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Venerdì 26-Gen-2007
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Introduzione alla lettera aperta di Francesca Grossi
Maggio 2005
Questa pagine ospitano, per generosa concessione di Cinzia Ricci, una mia lettera aperta scritta tre giorni dopo la notizia dell'aggressione di due giovani gay a Roma, avvenuta sabato 23 aprile 2005, il racconto ed il commento delle risposte ricevute, ed alcune considerazioni sui temi aperti dalla lettera. La notizia è stata riportata da “La repubblica” il 24.4.2005. Dopo due giorni di esplorazioni, sulle rassegne stampa e sui siti ufficiali delle associazioni, per cercare, senza grandi risultati, tracce di una qualche espressione, presa di posizione, commento, riflessione, da parte del movimento LGBT ho deciso di smettere di chiedermi perché e di andarlo a chiedere in giro. Per dovere di cronaca, il solo comunicato di denuncia, tempestivo, è venuto dal Mario Mieli di Roma, poi fino a tre giorni dopo l'accaduto, nessuna novità. Così ho scritto la lettera aperta. Una lettera di denuncia, ma soprattutto interrogativa, sui motivi che portano alla latitanza e sugli obiettivi che il movimento LGBT si è dato, oggi stretto sul Pacs, quando appare urgente ridare impulso ad una rivendicazione, ormai lasciata indietro: la richiesta di leggi contro le discriminazioni verso i differenti orientamenti sessuali ed identità di genere. Scritta con la voglia di capire meglio, ma anche con l’ambizione di essere da stimolo per iniziative o comunicati. Ho ricevuto alcune risposte, da Arcilesbica, Arcigay, Gayroma.it, Dì Gay project, Crisalide Azione Trans, Pasquale Quaranta, Saverio Aversa, alcune più formali, altre più dirette, brevi o con analisi, più o meno crude. Ringrazio tutti di cuore. Gaynews.it ha pubblicato la mia lettera, mi è stata segnalata l’interrogazione parlamentare di Elettra Deiana, mi è arrivato un nuovo comunicato di denuncia da parte dei Gay liberali e aspetto di vedere pubblicato un bell'articolo che mi è stato inviato da Saverio Aversa, immediatamente la notte che ho diffuso la mia letterina. La mia lettera, “accorata”, come alcuni l’hanno definita, non è che una piccola azione, sostenuta senz’altro da una spinta emotiva (quindi accetto senz’altro questa definizione), che pone tuttavia degli interrogativi importanti, dove le risposte non possono essere né immediate né semplici. Sulle risposte ricevute soprattutto riporto di aver sentito una sofferenza analoga alla mia, la registrazione di uno stato di cose desolante, non tanto sul piano dei risultati, dove chi ha esperienza di determinate battaglie, sa che la pazienza e la perseveranza sono le virtù da esercitare, ma sulle difficoltà materiali, scarsità di mezzi e di persone, e soprattutto sulla scarsa coesione del movimento e scarsa condivisione di obiettivi. Nella risposta di Mirella Izzo di Crisalide Azione Trans, l’idea di creare un coordinamento in rete per la diffusione tempestiva delle notizia e per la stesura immediata di comunicati congiunti delle associazioni. Nel 2004 abbiamo avuto un Pride unicamente focalizzato sul PACS, quest’anno accadrà la stessa cosa, anche se si sentono sempre di più espressioni a favore dell’allargamento del fronte delle rivendicazioni. L’istituzione della giornata mondiale contro l’omofobia ha rimesso in moto alcuni ragionamenti, forse più dell’ennesima notizia di violenza omofobica, a Battipaglia ai danni di Pasquale Quaranta (leggi la rassegna stampa in "ATTUALITÀ e CRONACA") e del suo amico, a cui va tutta la mia simpatia, per la paura vissuta e per il coraggio di denunciare. Mi interrogo su quale sia stato il processo che ha portato a rinnovare questa scelta che già l’anno passato fu foriera di polemiche e lacerazioni, mi interrogo sulle modalità di costruzione e di condivisione degli obiettivi. Mi domando se non sia possibile entrare in un fase di confronto tra tutte le istanze di questo movimento, comprese le persone alle prese con i problemi quotidiani, per una analisi approfondita sulle urgenze e sui reali bisogni del popolo LGBT. Ragionando entro il mio raggio d’azione, che è quello di una persona attiva, ma non ufficialmente militante, non volendo considerare l’opera quotidiana di militanza, che ognuno di noi compie testimoniando ,con la propria esistenza, la possibilità di un modo differente di amare e di stringere relazioni sociali, voglio portare un’ultima riflessione sull’attivismo politico. L'attivismo politico, soprattutto quando è fatto allo scopo di ottenere diritti per una categoria sociale è fatto di partecipazione. Il movimento siamo noi, le associazioni non sono nulla senza le persone che portano idee ed azioni. Io non milito in alcuna associazione, per motivi che sono in ordine al mio modo di essere ed anche alla mia disponibilità, ma evidentemente non disdegno il confronto con chi presta la sua opera e le sue idee, e mi sento dentro un movimento che porta avanti le richieste delle persone LGBT. Per questo mi sono sentita di chiedere, per questo, anche, mi sono arrivate delle risposte. Questo soprattutto voglio testimoniare con queste pagine, le mie opinioni sono relative, certo non trascurabili, altre opinioni, più autorevoli, possono dare un contributo importante alla formazione di una coscienza individuale e sociale. A chi è padrone di questa autorevolezza il compito di tentare di raggiungere colori ai quali si vuole dare rappresentanza. Occorre agire, sicuramente, ma mi sembra tanto, tanto importante che ci si esprima in tanti, anche dicendo piccole cose, o che anche solo si alzi la manina, per chiedere perché, o per far circolare nuove idee e nuove energie. |
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