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Aggiornato Venerdì 08-Ott-2010

 

Data la crudezza di alcune immagini, se ne sconsiglia la visione ai minori e alle persone facilmente impressionabili

 

Uccidere per 4 oche, e riderne (1)

Sorelle (2)

Corsi, ma non servì (3)

Saluti dal fronte (4)

Con i figli in grembo, verso la morte (5)

Martirio (6)

Arsi vivi n. 1 (7)

Belve (8)

Arsi vivi n. 2 (7)

Arsi vivi n. 3 (9)

Souvenir d'Italie (11)

Arsi vivi n. 4 (10)

La strage di Barletta (12)

L'eccidio di Pietransieri (13)

La strage di Boves (14)

Martiri lituani (15)

Moltitudini di Sajmište e Jajinci (16)

Il massacro di Stavelot (17)

Moltitudini di Celje (18)

Il massacro di Rechnitz (19)

Morire per un pugno di terra (2)

Il massacro di Kondomari (20)

Liepaja nel sangue (5)

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1) 1943. La foto ritrae due soldati nazisti incredibilmente soddisfatti, divertiti, nonostante la ferocia e l’assurdità del crimine che hanno appena commesso: uccidere una contadina sovietica per quattro oche. Dietro di loro penzola, morta, la donna, ai suoi piedi si vede il figlioletto disperato. Durante l’Operazione Barbarossa, atti di questo tipo erano la normalità.

2) Le elaborazioni ritraggono Kazimiera Mika, 10 anni, che piange disperata la sorella uccisa dai nazifascisti. Varsavia: assedio del 1939. Il fotografo Julien Bryan, autore delle immagini, racconta che sette donne stavano raccogliendo patate in un campo incolto quando comparvero all'improvviso due aerei tedeschi che bombardarono una piccola casa poco distante e in cui, seppe dopo, morirono due persone. Le donne si gettarono a terra sperando di non essere viste e appena gli aerei se ne furono andati, per la paura di dover rinunciare al raccolto, cominciarono a mangiarlo. Non c'era farina a Varsavia ed erano tanto affamate da non rendersi conto del pericolo... Gli aerei le avevano viste e tornarono indietro. Questa volta volando a poche decine di metri da terra cominciarono a mitragliarle, due furono colpite e morirono. Julien Bryan arrivò sul posto e iniziò a fotografare. Sopraggiunse una ragazzina di circa dieci anni, Kazimiera Mika, che si gettò piangente sul corpo di una delle due donne. Era la sorella. La bimba non aveva mai visto morire nessuno, si disperava perché la donna non le parlava. Julien, l'abbracciò e cercò di consolarla. Lei gridò.

3) La foto utilizzata in questa elaborazione, è una delle preferite dai negazionisti. Ritrae un soldato delle Einsatzgruppen (gli Einsatzgruppen erano speciali unità composte da membri delle SS e della Polizia che operarono numerosi massacri di ebrei, comunisti e partigiani in Europa orientale, principalmente in Unione Sovietica e Polonia. Tra il 1941 ed il 1943 uccisero - soprattutto attraverso fucilazione - oltre un milione di ebrei, decine di migliaia di partigiani o supposti tali, zingari, disabili e oppositori politici) che punta il fucile contro una donna in fuga. La donna stringe a sé un bambino. I negazionisti sostengono che il soldato non sta affatto sparando a lei e che la foto originale è stata “tagliata” ad arte per estorcere, con frodo, pietismo e indignazione in chi la osserva. Ho trovato l’originale: è probabile che l’unico soldato ben visibile non stia per sparare alla donna, ma dietro di lui ve ne sono altri pronti a farlo (si vedono i fucili puntati), ai suoi piedi giace il corpo di una persona freddata e poco oltre, caduti o gettatisi a terra, ci sono almeno 3/4 civili colti nell’atto di proteggersi, di sfuggire al massacro. Decida il visitatore se questi eroici soldati stanno cacciando storni o esseri umani.

Per approfondire:

4) Anche la foto utilizzata in questa elaborazione è molto “amata” dai negazionisti. Ritrae i membri della Einsatzgruppe impegnati a far pulizia di ebrei ucraini a Vinica nel 1941. I negazionisti, sostengono che questa immagine è un fotomontaggio dimostrato, in particolare, dalla postura “innaturale” del settimo soldato da sinistra: chi aveva il compito di impietosirci (???) non è riuscito ad allinearlo alle gambe posticce di qualcun altro! Ho trovato una foto abbastanza grande e l’ho osservata attentamente: tale soldato, è stato colto durante un movimento brusco, una torsione del busto repentina, a lui necessaria per girarsi - l’effetto “mosso” rende la sua postura un po’ strana, ma niente più. Il resto della foto non ha bisogno di ulteriori analisi, si commenta da sola.

Per approfondire:

5) I tedeschi occuparono Liepaja (Lettonia) il 29 giugno del 1941 e da subito iniziarono la persecuzione della popolazione ebraica: lavori forzati, rastrellamenti, confisca dei beni, cacciata delle famiglie dalle loro case. L'8 e il 9 luglio circa un centinaio di prigionieri vennero condotti sulla spiaggia e fucilati. Alla fine del mese venne svolto un secondo massacro con le stesse modalità ma con un maggior numero di vittime. Secondo un rapporto della polizia locale, tra il 22 settembre ed il 13 dicembre 1941 erano stati uccisi 658 ebrei, per la maggior parte "inabili al lavoro". Nel novembre 1941 un altro rapporto informava che in città rimanevano vivi 3.890 ebrei. Nella notte del 14 dicembre la polizia lettone rastrellò gli ebrei ancora vivi e li condusse in prigione. Soltanto coloro che avevano ricevuto i permessi di lavoro furono rilasciati insieme alle loro famiglie. Tutti gli altri vennero fatti marciare sino a Skeden, un villaggio di pescatori a nord di Liepaja. Il massacro iniziò al mattino del 15 dicembre e proseguì sino al pomeriggio del 17. Furono massacrati 2.731 ebrei, uomini, donne e bambini e 23 "comunisti". Nel febbraio e nell'aprile 1942 vennero ripetute le fucilazioni a Skeden. Morirono 805 ebrei (secondo altre fonti 829), altri 22 riuscirono a fuggire. Ciò che rimaveva della comunità ebraica fu confinato in una dozzina di appartamenti in città che divennero il ghetto di Liepaja. L'8 ottobre 1943 i tedeschi decisero di liquidare anche quello. Quando le truppe sovietiche liberarono la città, il 9 maggio del 1945, erano sopravvissuti poco più di venti ebrei su 7.379. L'elaborazione mostra una foto del massacro delle donne (alcune incinta) e dei loro figli. Le vittime, vennero costrette a denudarsi e poi, divise in piccoli gruppi, furono costrette ad allinearsi sul ciglio di una fossa, quindi vennero uccise a colpi di arma da fuoco. Le terribili fotografie che documentano il massacro di Liepaja vennero scattate dal comandante delle SS e della polizia della città Karl Strott.

Per approfondire:

6) La città ucraina di Mižoch aveva una comunità ebraica composta da circa 1700 persone. Con la creazione del ghetto, tedeschi e nazionalisti istituirono a Luc'k (capoluogo dell'Oblast' di Volinia) un campo di lavoro in cui circa 500 giovani ebrei di Mižoch erano costretti a prestare la loro opera. Il 14 Ottobre del 1942, 1000 donne (molte incinta) e bambini del ghetto furono uccisi tramite fucilazione o sepolti vivi. Quando, nel dicembre del 1942, quello che rimaneva della comunità seppe che i tedeschi erano in procinto di liquidare definitivamente sia il campo, sia il ghetto, organizzarono la propria difesa: armati di asce, coltelli, rudimentali bombe incendiarie, acido, persino pistole e fucili a canne mozze rimediati chissà come, si batterono strenuamente per un giorno intero, poi furono sterminati dai nazisti. L'elaborazione documenta i massacri delle donne e dei bambini a Mižoch (prima e seconda foto a destra), Babi Yar (prima foto in alto a sinistra) e Liepaja (seconda e terza foto a sinistra).

7) Per evitare che l'avanzata alleata liberasse e salvasse gli internati del campo di Gardelegen, il 13 Aprile del 1945 i nazisti ne bruciarono vivi tra 500 e 1.000. Quando il 17 Aprile gli americani entrarono nel campo, trovarono gli edifici in cui si era consumato il massacro ancora fumanti. Queste terribili immagini (proposte in due differenti elaborazioni), mostrano due vittime dell'eccidio.

8) Crimini ustasha: 1) Per non cadere prigioniero, il comandante partigiano Andrei Arko “Jemej” si suicida con una granata. I fascisti ne decapitano il cadavere e mostrano la testa infilzata su un palo facendola sfilare nei villaggi circostanti. 2) Soldati croati mostrano al fotografo la testa tagliata di un prete ortodosso serbo che hanno appena ucciso. 3) Iugoslavia, tra il 1941 ed il 1944. Soldato croato si accanisce ferocemente su un partigiano torturandolo con un coltello. 4) I sanguinari aguzzini della Bela Garda si fanno fotografare con il cadavere oltraggiato di un uomo ucciso e caricato su un carro di fieno. 5) Due donne uccise da soldati croati e fascisti italiani nella piana di Golobar, vicino a Bovec. 6) L'invalido rebolj Martin fucilato dalla Crna roka (mano nera) il 14 Maggio 1944 a Jezica. 7) Ustasha si accingono a segare la testa di un uomo ancora vivo. 8) Ustasha si fanno fotografare dietro al corpo disumanamente oltraggiato di un uomo messo in bella mostra su un tavolo, come un trofeo. 9) Soldato cetnico si accinge a tagliare la gola di un uomo. Un altro soldato è pronto a raccogliere il sangue in una ciotola posta sotto il collo. 10) "Srbosjek", il comodo, rapido e sicuro (per chi lo usa) coltello da polso con cui gli ustasha amavano sgozzare le loro vittime.

9) In seguito all'avanzata delle truppe alleate, per evitare che i prigionieri potessero salvarsi, i nazisti compirono su di essi atti di inaudita ferocia al solo scopo di sterminarne quanti più possibile. Queste elaborazioni mostrano varie inquadrature dei cadaveri carbonizzati di alcuni internati nel campo di Buchenwald che forniva manodopera a costo zero per numerose industrie. Dato che i prigionieri si rifiutavano di uscire dalle baracche tentando di salvarsi la vita in attesa dell'imminente liberazione, i nazisti li trassero in inganno: misero del cibo all'interno di grossi contenitori posizionati nel piazzale del campo, molti non resistettero alla fame e uscirono per correre a cibarsi ma furono accolti dai soldati che si accanirono contro di loro incendiandoli con il lanciafiamme.

10) Come sopra, ma in questo caso i prigionieri sono stati arsi vivi mentre cercavano di fuggire.

11) I resti di alcune vittime dell'eccidio delle fosse Ardeatine. Per rappresaglia contro un attentato partigiano compiuto in Via Rasella a Roma, i tedeschi fucilano 335 italiani e dopo il massacro, fanno esplodere la cava per nascondere i corpi. In sovrimpressione, un manifesto del 1944 affisso all'ingresso delle fosse e la targa che accoglie i visitatori a Oradour-sur-Glane, una cittadina francese rasa al suolo il 10 Giugno del 1944 dai nazisti che ne sterminarono la popolazione facendo 642 vittime tra la popolazione civile.

Per approfondire:

12) Dopo la strage di Castiglione (11 Agosto 1943) e l'eccidio di Nola (11 Settembre 1943) di cui non ho trovato materiale fotografico, è la volta di Barletta. Saccheggi, devastazioni, esecuzioni sommarie, stragi di civili inermi (soprattutto donne, bambini, anziani) per vendetta e ritorsione - l'orrore ad opera delle truppe naziste affiancate dai collaborazionisti fascisti, italiani, è cominciata...

Per approfondire:

13) Il 21 novembre 1943, in località Limmari (Valle della Vita) nella frazione Pietransieri di Roccaraso, i tedeschi compiono una strage tra i paesani (prevalentemente donne, bambini e anziani) che si rifiutano di andarsene dalla linea del fronte. Nei paesi vicini le popolazioni sono caricate con la forza sugli automezzi e trasportate fuori dalla fascia di combattimento, a Pietransieri non è così. Le 128 vittime, di cui 34 al di sotto dei 10 anni, compreso un bambino di un mese, non ubbidiscono all’obbligo di sfollamento che le avrebbe portate lontano dalla linea Gustav. Il manifesto di Kesselring del 30 ottobre 1943, recitava tra l’altro: "Tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico" - la fucilazione sul posto. Non serve nemmeno la minaccia delle armi, il minamento, l’incendio deile case - i paesani non si muovono, preferiscono sistemarsi tra le macerie piuttosto che abbandonare gli uomini e gli animali alla macchia. Ma dai primi di novembre, comanda il capitano Georg Schulze (uno dei tanti criminali di guerra morti serenamente nel proprio letto), “Alto, magro, claudicante e stizzoso” - non ha alcuna pietà. Dopo l'eccidio, i corpi crivellati di colpi, sono fatti saltare in aria con le mine e abbandonati nella neve. Si salva solo una bambina, Virginia Macerelli, che la mamma ha protetto con il proprio corpo. Nella primavera del 1944, quando il fronte si sposta più a Nord, i familiari possono recuperare quel che resta delle salme e seppellirle. Nell'immagine, Albert Kesselring nel suo Bunker a Sant'Andrea Bagni, sulla parete a destra, una foto che ritrae Mussolini, Hitler e Kesselring stesso, sotto, la lapide commemorativa - a sinistra, l'elenco delle vittime redatto dal Parroco della frazione, don Eriberto Ferrara, quattro anni dopo l'eccidio. Il manoscritto è conservato nelle pagine del Libro dei Morti, custodito nell'Archivio Parrocchiale di Pietransieri.

14) La città di Boves (Cuneo), fu il teatro del primo atto di rappresaglia contro la popolazione civile inerme, il 19 settembre 1943, a cui seguì un secondo eccidio tra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944 che lasciò sul terreno altre decine di vittime ed il paese in fiamme. Nell'elaborazione: Boves in fiamme (l'unica immagine che ho trovato) e due tra i maggiori responsabili dell'eccidio, Theodor Wisch (a sinistra) e Joachim Peiper (a destra).

Per approfondire:

15) Se potessimo fare una classifica delle peggiori atrocità commesse dai nazifascisti nei territori occupati, quelle perpetrate in Lituania tra il 1941 e il 1945 di certo si guadagnerebbero i primi posti. L'elaborazione mostra alcune immagini dei massacri compiuti a Kovno e dintorni dai nazionalisti lituani in collaborazione con le truppe tedesche appartenenti all'Einsatzgruppe. La comunità ebraica, prima della guerra, corrispondeva ad un quarto circa della popolazione, più o meno 40.000 persone tra uomini, donne e bambini. Soltanto l'8% sopravvisse allo sterminio perlopiù compiuto sul posto tramite feroci esecuzioni di massa.

Per approfondire: -

16) Nell'Aprile del 1941, la Jugoslavia viene occupata dagli eserciti nazista e fascista. Nel paese vivono circa 75.000 ebrei, di cui 17.000 in Serbia. Nei giorni immediatamente successivi all'occupazione comincia la cattura e l'eliminazione degli ebrei. Gran parte degli uomini di età superiore ai 16 anni sono uccisi sul posto o internati nei campi di Belgrado e della Serbia settentrionale. In Dicembre inizia la deportazione delle donne e dei bambini nel campo di Sajmishte, vicino a Belgrado, tuttavia, la maggioranza di loro perde la vita all'interno di un camion attrezzato per la gassazione e inviato da Berlino nell'Aprile del 1942 per sbarazzarsene nel modo più rapido, economico, silenzioso e invisibile possibile. Dai primi di Aprile al 10 Maggio del 1942, circa 5000 persone muoiono gassate durante il trasporto, nei quindici chilometri che separano il campo di Sajmište da quello di Jajinci...

17) Questa elaborazione propone alcune foto del massacro di Stavelot (Belgio), Joachim Peiper (al centro), Josef "Sepp" Dietrich (in alto a destra) e Gustav Knittel (al centro, in basso). Durante l'offensiva delle Ardenne, in questa località, tra il 18 e il 20 Dicembre del 1944, truppe naziste al comando di Joachim Peiper, Josef "Sepp" Dietrich, Gustav Knittel ed altri, massacrano 113 civili, soprattutto donne e bambini. Ma quello non fu l'unico crimine che commisero. A Malmédy, ad esempio, il 17 Dicembre 71 soldati americani catturati durante la battaglia (tra cui 10 autisti di cinque ambulanze che percorrevano le strade della zona), furono assassinati senza pietà. Come ufficiale superiore di Joachim Peiper, Dietrich fu processato nel Luglio del 1946. La corte generale del governo militare americano a Dachau lo condannò all'ergastolo. Il 10 agosto 1951 la sentenza fu commutata in 25 anni di carcere e il 22 ottobre 1955 fu liberato dalla prigione americana di Landsberg sul Lech. Il 14 maggio 1957 la corte d'assise regionale tedesca di Monaco inflisse a Dietrich 18 mesi di carcere con l'accusa di "complicità in assassinio" per il massacro dei capi delle SA nel 1934. Quando nel febbraio 1958 Dietrich fu rilasciato dalla prigione di Landsberg, tutti i suoi vecchi amici, capeggiati dal generale delle SS Paul Hausser, lo accolsero calorosamente. Dietrich morì il 21 aprile 1966 a Ludwigsburg per un attacco di cuore. 7000 camerati del tempo di guerra tra esponenti delle Waffen-SS, dell'esercito tedesco ma anche soldati e ufficiali avversari, accompagnarono "Sepp" nel suo ultimo viaggio cantando l'inno tedesco sulla sua tomba.

18) Il 19 aprile 1941, Heinrich Himmler e una delegazione nazista ispezionano Celje (una piccola cittadina slovena), in modo particolare Stari Pisker, un vecchio edificio adibito a carcere giudiziario. Tre giorni dopo, inizia la persecuzione dei civili utilizzando quello stesso edificio e la zona circostante come campo di prigionia. A Celje e dintorni, 575 persone (uomini e donne, principalmente tra i 20 e i 30 anni) vengono uccise, più di 1.500 sono deportate in Serbia ed altre zone, circa 300 sono internate e circa 1.000 imprigionate. Un numero sconosciuto di cittadini è costretto ad arruolarsi nella Wehrmacht - molti sono ragazzini. Circa 600 bambini vengono sottratti alle loro famiglie e portati in Germania per essere germanizzati. L'elaborazione mostra tre immagini (fila in alto) di partigiani catturati vicino a Dobrovlje, trascinati in corteo lungo le strade di Celie e lì fucilati il 7 novembre 1942. Le altre foto documentano la mattanza compiuta dai tedeschi nel campo di prigionia di Stari Pisker: gli uomini e le donne sono radunati in piccoli gruppi, abbattuto un gruppo con le mitragliatrici o alternando più plotoni di esecuzione, i cadaveri vengono composti dentro casse di legno e il sangue ricoperto con la terra, quindi è la volta del gruppo successivo. Complessivamente, in sette immagini su nove, si contano più di 100 persone già morte o prossime ad esserlo.

19) L'elaborazione evoca il terribile massacro avvenuto nel castello di Rechnitz (oggi Austria) ad opera di Margit e Ivan von Batthyány (figlia e genero di Heinrich Thyssen), Franz Podezin e Joachim Oldenburg (membri della Gestapo e del partito nazista), ed altri alti esponenti civili e militari. Nella notte tra il 24 ed il 25 marzo 1945, durante l'ultimo ricevimento offerto dalla coppia Thyssen-Batthyàny a cui parteciparono trenta-quaranta importanti personalità del partito nazista locale, delle SS, della Gestapo e della Gioventù hitleriana, 200 ebrei ungheresi furono portati al castello dove a tarda notte, durante il festino, furono torturati e uccisi, per puro divertimento. Nessun responsabile dell'eccidio ha pagato i suoi crimini. Intorno all'unica immagine trovata in Internet che testimonia il massacro (al centro dell'elaborazione) le foto degli esponenti delle famiglie Thyssen e Krupp che aderirono entusiasticamente al nazismo finanziandolo, facendo affari d'oro grazie alle commesse belliche, fondando banche e sfruttando la manodopera ebrea, russa, francese, inglese, americana, polacca e italiana proveniente dai campi di lavoro e internamento. Questi sono: Heinrich Thyssen-Bornemisza, August e Fritz Thyssen, Gustav e Alfried Krupp. In basso, una foto di gruppo in cui appaiono Margit Thyssen e Ivan von Batthyány. In alto, al centro, Franz Podezin. Nel 1999, la Friedrich Krupp AG Hoesch-Krupp si è fusa con la Thyssen AG dando vita alla ThyssenKrupp AG, (una conglomerata industriale) tristemente nota per l'incendio divampato nello stabilimento di Terni che ha ucciso cinque operai nel 2007. Due anni dopo, nel 2009, un altro operaio è morto per le esalazioni di acido cloridico.

Per approfondire: - - -

20) Il 2 Giugno del 1941, a Kondomari (Grecia), in ritorsione per la rivolta della popolazione che ha ucciso alcuni paracadutisti rimasti impigliati negli alberi durante l'invasione di Creta, oltre 100 civili vengono assassinati da un contingente guidato dal tenente Trebes Horst su ordine del Generale Kurt Student. Raramente i tedeschi hanno dovuto fare i conti con la resistenza generalizzata della popolazione civile. La Grecia è uno dei pochi paesi in cui, spontaneamente, tale reazione vi è stata. Grazie alle foto scattate da Franz Peter Weixler (corrispondente di guerra dell'Esercito tedesco), è oggi possibile documentare il massacro. Al centro dell'elaborazione, da sinistra verso destra, i responsabili morali e materiali dell'eccidio: Trebes Horst, Mussolini, Hitler, Kurt Student.

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