|
REPUBBLICA DI WEIMAR
L’arte dal neoclassicismo alla Nuova Oggettività |
È negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, in quella profonda rivolta, estetica, religiosa e sociale al sazio e brutale establishment capitalista-imperialistico dei “padri”, che hanno affondato le radici Brecht (1898-1956), Döblin (1878-1957), Benn (1886-1956), H. Mann (1871-1950), Werfel (1890-1945) e i lirici Heym (1887-1912) e Trakl (1887-1914).
Anche il teatro ha dato frutti originalissimi con Toller (1893-1939), G. Kaiser (1878-1945), Wedekind (1864-1918), Sternheim (1878-1942) e la vita intellettuale e artistica si è raccolta in numerosi e vivacissimi circoli a Berlino, Lipsia, Monaco.
La società borghese d’anteguerra ha trovato invece i suoi analizzatori postumi in una serie di grandi romanzieri, Th. Mann (1875-1955), Canetti (1905), Broch (1886-1951), Musil (1880-1942), mentre Kafka (1883-1924), erede anche della cultura ebraica dell’Europa orientale, ha occupato una posizione isolata.
Gli anni Venti hanno visto l’estinguersi delle speranze rivoluzionarie dell’espressionismo e l’enuclearsi di una nuova esplorazione della realtà nella Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività), che si accostava per certi aspetti al contemporaneo realismo socialista e a certa letteratura americana. Ma il problema basilare degli scrittori postnaturalisti e postespressionisti, influenzati in misura decisiva dalla “Recherche” di Proust (tradotta nel 1926) e dall’“Ulysses” di Joyce (tradotto nel 1927), fu la ricerca della realtà dell’arte al di là del fenomenico e lo studio di tecniche espressive (monologo interiore, associazioni dell’inconscio, ecc.) da sostituire alla successione cronologica o psicologica stabilita dal “burattinaio”, onnisciente, qual era da sempre il romanziere. L’autore preferiva assumere la funzione di saggista, analista, indicatore di utopie, ordinatore di materiali di provenienza diversa. Gli stessi concetti brechtiani di “teatro epico” e di “straniamento” testimoniano dei mutati rapporti fra autore, opera, fruitore, mutamento che ha avuto tuttavia solo parziale riflesso negli acclamati romanzi di Hesse (1877-1962), Werfel (1890-1945), Wiechert (1887-1950) e nei capolavori della maturità di Thomas Mann. Il romanzo era l’autentico terreno di battaglia; la lirica e il teatro avevano in quegli anni una posizione minore, anche se proprio al teatro, a quello di Brecht, si debbono le formulazioni più nuove.
Il nazionalsocialismo scatenò una bufera devastatrice, inducendo al suicidio, all’emigrazione o al silenzio la maggior parte degli intellettuali tedeschi.
GLI ALTRI CAPITOLI…
Letteratura:
il primo dopoguerra |
L’arte dal neoclassicismo alla Nuova Oggettività