo da una semplice fotografia di una piramide reale. Ancora più complessa è stata la realizzazione del film della Disney “Toy Story” (1995), che ha utilizzato per la prima volta, in tutta la storia del cinema, una grafica tridimensionale realizzata al computer, grazie alla quale la macchina da presa è potuta “entrare” nella scena virtuale muovendosi intorno agli oggetti e riprendendo quindi sempre da diversi punti di vista. Per realizzare con questa grafica tridimensionale i personaggi sono stati necessari, per ognuno di quelli principali, circa 70000 linee di codice di software e 700 controlli di animazione, di cui 200 sul viso e 28 solo sulla bocca. Le superfici dei personaggi sono state realizzate con 189 texture maps (mappe digitali che riproducono ognuna un diverso “tessuto”) e la pelle è stata ottenuta sovrapponendo 10 strati diversi di “tessuto elettronico” per conferire la trasparenza e la consistenza della pelle umana. Tutto ciò ha richiesto dalle 2 alle 15 ore di lavoro per ognuno dei 110.000 fotogrammi del film, utilizzando una batteria di workstation informatiche.
L’elettronica e l’informatica servono anche per realizzare film basati su scenari “sintetici”, cioè generati al computer, sui quali vengono sovrapposti gli attori reali ripresi davanti a uno sfondo blu. Significativo è l’esempio di film come “Il tagliaerbe 2” (1995), girato in un set a Hollywood, ma con scenari virtuali realizzati a Londra, nei laboratori della Kodak-Cinesite. Ogni sera, il lavoro della giornata veniva trasmesso on line da Londra negli U.S.A. dove veniva sovrapposto alla scena filmata con gli attori veri, che recitavano davanti a uno schermo blu. Per realizzare questi scenari virtuali le workstation informatiche hanno elaborato circa 800 Mbyte per ogni fotogramma, vale a dire 19,5 Gbyte per ogni secondo di film, successivamente compressi e inviati negli U.S.A. su 24 linee digitali (ISDN) simultaneamente. Nonostante ciò ogni secondo di scenario virtuale ha richiesto 20 minuti di trasmissione.
L’inevitabile sviluppo di queste tecnologie è la realizzazione di film con attori virtuali, che però si muovono, agiscono e parlano come esseri umani. L’obiettivo è quello di creare dei sosia elettronici di attori scomparsi, fatti così “rivivere” in nuovi film. Con tali metodi è stata già creata negli U.S.A. una “Marilyn virtuale” che può essere comandata a piacere via computer e quindi utilizzata per interpretare nuovi film. In Giappone è stata realizzata inoltre la prima “attrice virtuale” dotata anche di una sua “personalità” e della capacità di cantare, recitare e ballare. Si chiama Kyoko Date ed è stata creata da 20 esperti di computer graphic con un lavoro durato venti mesi.
Il connubio fra informatica e cinema ha condotto anche allo sviluppo del cosiddetto restauro elettronico di vecchi film, a cui sono stati restituiti i colori e il sonoro originali. L’esempio più significativo in questo campo è stato il restauro del primo lungometraggio a colori della Disney, “Biancaneve e i sette nani”.
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