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Regista e produttore (Los Angeles, 5 aprile 1926)
William Corman è, fra il 1953 e il 1954, il fondatore della «Factory» (American International Pictures), la celebre casa di produzione divenuta un crogiuolo di idee e di invenzioni, una specie di inarrestabile macchina da cinema che ha allevato e imposto una nutrita schiera di cineasti che si sono distinti per il gusto della ricerca linguistica e un grande senso dello spettacolo. L'importanza di Roger Corman regista è quindi minore rispetto a quella di produttore e scopritore di talenti: uomini come Peter Bogdanovich, Francis Ford Coppola, Monte Hellman, Martin Scorsese, Curtis Harrington, Paul Bartel, Dennis Hopper, Michael Miller, Jonathan Demme, Jonathan Kaplan e Jack Nicholson, devono in parte a lui la propria carriera. Appena finita la guerra, studia alla Stanford University, poi a Oxford in Inghilterra e subito dopo inizia a collaborare con la 20th Century Fox, prima come fattorino e poi come revisore dei soggetti. Nel 1954 il suo nome appare per la prima volta nei «credits» di un poliziesco, “FBI Operazione Las Vegas” di N. Juran. Successivamente scrive, sceneggia, dirige e produce oltre un centinaio di film, innovando i sistemi di finanziamento, sconvolgendo i tempi di realizzazione e, soprattutto, sperimentando linguaggi nuovi e talenti freschi: una massa di B-movies sempre in grado di cogliere le pulsioni sotterranee del pubblico americano e di anticipare largamente Hollywood, film non scevri da cadute di gusto, e tuttavia capaci di raggiungere anche straordinari livelli, come è il caso delle opere tratte da E. A. Poe. Al famoso “La rovina della casa degli Usher” è infatti ispirato “I vivi e i morti” (1960), che rappresenta una sorta d'accelerazione nella sua carriera, con critiche entusiastiche e grande riscontro di pubblico: Corman mostra una mano registica magistrale, un uso del colore altamente espressivo e una direzione degli attori molto efficace (straordinaria l'interpretazione di V. Price). Il film è nettamente superiore a qualsiasi produzione media di serie B, con un'atmosfera rarefatta, un'angoscia sottile e un senso di lunare terrore. In seguito gira altri sei film dalle opere di Poe, esplorandone lo humour nero-grottesco e trovando una vena di sottile comicità. Colto e raffinato, capace di pensare per immagini e con il tocco di classe del maestro artigiano, dirige in seguito film graffianti, acidi, capaci di scavare nel fondo torbido del grande corpo americano, quali il pamphlet antirazzista “L'odio esplode a Dallas” (1961), “I selvaggi” (1966), sulle pulsioni naziste di certe bande di motociclisti, oppure “Il serpente di fuoco” (1967), sulla diffusione delle sostanze allucinogene nei roventi anni '60. Pratica anche nervose incursioni nel gangster-movie con “Il massacro del giorno di San Valentino” (1967) e “Il clan dei Barker” (1970), ma ritorna all'horror con “Frankenstein oltre le frontiere del tempo” (1990).
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Su un dizionario abbiamo trovato recensito un film dal titolo "Valentino" a firma di Roger Corman - stesso titolo, stesso soggetto, stesso anno di produzione del film "Valentino" di Ken Russell. Nonostante le approfondite ricerche non ne abbiamo trovato traccia altrove. Legittimo pensare che si tratti di un errore, per questo non includiamo questa pellicola nella sua filmografia.
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