|
||||||||
|
||||||||
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
Epstein e Friedman hanno mostrato l’indispensabilità del cinema indipendente gay quando nel 1995, festeggiando così a modo loro i cento anni del cinema, produssero e diressero “The Celluloid Closet – Lo schermo velato”, un film di montaggio ispirato all’omonimo saggio di Vito Russo. Adattato per lo schermo da Armistead Maupin (lo scrittore di “Tales of the City”, da cui è stata tratta una fortunata serie televisiva) e con la voce narrante di Lily Tomlin, il film - un raro caso di un’opera ispirata a un saggio - è nato da un desiderio dello stesso Vito Russo, il quale morì sicuro che esso sarebbe stato portato a termine e avrebbe ripercorso in maniera abbastanza puntuale lo schema del libro. È un eccellente esempio della positività del New Queer Cinema e dell’incrollabile passione di alcuni gay militanti che sono riusciti a trovare un budget di un milione e mezzo di dollari e a visionare migliaia di spezzoni, alcuni dei quali recuperati presso i più disparati archivi cinematografici. Il risultato è straordinariamente suggestivo, a onta di qualche difetto: la mancanza di una vera tesi centrale e di collegamenti più calzanti con la società, in parte dovuta all’inevitabile meccanicità della struttura, nonché la comparsa alla fine di alcuni film indipendenti, che confondono lo spettatore su ciò che è Hollywood e ciò che invece gli si contrappone. A prescindere da ciò, Epstein e Friedman rendono palpabile con eleganza ed efficacia il percorso, sviluppato cronologicamente, dell’inarrestabile, progressiva conquista di visibilità (ma non necessariamente di credibilità) dell’omosessualità nel cinema americano. Si va da un frammento di Edison dei primordi (1885), nel quale due uomini ballano dolcemente al suono di un grammofono, fino a film odierni, alcuni dei quali successivi alla scomparsa di Russo (come “Priscilla, la regina del deserto”, “Go Fish” o “Philadelphia”), intervallati da interviste a personaggi celebri (registi, sceneggiatori ed attori, da Quentin Crisp a Susan Sarandon, da John Schlesinger a Harvey Fierstein, da Tony Curtis a Gore Vidal). Gli spezzoni tratti da 122 film, scelti e montati con particolare cura e sostenuti dalla sontuosa musica di Carter Burwell, danno un tono epico al film, che conforta il taglio magari troppo ottimistico (in sintonia con Russo che ha affermato che in futuro “inevitabilmente i gay saranno accettati e integrati nella società”) ed esalta la forte, edificante carica emotiva del film. |