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Regista cinematografico e televisivo (Southampton, Gran Bretagna, 7 Marzo 1927)
Henry Kenneth Alfred Russell. La bizzarria e l’eccesso sono i tratti distintivi del suo stile, mentre il modo di dirigere anarchico e scanzonato fa sì che i film meno riusciti siano quasi più interessanti dei successi. Per oltre un decennio (1959-70) esercitò nei programmi culturali della BBC un’opera di svecchiamento, imponendo nuove forme espressive (il documentario con attori, ad esempio) e un singolare talento visionario e barocco, specie nella serie di ritratti d’artisti e musicisti. Dopo aver diretto alcune pellicole di minor interesse conquista la notorietà con “Donne in amore” (1969), dall’omonimo romanzo di D.H. Lawrence. Il successo gli permette di realizzare una serie di biografie più o meno immaginarie, in cui genio e sregolatezza, bellezza e dannazione si combinano con risultati contrastanti rivelandolo tra i più sorprendenti e discontinui cineasti europei: Prokofiev (Potrait of a Soviet Composer Prokofiev, 1961), Elgar (1962), Bartók (1963), Debussy (“The Debussy Film”, 1965, interpretato da O. Reed), il doganiere Rousseau (Always on Sunday, 1965), Isadora Duncan (Isadora Duncan: the Biggest Dancer in the World, 1966, il cui profilo era molto più vivo sul piccolo schermo che nel film spettacolare di K. Reisz del 1968), D. G. Rossetti (Dante’s Inferno, 1967), F. Delius (Song of Summer, 1968), R. Strauss (The Dance of the Seven Veils, 1970), quindi, ne “L’altra faccia dell’amore” (1971), racconta gli ultimi anni di Cajkovskij, in “Messia selvaggio” (1972), l’amore impossibile tra lo scultore francese G. Gaudier e la polacca S. Brzeskane, ne “La perdizione” (1974) parla di G. Mahler, mentre gli eccessivi “Lisztomania” (1975) e “Valentino” (1977), creano nuove mitologie dopo aver distrutto l’iconografia classica del musicista e dell’attore. Il suo eclettismo è testimoniato da due film, entrambi del 1971: “I diavoli”, arrogante e provocatoria evocazione delle possedute di Loudun e del tempo dei roghi - e “Il Boy Friend”, un musical spensierato stile Hollywood. Quindi, sensibile all’effetto prodotto dalla musica di ogni genere e di ogni periodo, realizza la sua personale versione dell’opera rock composta dai The Who, “Tommy” (1975), costruito con colori primari e trovate visive imprevedibili e indescrivibili - un cult. Nel suo cinema si rintracciano linee comuni (la musica e la danza, ad esempio) e comuni o personali ossessioni: traumi infantili, tensioni omoerotiche, impotenza sessuale o creativa, eccessi religiosi e sacrileghi, l'onnipresente presenza della morte. L'importanza della sua opera è andata ridimensionandosi nel corso degli anni Ottanta, in cui, dopo il successo di pubblico di “Stati di allucinazione” (1980, film interessante per l’uso degli effetti ma nel complesso abbastanza irritante che coincide con il mutare del gusto per la provocazione visiva in manierismo) e progetti visionari a parte (“Gothic”, 1986; “L’ultima Salomè”, 1988), Ken Russell è tornato a convincere con un irrisolto thriller (“China Blue”, 1984) e con un dramma apparentemente realistico sulle vicissitudini di una prostituta (“Whore - Puttana”, 1990). Negli anni Novanta gira solo due film: “Prigionieri dell’onore” (1991), ambientato nella Francia di fine Ottocento e dedicato al celebre caso del capitano Alfred Dreyfus, e “Oltre la mente” (1995), biografia di Uri Geller, visivamente geniale ma nel complesso deludente. Nella sua lunga carriera si è inoltre occupato di regie operistiche, anche in Italia.
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