Titolo
originale: |
The
Celluloid Closet: Homosexuality in the Movies |
Genere: |
Documentario |
Sezione
nel sito: |
Only
for Woman? - Documentari |
Provenienza,
anno, durata, ecc.: |
Usa,
1995, 102’, colore |
Regia: |
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Interpreti principali: Tony
Curtis, Armistead Maupin, Susie Bright, Whoopi
Goldberg, Jan
Oxenberg, Harvey
Fierstein, Quentin Crisp, Richard Dyer, Jay Presson
Allen, Arthur Laurents, Gore Vidal, Farley Granger, Stewart Stern,
Paul Rudnick, Shirley
MacLaine, Barry Sandler, Mart Crowley, Antonio Fargas,
Tom Hanks, Ron Nyswaner, Daniel Melnick, Harry Hamlin, John
Schlesinger, Susan
Sarandon ed altri.
Commento
musicale affidato alle interpretazioni di Carter Burwell e k.d.
lang.
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Il
cinema ha ormai 100 anni, e i personaggi cinematografici gay ne
hanno fatto parte fin dall'inizio, anche durante gli anni del Codice
di Produzione, quando la "perversione sessuale" era esplicitamente
proibita. Da omossessuali effeminati a vampiresse lesbiche, patetici
travestiti a predatrici sadiche, Hollywood ci ha offerto una riflessione
e una definizione del nostro modo di vedere l'omosessualità,
e di che cosa significhi essere uomo o donna. Attraverso spezzoni
da oltre un centinaio di film di Hollywood e interviste con molti
dei registi e degli attori che vi hanno lavorato, questo film ci
dà una storia epica, sorprendente, esilarante, o inquietante
per uscire dai miti ed esplorare com’è cambiato nel
corso del secolo il nostro atteggiamento nei confronti dell'omosessualità
e dei ruoli sessuali.
(Dal
catalogo della 52° mostra internazionale d'arte cinematografica) |
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Epstein e Friedman hanno mostrato l’indispensabilità del
cinema indipendente gay quando nel 1995, festeggiando così a modo
loro i cento anni del cinema, produssero e diressero “The Celluloid
Closet – Lo schermo velato”, un film di montaggio ispirato
all’omonimo saggio di Vito Russo.
Adattato
per lo schermo da Armistead Maupin (lo scrittore di “Tales of the
City”, da cui è stata tratta una fortunata serie televisiva)
e con la voce narrante di Lily
Tomlin, il film - un raro caso di un’opera ispirata
a un saggio - è nato da un desiderio dello stesso Vito Russo, il
quale morì sicuro che esso sarebbe stato portato a termine e avrebbe
ripercorso in maniera abbastanza puntuale lo schema del libro.
È
un eccellente esempio della positività del New
Queer Cinema e dell’incrollabile passione di alcuni
gay militanti che sono riusciti a trovare un budget di un milione e mezzo
di dollari e a visionare migliaia di spezzoni, alcuni dei quali recuperati
presso i più disparati archivi cinematografici. Il risultato è
straordinariamente suggestivo, a onta di qualche difetto: la mancanza
di una vera tesi centrale e di collegamenti più calzanti con la
società, in parte dovuta all’inevitabile meccanicità
della struttura, nonché la comparsa alla fine di alcuni film indipendenti,
che confondono lo spettatore su ciò che è Hollywood e ciò
che invece gli si contrappone. A prescindere da ciò, Epstein e
Friedman rendono palpabile con eleganza ed efficacia il percorso, sviluppato
cronologicamente, dell’inarrestabile, progressiva conquista di visibilità
(ma non necessariamente di credibilità) dell’omosessualità
nel cinema americano. Si va da un frammento di Edison dei primordi (1885),
nel quale due uomini ballano dolcemente al suono di un grammofono, fino
a film odierni, alcuni dei quali successivi alla scomparsa di Russo (come
“Priscilla, la regina del deserto”, “Go
Fish” o “Philadelphia”), intervallati da
interviste a personaggi celebri (registi, sceneggiatori ed attori, da
Quentin Crisp a Susan Sarandon,
da John Schlesinger
a Harvey Fierstein,
da Tony Curtis a Gore Vidal).
Gli
spezzoni tratti da 122 film, scelti e montati con particolare cura e sostenuti
dalla sontuosa musica di Carter Burwell, danno un tono epico al film,
che conforta il taglio magari troppo ottimistico (in sintonia con Russo
che ha affermato che in futuro “inevitabilmente i gay saranno accettati
e integrati nella società”) ed esalta la forte, edificante
carica emotiva del film.
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