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Danzatrice, scenografa, costumista, regista, designer, sceneggiatrice (Salt Lake City, 19 Gennaio 1897 - 5 Giugno 1966)
Figlia illegittima, poi adottata del grande industriale di cosmetici Hudnut, Winifred Kimball Shaughnessy, cresce in un ambiente culturale ed artistico stimolante (sua zia era la celeberrima arredatrice d’interni Elsie de Wolfe). Si avvicina per la prima volta al mondo dell’arte quando a diciassette anni diventa la protégé del ballerino russo Theodore Kosloff, con cui gira l’Europa. A soli vent’anni, ma dotata di grande ambizione e di un innato gusto artistico, gira così il "Vecchio Continente" acquisendo una cultura raffinata e perfezionando il suo talento come ballerina e scenografa. Una volta tornata in America, Natacha diventa un’affermata arredatrice e scenografa grazie ad uno stile sofisticato e vagamente decadente (influenzato anche dalla sua passione per l’Art Deco), che la fa notare dalla celebre attrice russa, ora diva ad Hollywood, Alla Nazimova. Diventata una sua protetta, per la Nazimova realizza le eleganti e sfarzose scenografie dei film "La signora delle camelie" (Camille, 1921), "Casa di bambola" (A Doll’s House, 1922) e del disastroso "Salomè" (Salome, 1923), sceneggiato da lei stessa sotto lo pseudonimo di Peter M. Winters, diretto insieme a Charles Bryant (che figura esserne l'unico regista) e prodotto da Alla Nazimova (sua moglie) che quasi si rovina perché non ebbe successo. Quindi, sul set del film "La signora delle camelie", nasce la passione (dapprima non ricambiata) con l’affascinante Rodolfo Valentino, co-protagonista del film. Il sodalizio affettivo e professionale diviene stabile fra i due e Valentino ha modo grazie lei di migliorare la propria immagine. Ma il rapporto con gli studios non è facile: i litigi sono frequenti a causa della tenace insistenza, sostenuta da Valentino, di intromettersi nella realizzazione dei film. Quando le richieste (tra cui un forte aumento dello stipendio - gli attori erano scarsamente retribuiti a quel tempo) sono rifiutate, i due scioperarono e per mantenersi si esibiscono in una fortunata tournée come ballerini di tango. Dato il successo, la Paramount si vede costretta ad accettarne le condizioni e così, con la scenografia e la supervisione di Natacha, esce "Monsieur Beaucaire" (Monsieur Beaucaire, 1924). Il film, un melodramma in costume ambientato nella Francia settecentesca, non incontra il favore del pubblico, prevalentemente femminile, perché il divo vi appare con parrucca bianca, viso incipriato e modi effeminati - un personaggio distante anni luce dal passionale e rude amatore che aveva infiammato le sue fans ne "Lo sceicco" (The Sheik, 1921). Dopo un altro film che causa allo studio ingenti perdite di denaro (Natacha aveva preteso e ottenuto di acquistare arredi antichi autentici), i due sono licenziati. Poco dopo la United Artists offre a Rodolfo Valentino un contratto vantaggioso a patto che la Rambova non si intrometta e Valentino accetta. Natacha se ne va delusa a Parigi e gli fa capire chiaramente che non sarebbe tornata. Rodolfo Valentino torna al successo con film come "Aquila nera" (The Eagle, 1925) e "Il figlio dello sceicco" (The Son of the Sheik, 1926), ma l'aver perso un riferimento affettivo e professionale così importante, lo ha destabilizzato: l'abuso di alcol e bagordi, contribuiscono ad anticiparne la scomparsa. Si racconta che il 23 agosto 1926, quando Natacha apprese dai giornali che Rodolfo Valentino era morto, si chiuse in camera per tre giorni e pianse come mai prima. (Cenni biografici integrati con il prezioso contributo di Andrea Giampietro, che ringraziamo)
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Su Natacha Rambova non abbiamo trovato molte informazioni (cosa purtroppo frequente quando si tratta di donne, poco importa se talentuose), ma è spesso citata in una serie di gustosi pettegolezzi che la ricordano mondana protagonista dei primi decenni del secolo scorso. Dell’allegra e “particolare” combriccola, assieme ai suddetti, fece parte anche Rodolfo Valentino, Jane Gilder, Jean Acker e, direttamente o indirettamente, molti altri personaggi del mondo dello spettacolo e giornalistico, maschi e soprattutto femmine - l’elenco è noto, lungo e lusinghiero… Bei tempi… Dal già citato “I grandi libri del cinema” (Ed. Coged, 1977 circa), apprendiamo che Valentino fu bollato di essere effeminato e invertito. Un anonimo cronista del “Chicago Herald Examiner” coniò per lui nel 1926 un soprannome feroce ma significativo: “Piumino rosa da cipria” (Pink Powder Puff). Apprendiamo, inoltre, che Valentino sposò in prime nozze «Jean Acker, una nota lesbica, che lo caccia dal letto nuziale dandogli dell’“impotente bastardo”», otto giorni dopo, il matrimonio è annullato. Natacha Rambova, «anche lei incline alle amicizie particolari», forse per levarlo d’impiccio, diviene sua moglie nel 1922 (o 1923?), ma poiché non era ancora trascorso un anno dallo scioglimento del precedente matrimonio, Valentino fu incarcerato tre giorni per bigamia. Alla Nazimova (fra l'altro ex della Acker) approfitta della vicinanza dei due: per suscitare l’interesse di Natacha, incontra spesso Valentino e si fa passare per la sua amica del cuore. Missione compiuta: l'amore trionfa ed entrambe passano alla storia quasi più per questo che per altro. Mah?! Estromessa dopo una tournée da qualsiasi pretesa sulle scelte professionali del marito, nel 1925 lo lascia e se ne và a Parigi. Quindi, nel 1934 sposa Alvaro de Urzaiz. Nella sua brillante, eclettica e misconosciuta carriera, ha avuto come partners nella danza Theodore Kosloff, Clifton Webb, oltre a Valentino stesso, di cui ha curato per lungo tempo l'immagine. Ha disegnato con successo le scene e i costumi di molti balletti e alcuni film, anche per Cecil B. De Mille, ha scritto sceneggiature (quasi sempre firmandosi con lo pseudonimo Peter M. Winters), è stata regista, attrice, spiritista e ha svolto importanti ricerche come egittologa donando nel 1962 alcuni preziosi cimeli allo "Utah Museum of Art". A causa di una grave forma di sclerodermia, un morbo incurabile a genesi sconosciuta che si è cronicizzato nel tempo e gli ha progressivamente compromesso gli organi interni, si spenge il 5 Giugno del 1966, a soli 61 anni. C. Ricci
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