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Un’attrice beona, attempata e lesbica (Reid), interpreta da anni in un serial TV della BBC, “Sister George”, un’'infermiera - ma i produttori decidono di sbarazzarsi di lei a causa del suo comportamento “scandaloso”. Scaricata anche dall'amante (York), per sopravvivere si adatterà a dar voce ad una mucca in un’altra serie televisiva. L’assassinio a cui fa riferimento il titolo del film, è naturalmente metaforico.
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Da “Lo schermo velato” di Vito Russo
L'assassinio di cui parla il titolo non riguarda la morte dell'omosessualità, ma la morte della sua visibilità: gli eccessi di Sister George perdevano la loro battaglia contro il "nascondiglio". L'omosessualità era diventata un fatto della vita, e Hollywood la strombazzava, come se fosse stato il cinema ad inventarla. (...) Ogni tentativo di descrivere i gay o il mondo gay diventava immediatamente "completo e definitivo". (...) Richard Schickel scrisse su "Life" che “L'assassinio di Sister George” «ricrea tutto il mondo delle lesbiche». Dopo avere rilevato che «il film riesce davvero a penetrare nella mentalità e nell'ambiente dei diversi», Schickel aggiunse che Sister George avrebbe certamente dato al pubblico «una buona idea del demi-monde che le lesbiche condividono insieme a checche, prostitute ecc.». E scrisse anche che il film era «vischioso, meschino, ripugnante e vero». Il demi-monde in questione era il Gateways Club, un bar lesbico di Londra, in cui il regista Robert Aldrich girò una scena usando clienti regolari come comparse. Nonostante un rigido divieto alla stampa di venire sul set, la scena fu ripresa da un fotografo e le immagini apparvero su un quotidiano londinese e poi sui giornali di tutto il mondo. Uno degli effetti, racconta Aldrich, fu che la segretaria di un medico venne licenziata perché era stata individuata in una foto. Era una sorta di ironico presagio del destino della protagonista del film. Nell'adattamento di Aldrich dalla commedia, la June Buckridge interpretata da Beryl Reid è l'attrice di una serie televisiva della BBC in cui fa la "parte" di un'allegra infermiera di campagna, Sister George. Nella vita privata, George è una rumorosa e aggressiva lesbicona. La sua passione per l'alcool e le sue prepotenze provocano il suo crollo: la donna infatti perde il posto e la giovanissima amante (Susannah York) per le viscide manovre di una rapace dirigente della BBC, Mercy Croft (Carol Browne). Il crimine di George non sta nella sua diversità ma nel mostrarlo ai quattro venti: è un dinosauro che combatte contro armi modernissime. E Mercy Croft era appunto l'ultimo ritrovato nel campo delle lesbiche cinematografiche di quella stagione, con i suoi occhi da serpente perennemente socchiusi. Alla base de “L'Assassinio di Sister George” c'è lo scontro fra due modi di essere gay, uno accettabile e l'altro offensivo. Sister George viene "assassinata", perché il suo aperto lesbismo è punito e la donna è costretta a rifugiarsi nell'invisibilità. «Guardati, vecchia lesbica patetica!», grida Mercy Croft per umiliare la mascolina George. Benché di solito se ne parli come di un personaggio offensivo e cattivo, Sister George è in realtà la sola figura che nel film abbia uno spessore. L'onestà e l'apertura del suo carattere paragonate alla malvagità da fumetto della linda e sofisticata Mercy Croft e all'opportunismo senza amore di Childie fanno di George l'essere umano più completo. I critici che si sono scagliati contro il suo rapporto prepotente e quasi sadico con Childie e contro i suoi valori piccolo-borghesi e le sue furie alcoliche, non sono riusciti a vedere il suo attaccamento al lesbismo, cioè alla sua personalità. Quando George interroga sospettosa Childie su una relazione con una collega, la ragazza ribatte: «Non tutte le ragazze sono delle maledette lesbicone, sai!», George aspira lentamente il suo sigaro e sentenzia: «Questa è una disgrazia di cui sono perfettamente cosciente». Con ogni evidenza George è il solo personaggio del film per cui conti essere lesbica, e per cui sia impossibile (...) nasconderlo. Ed è anche il solo personaggio del film ad amare qualcuno senza secondi fini e la sola persona dotata di senso dell'umorismo. La descrizione della prima volta che ha visto Childie («Era come trovarsi in una foresta incantata») è l'unico discorso d'amore del film. Il suo rapporto tenero e comprensivo con una prostituta suggerisce che i suoi unici contatti umani sono con altri emarginati. Va a casa della prostituta perché ha bisogno di un posto «dove poter piangere». Il suo assalto buffonesco a due suore sul sedile posteriore di un taxi o le imitazioni al bar di Sidney Greenstreet e di Oliver Hardy sono indicazioni maliziose ma divertenti della sua natura poco convenzionale, una natura che alla fine sarà offuscata e distrutta da un mucchio di impostori. Il messaggio per George è che solo gli impostori potranno sopravvivere, che neanche per lei ci sono alternative al "nascondiglio". «Il comportamento sguaiato e l'individualismo di Sister George» dice Aldrich «rientrano nel suo carattere, non sono un prodotto del suo lesbismo. George non deve vestirsi e comportarsi così ma - al diavolo - questo è il modo in cui vuole vivere. Se ne frega della BBC o della reazione del pubblico ai suoi rapporti. È per questo che gli altri non la sopportano. Non si adatta al meccanismo». Per quello che Mercy Croft definisce «il rifiuto di George di comportarsi in maniera decente e civile», il personaggio di Sister George viene ucciso nella serie televisiva, colpito da un camion in corsa mentre guida il suo scooter nella campagna inglese. La Croft seduce poi Childie, portandola via a George, e lasciando la donna senza lavoro e senza amore. Ma l'ultimo colpo alla sua dignità è il furto della sua franchezza. Il solo lavoro che viene offerto alla matura attrice è la parte di un animale in una trasmissione per bambini, una parte per la quale la donna dovrà mettere un testone di mucca per il resto della sua carriera televisiva. Sola di notte nello studio deserto della televisione, individua la bara nera che era stata usata per il funerale di Sister George quel pomeriggio. Alza il coperchio, pensando di trovarlo pesante, e scopre che è leggero legno di balsa. «Perfino questa maledetta bara è un'imitazione!» urla, e in un accesso di rabbia impotente, comincia a distruggere luci e materiale di scena. Alla fine, esausta, si siede su una panchina di legno sul set di un piccolo paese di campagna e nell'oscurità comincia a muggire piano, un suono che diventa un urlo di disperazione. Sister George muore per i nostri peccati, e Mercy Croft si prende la ragazza. Le scelte sono fra l'invisibilità, l'accettazione delle regole e l'ostracismo. La decisione di Aldrich, adattando per lo schermo la commedia, di rendere sessualmente esplicita la seduzione di Susannah York da parte di Coral Browne provocò uno scandalo. «Dopo tutto» disse Aldrich «a differenza della versione teatrale, il film doveva far vedere il tradimento, e la storia in sé era così delicata che lo spettatore al cinema, di fronte ad un film "così ben fatto" non avrebbe mai capito su cosa diavolo era». Quando aveva girato “Quelle due” nel 1962, Pauline Kael aveva osservato che il pubblico provava dispiacere per la povera Martha Dobie, perché «in fondo Karen e lei non facevano niente», e la Kael aggiungeva con un tono comprensivo: «Ho sempre pensato che le lesbiche hanno bisogno di comprensione per questo: perché non possono fare molto». Sei anni dopo, quando Aldrich girò “L'assassinio di Sister George” con 119 secondi di pellicola che mostravano esattamente cosa potevano fare le lesbiche, la recensione della Kael si intitolò: “Spaventando i cavalli”. La scena della seduzione venne tagliata in parecchi Stati, fra cui il Connecticut e il Massachusetts per violazione alle leggi sull'oscenità. Eppure la valutazione X del film non era un effetto della scena incriminata, che Aldrich avrebbe anche tagliato purché il film potesse uscire con una R. «Dopo qualche giornata disastrosa allo Ziegfield Theater di New York, ho chiamato il mio vecchio amico Jean Dockerty, che era a capo dell'amministrazione del Codice, e gli dissi: "Va bene, farò quei tagli". "È troppo tardi" rispose "Jack Valenti mi ha detto che il film avrà una X indipendentemente da quello che farai tu". Il motivo della X era esclusivamente il soggetto. Per il film fu una specie di marchio. Poteva anche essere bellissimo, ma era un film pornografico, perché aveva una X. “Le ragazze Pon Pon” aveva la X e “L'assassinio di Sister George” aveva la X: nessuna differenza. E la speranza, con queste valutazioni, di competere con i registi stranieri per il mercato adulto andò giù per il gabinetto.» Come la sua protagonista, il film di Aldrich era un capro espiatorio: le riprese erano cominciate con il vecchio sistema del Codice, che comportava il visto di approvazione, e furono finite con il nuovo sistema di valutazione. Distribuire il film senza il visto avrebbe avuto effetti meno dannosi della valutazione X. Era un periodo di transizione anche per i film. Effettivamente, “L'assassinio di Sister George” ebbe la X unicamente per il soggetto. Eppure meno di un anno dopo “Un uomo da marciapiede” avrebbe vinto l'Oscar per il miglior film dell'anno, nonostante la X. (...) Andrew Sarris, nella recensione de “L’Assassinio di Sister George”, aveva scritto che «non si può tirar fuori una tragedia da una psicologia anormale». Ma aveva ignorato il fatto che la maggior parte delle figure tragiche della letteratura e della storia erano in realtà anormali secondo i parametri della società e che in realtà sia “L'assassinio di Sister George” sia “Festa di compleanno per il caro amico Harold” sono tragedie. La maggior parte dei critici eterosessuali si coprono gli occhi, quando sullo schermo si parla di omosessualità, e tendono a considerare anormale il tema stesso. Vedi anche la scheda “Scontare l’infamia”.
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Dalla pièce omonima di Frank Marcus.
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• L’edizione originale, ripubblicata in DVD, dura 139’. |