1) Poveri resti degli ultimi internati di Syrets, campo di concentramento costruito nel 1942 in una località al confine settentrionale della città di Kiev (Ucraina), a poche centinaia di metri da Babi Yar (noto fossato in cui, fra il 29 e il 30 settembre del 1941, i nazisti aiutati della polizia collaborazionista ucraina massacrarono 33.731 civili ebrei e nei due anni seguenti altre 90.000 persone tra ucraini, zingari, comunisti, prigionieri di guerra, partigiani sovietici e giudei, naturalmente). Gli unici internati che avevano diritto di vivere, erano quelli che potevano lavorare, gli altri venivano fucilati immediatamente o uccisi nei furgoni predisposti per la gassazione. I prigionieri (donne e uomini) dormivano in buche scavate nella terra e venivano nutriti così poco e male che morivano di stenti. Paul Radomski, il comandante del campo, vi aveva instaurato un regime di terrore e violenza inaudita. Prima di ritirarsi da Kiev, i tedeschi tentarono di nascondere le atrocità commesse. Paul Blobel, uno dei responsabili degli omicidi di massa compiuti a Babi Yar due anni prima, ebbe il compito di eliminare le tracce. Per sei settimane, da agosto a settembre del 1943, 326 prigionieri incatenati furono costretti a riesumare e bruciare i cadaveri spargendone le ceneri sui terreni agricoli circostanti (ancora oggi molti ucraini non mangiano i prodotti delle aziende locali). Nella notte del 29 settembre 1943, scoppia la rivolta. Quindici prigionieri riescono a fuggire. Quando i nazisti riprendono il controllo del campo, i restanti 311 detenuti vengono giustiziati. Si stima che a Syrets abbiano perso la vita circa 25.000 persone.
2) Fossa comune a Bergen Belsen.
3) In alto a sinistra e in basso a destra: i soldati tedeschi prendono a bastonate gli internati del campo di Poniatowa, in Polonia. Al centro, a destra: antisemiti polacchi si accaniscono contro un ebreo a Lvov, in Polonia (1941). In basso, a sinistra: collaborazionisti ucraini aiutano i tedeschi a rastrellare gli ebrei a Lvov, in Polonia (1941). In alto, a destra, un soldato tedesco se la spassa prendendo a calci alcuni civili catturati per essere deportati. In basso, al centro, due militari italiani si apprestano a giustiziare un civile (partigiano?).
4) Internate nel campo di concentramento di Auschwitz. Appesa al filo spinato, una donna anziana che nella foto originale, scattata nel ghetto di Varsavia, tenta, inutilmente, di sfuggire alle SS calandosi da un balcone. L'immagine della ragazza crocifissa è tratta dal manifesto contro la violenza sulle donne con il quale “Telefono Donna” di Milano avrebbe voluto partecipare alla giornata mondiale dedicata a questo tema, il 25 novembre 2009. Al manifesto, inizialmente approvato dagli uffici comunali, dopo le proteste dell’assessore Maurizio Cadeo (AN) ed altri, è stata negata l’affissione pubblica in quanto, a detta loro, offende la tradizione cristiana ed è indecoroso. Le violenze e le continue limitazioni all’autonomia, alle libertà individuali che le donne subiscono da secoli, non offendono la tradizione cristiana? Certo che no, ne sono il fondamento. Meglio rimettere le cose a posto: Cristo condottiero e martire, Maddalena e Maria ai fornelli - puttane, o mogli e madri, sante, devote, mansuete - come piace ai nazifascisti di ogni epoca e paese, come fa comodo a troppi uomini.
Per approfondire:
5) Dottore sottopone ad un esame medico farsa gli internati polacchi costretti a lavorare per il Reich (1940).
6) Le recenzioni dei campi di lavoro, concentramento e sterminio erano elettrificate. Non era infrequente che gli internati scegliessero di morire lanciandovisi contro. La foto che fa da sfondo a questa elaborazione lo testimonia.
7) Mentre le truppe russe avanzavano verso la Germania attraverso la Polonia e i territori occupati, i nazisti tentarono di deportare gli internati lì reclusi in campi più lontani con lo scopo di evitare che si salvassero e portare a compimento il piano di sterminarne quanti più possibile. Un numero elevatissimo di prigionieri morirono prima di giungere a destinazione, durante le cosidette "marce della morte" (marce forzate a piedi, nella neve, senza mangiare, bere, ecc.) o sui carri ferroviari che li trasportavano verso le camere a gas. Quando gli alleati entrarono nel campo di Dachau nel 1945, trovarono nei vagoni dell'ultimo trasporto i cadaveri di chi non era sopravvissuto.
8) Cadaveri di prigionieri accatastati su un carro in prossimità dei forni crematori di Buchenwald nel 1945.
9) Nel 1929, Mussolini firma il Concordato e il cattolicesimo diventava religione di Stato. Nel 1938, il fascismo promulga le Leggi Razziali che escludono gli ebrei dall’esercizio delle professioni, dalla scuola, dalle università, ne limitano il diritto di proprietà e l'accesso ai pubblici servizi. In nome della pura razza ariana, dal 1943 al 1945, oltre 8.000 uomini, donne e bambini ebrei italiani sono barbaramente uccisi in patria e nei campi di sterminio. In sovrimpressione all'immagine, una parte dei loro nomi.
10) I resti di un corpo carbonizzato all’interno di un forno crematorio di Buchenwald. Pochi sanno che per far fronte al soprannumero degli internati a causa del trasferimento forzato (le cosidette "marce della morte") degli stessi verso i campi più lontani dall'avanzata alleata, nei mesi precedenti alla liberazione i nazisti bruciavano nei forni crematori non solo i cadaveri, ma anche persone ancora vive sebbene agonizzanti o prossime a morire per gli stenti, le violenze e le malattie.
11) Per evitare che l'avanzata alleata liberasse e salvasse gli internati del campo di Gardelegen, il 13 Aprile del 1945 i nazisti ne bruciarono vivi tra 500 e 1.000. Quando, il 17 Aprile, gli americani entrarono nel campo, trovarono gli edifici in cui si era consumato il massacro ancora fumanti. Questa terribile immagine mostra alcuni cadaveri carbonizzati all'interno di una baracca.
12) "Silenziosi nella nebbia camminavamo tra mucchi d'ossa e pozze di sangue, nero". Sullo sfondo, prigionieri durante una cosidetta "marcia della morte".
13) Le recinzioni dei campi di concentramento e sterminio erano elettrificate per scoraggiare i tentativi di fuga o intrusione. Non erano infrequenti i casi di prigionieri che, per sfuggire alla prospettiva di morire nelle camere a gas, per le violenze subite, malattia o fame, scegliessero di suicidarsi scagliandovisi contro. Nell'immagine, una sopravvissuta del campo di concentramento di Penig. Intorno a lei, due foto che documentano il suicidio di altri internati.
14) Cadaveri abbandonati nei piazzali di Bergen Belsen fotografati dalle truppe anglo-canadesi dopo la liberazione. Nonostante gli sforzi, nei mesi successivi alla liberazione 35.000 internati morirono di tifo, dissenteria ed altre patologie dovute agli stenti patiti sotto i nazisti. Complessivamente, a Bergen Belsen trovarono la morte tra 80.000 e 100.000 persone.
15) Dal 6 Dicembre del '43 sino a Maggio del '44, dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, vennero deportati migliaia di cittadini italiani ebrei. Destinazione, le camere a gas di Auschwitz. Il binario 21 si trovava al di sotto della stazione, pochi ne conoscevano l'esistenza - allora come adesso. Il regime fascista non solo tollerò l'antisemitismo dei camerati nazisti, ma lo condivise avviando allo sterminio oltre 8.000 tra uomini, donne e bambini italiani.
Per approfondire:
16) Nel 1929, Mussolini firma il Concordato e il cattolicesimo diventava religione di Stato. Nel 1938, il fascismo promulga le Leggi Razziali che escludono gli ebrei dall’esercizio delle professioni, dalla scuola, dalle università, ne limitano il diritto di proprietà e l'accesso ai pubblici servizi. In nome della pura razza ariana, dal 1943 al 1945, oltre 8.000 uomini, donne e bambini ebrei italiani sono barbaramente uccisi in patria e nei campi di sterminio. Nella cornice dell'immagine, una parte dei loro nomi.
17) Due immagini che testimoniano la presenza in vari campi di orchestre musicali fondate dai nazisti per il proprio personale divertimento. La legislazione antiebraica vietava ai musicisti ebrei di suonare spartiti di autori ariani per evitarne la contaminazione. Le SS prevedevano che le schiere di prigionieri marciassero a tempo di musica come un vero esercito, ma dato che nei campi non vi erano musicisti ariani e le partiture ariane adatte allo scopo scarseggiavano, erano gli ebrei a dovervi provvedere, suonando e componendole. Le SS si godevano lo spettacolo: le vittime dovevano apparire allegre, dovevano cantare e marciare a tempo di musica, altrimenti sarebbero state punite. L’orchestra, in genere diretta da un musicista di origine tedesca, la sera suonava per le SS pezzi di Bach, Grieg o Wagner e durante il giorno, oltre a ritmare la marcia dei prigionieri, era costretta a suonare il cosiddetto “tango della morte”, con il quale si accompagnavano le esecuzioni dei condannati. Nell'elaborazione: sullo sfondo, il deportato polacco Hans Bonarewitz (a sinistra) che approfittando dell'ingresso di un carro di rifornimenti a Mauthausen, riescì a nascondervisi e ad uscire dal campo. Quando le SS se ne accorsero gli diedero la caccia, lo catturarono, lo caricarono su un carretto, obbligarono una decina di internati a formare un'orchestrina e lo avviarono all'impiccagione; sopra, un orchestra nel campo di Janowska.
18) Il campo di concentramento di Theresienstadt (noto anche come ghetto di Theresienstadt), fondato nel 1941 dalla Gestapo presso la città fortezza di Terezín che attualmente fa parte della Repubblica Ceca, è particolarmente significativo. Vi furono deportati circa 144.000 ebrei, dei quali un quarto (33.000) morì nel campo principalmente a causa delle pessime condizioni di vita. Circa 88.000 vennero deportati successivamente ad Auschwitz, Belzec, Majdanek ed altri campi di sterminio. Quando la guerra finì solo 17.247 erano ancora vivi. Il campo di Theresienstadt venne originariamente concepito per internare ebrei privilegiati provenienti dalla Germania, dalla Cecoslovacchia e dall'Austria. La città di Terezín era già conosciuta per la sua vivacità culturale e, dopo lo scoppio della guerra, molti importanti artisti, diplomatici, letterati e giuristi vi vennero deportati, trovandovi, nella maggior parte dei casi, la morte. A Theresienstadt, il regime nazista organizzò un'efficace messa in scena per zittire la Croce Rossa danese che chiedeva con troppa insistenza che fine facessero i suoi ebrei: trasformò il campo in un simpatico villaggio gentilmente offerto da Hitler ai suoi ospiti ebrei, in cui, rispettati e protetti, potevano svolgere attività culturali e ricreative tra negozi ben forniti, piccole camerette verniciate di fresco, bambini festanti e quant'altro. La finzione riuscì talmente bene che vi fu girato un film propagandistico per mostrare alla Germania e al mondo la magnanimità del Terzo Reich. Dopo le riprese, il regista e parte del cast furono deportati ad Auschwitz dove trovarono la morte nelle camere a gas. L'elaborazione mostra i compositori Gideon Klein, Hans Krása e Pavel Haas, alcune loro partiture e immagini dell'operetta per bambini di Hans Krása, "Brundibár", eseguita in occasione della visita della Croce Rosa Danese. Sullo sfondo, il treno che portava a Theresienstadt i deportati.
Per approfondire: - |
19) Auschwitz. Nel cortile tra il Blocco 10 (a sinistra) e il Blocco 11 (sede della Gestapo, a destra), i nazisti avevano fatto costruire la forca collettiva destinata ai prigionieri politici, e il cosiddetto "Muro nero della morte". Furono migliaia le esecuzioni sommarie che lo ebbero come fondale. Si calcola che tra il 1940 e il 1944, circa 20.000 persone (anche donne e bambini) vi abbiano trovato la morte. I condannati venivano fucilati nudi. I corpi finivano ammucchiati uno sull'altro sino a formare cataste grondanti sangue. La sabbia che ricopriva il pavimento del cortile serviva ad assorbirlo mentre altri prigionieri (preferibilmente ebrei) sfoltivano il mucchio trasportando i cadaveri al crematorio. Il disegno che illustra una scena di ordinario massacro quotidiano, è stato realizzato da un superstite del quale ignoriamo l'identità.
20) Gli internati, prima di essere avviati alle camere a gas, venivano letteralmente depredati di ogni bene: occhiali, monocoli, scarpe, valigie, borse, portafogli, protesi dentarie, arti di legno, stampelle, stoviglie, abiti e biancheria, libri, quaderni, diari, foto, giocattoli, ecc. Dopo la loro morte, tutto quello che gli era appartenuto e poteva ancora servire veniva riciclato. Gli oggetti di valore (denaro, gioielli, orologi e persino i denti d'oro), finivano nelle casse del Terzo Reich o direttamente nelle tasche delle SS. Nei magazzini dei campi, oltre a montagne di questi oggetti, sono state trovate tonnellate di capelli tagliati alle donne poco prima della gassazione, in quanto "utili" per il confezionamento di calzature di feltro destinate ai sommergibilisti. Ma il sadismo nazista si spinse oltre: la pelle tatuata dei prigionieri veniva conciata in modo che Ilse Koch, moglie di Karl Otto Koch (comandante dei campi di concentramento di Esterwegen, Columbia Haus, Lichtenburg e Sachsenburg, Buchenwald e Majdanek) e Oberaufseherin ("capo supervisore") del reparto femminile di sorveglianza del campo di Buchenwald, potesse farne copertine di libri, paralumi, guanti e quant'altro.
21) Fosse comuni nel campo di Bergen-Belsen.
22) Il Campo di concentramento di Mittelbau-Dora fu costruito nel 1944 presso Nordhausen insieme ad altri 40 sottocampi. Venne esplicitamente edificato per la produzione delle Wunderwaffe ("armi miracolose"), in particolare i missili V2. In totale vi furono internati 60.000 prigionieri. Il numero dei decessi è stimato intorno alle 20.000 unità, comprese le perdite causate dai bombardamenti sulle installazioni militari e industriali, e quelle avvenute durante le marce della morte nel 1945. L'elaborazione mostra i cadaveri degli uomini, delle donne e dei bambini abbandonati nelle baracche, parzialmente seppelliti o allineati dopo la liberazione. In particolare, la foto in basso a destra ritrae un uomo che nei pressi del campo di concentramento si accinge a seppellire sua madre in una fossa comune, accanto a lui il figlio che piange disperato.
23) Auschwitz. La registrazione degli internati prevedeva, tra l'altro, l'assegnazione di un numero di matricola progressivo che ne avrebbe sostituito il nome. Il numero era tatuato sull'avambraccio sinistro, dapprima attraverso uno speciale timbro di metallo sul quale venivano fissate cifre interscambiabili, e successivamente attraverso il ricorso a singoli aghi. Dalla pratica del tatuaggio furono esentati i cittadini tedeschi ed i prigionieri "da educare", i detenuti provenienti da Varsavia in seguito all'insurrezione dell'agosto-settembre 1944 ed alcuni ebrei deportati dopo il 1944.
24) Varie immagini di civili che, legati a pali, alberi, cancelli, sono stati torturati e infine uccisi in località ignote. Tra questi (in basso, a destra) un invalido con entrambe le gambe amputate. In basso a sinistra, il Cristo Morto, scultura lignea del 1728 custodita a Procida. In alto a destra, cappello militare nazista con teschio.
25) Costituito il 10 aprile 1941 lo Stato Indipendente Croato, il regime ustascia di Ante Pavelic, il Poglavnik (duce), accolto e sostenuto con entusiasmo dall'Arcivescovo Alojzije Viktor Stepinac (beatificato il 3 Ottobre del 1998 da Giovanni Paolo II!!!), ebbe immediatamente inizio una mostruosa crociata volta al totale sterminio dei serbi ortodossi, degli ebrei, degli zingari, dei musulmani, degli oppositori politici e supposti tali. Parteciparono fattivamente ai massacri centinaia di preti e frati, in particolare i monaci francescani. Secondo la politica ustascia, i serbi dovevano essere tutti convertiti al cattolicesimo. Il Ministro Mile Budak affermò a proposito dei serbi: "Un terzo lo convertiremo, un terzo lo uccideremo, un terzo verrà rimandato in Serbia" - e ancora - "La base del movimento Ustascia è la religione. Per le minoranze come i serbi, gli ebrei e gli zingari abbiamo tre milioni di pallottole. La nuova Croazia arriverà entro 10 anni ad essere cattolica al 100%". Protetti dal regime fascista e dallo Stato Pontificio, Pavelic e i suoi Ustascia avevano atteso in Italia il momento buono per imporsi. Fu l’Italia che li insediò al potere quando 24 divisioni tedesche, 23 italiane e 6 brigate ungheresi invasero il 6 Aprile i loro territori. La gente comune li chiamava “gli italiani”, perché è dal nostro paese che erano calati come avvoltoi sulla Croazia. E' quindi in ossequio al programma di sterminio croato che sorge il campo di concentramento di Jasenovac, il più grande costruito nei Balcani. Edificato nell'Agosto del 1941, occupava 210 km quadrati di terreno alluvionale ed aveva numerosi sottocampi. I primi, Krapje e Brocice, furono chiusi nel Novembre dello stesso anno, gli altri, Versajev, Opekarna, Mlaka, Ciglana (Jasenovac III), Kozara (Jasenovac IV) e Stara Gradiska (Jasenovac V), continuarono a seminare morte e terrore sino all'Aprile del 1945. Le condizioni alimentari e lavorative erano così terribili che morivano più di un centinaio di persone al giorno a causa della fame, degli stenti e delle malattie. Gli altri finivano sgozzati, impiccati, affogati, bruciati vivi, decapitati, infilzati, asfissiati, fatti letteralmente a pezzi (Ante Pavelic teneva sulla scrivania un canestro contenente gli occhi cavati alle vittime ancora in vita), oppure uccisi con una speciale mazza di legno, a martellate sulla testa.
Nei sottocampi di Versajev e Brocice, gli Ustascia rinchiudevano gli internati in gabbie fatte di filo di ferro, alte 70 cm, larghe e lunghe 60 cm. Le gabbie si trovavano all'aperto e quindi poggiavano sul terreno fangoso.
Il sottocampo di Krapje che si trovava a 12 km della città di Jasenovac, era allagato per la maggior parte dell'anno. Il sottocampo di Opekarna, il più vecchio tra i campi di Jasenovac, occupava un'area industriale di 125 ettari. Si trattava di un campo di sterminio vero e proprio provvisto di forno crematorio.
Il sottocampo di Usnjarna era occupato da lavoratori specializzati tra cui molti artigiani del cuoio.
Il sottocampo di Mlaka era un campo di lavoro per donne.
Molte vittime degli ustascia però non passarono mai per il campo di Jasenovac, perché vennero deportate a Gradina dove furono massacrate direttamente.
A Jasenovac furono uccisi nei modi più brutali 19.432 bambini (11.888 serbi, 5.469 rom, 1.911 ebrei e 164 di altre etnie) di età inferiore ai quattordici anni, neonati compresi. Complessivamente le stime delle vittime variano da 600.000 a 1.000.000 (Andrjia Artukovic, Ministro degli Interni dello Stato Croato Indipendente e capo di tutti i campi di sterminio, affermò al suo processo che nel solo campo di Jasenovac i trucidati furono settecentomila). Questo numero va inserito nel contesto più generale degli spaventosi massacri avvenuti nello Stato Indipendente di Croazia fra il 1941 e il 1945: a causa del nazionalismo nazifascista, della pulizia etnica e razziale, dell'antisemitismo, dell'anticomunismo e del fanatismo cattolico, quasi 1.500.000 civili, tra cui 74.762 bambini, vennero brutalmente trucidati. A capo del campo di Jasenovac vi fu per un certo periodo il frate francescano Miroslav Filipovic-Maistorovic, detto "Frà Satana" (al suo processo si vantò di aver ucciso oltre quarantamila prigionieri). Gli successero alla guida un altro religioso, Vjekoslav "Maks" Luburic e Dinko Sakic. Una tra le efferatezze più note avvenuta nel campo di Jasenovac fu compiuta da Petar Brzica, uno studente di legge, che nella notte del 29 agosto 1942 uccise per scommessa 1.360 prigionieri sgozzandoli con lo "srbosjek". In quell'occasione si guadagnò il titolo di "Re delle gole tagliate".
Per approfondire:
|