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Mercoledì 02-Set-2009
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Di C. Ricci - 19 Febbraio 2006
Chi segue il mio lavoro, i miei editoriali e interventi sul tema dei diritti negati, sa che da tempo contesto, non tanto la campagna in favore dei PACS, legittima ma insufficiente, quanto la mancanza, appunto, di una politica a più ampio ed alto profilo, l’assenza di istanze e pressioni, ad esempio, affinché il governo italiano recepisca e introduca nel codice penale una legge che definisca con chiarezza, e perciò punisca in modo specifico, i reati motivati da omo/lesbo e transfobia, nonché modifichi la vergognosa e palesemente discriminatoria Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, DECRETO LEGISLATIVO 9 luglio 2003, n. 216, art. 3 (Ambito di applicazione) ai punti 3, 4, 5, 6, e art. 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti). Il PACS non si tocca! IL PACS, prima di ogni altra cosa! Un po’ come fare le nozze coi fichi secchi… Da quando il “movimento” si è appiattito su quest’unica battaglia (quasi che tutto il resto fosse risolto o non fosse altrettanto se non più importante), chi ha sollevato dubbi e critiche è stato guardato con sospetto, talvolta trattato da disfattista, contagioso pessimista. Eppure, bastava un pizzico di buon senso, un briciolo di consapevolezza, per sapere, capire, che nessun governo (né di destra, né di centro, né di sinistra) avrebbe tradito le aspettative dell’elettorato cattolico e dei suoi manovratori. Non viviamo in uno stato di diritto e questa non è una Repubblica democratica, laica, libera e indipendente, sovrana. Nessuna coalizione, nessun partito, nessun esponente politico, può aspirare a governare senza prendere ordini, senza accontentare, senza rendere conto del suo operato alla chiesa cattolica, allo stato Vaticano, ai suoi ministri. Noi facciamo parte dell’Europa, non loro - e poiché sono loro che decidono per noi… Ho sempre ritenuto i Pacs (che pure, da persona ragionevole, ho sottoscritto) un compromesso al ribasso un po' offensivo, per certi aspetti pericoloso in quanto, nella sostanza, avvalla la volontà di dividere i cittadini fra meritori, conformi, di serie “A”, e immeritori, difformi, di serie “Z”. Perché differenziare, creare ghetti, riserve in cui confinare, schedare le persone in base al loro orientamento affettivo, al loro credo religioso? Non sarebbe, in uno stato di diritto autentico, reale, più logico e giusto, scontato, che OGNI cittadino potesse liberamente scegliere la forma giuridica delle proprie relazioni? Domanda retorica. Ovvio che no. Là dove i diritti non sono altro che privilegi di alcuni a discapito di altri, non ci si può aspettare niente di diverso rispetto a quello che c'è, vale a dire: nulla. Di più, anzi, peggio. Mentre intorno a noi migliaia di persone LGBT* venivano quotidianamente emarginate, picchiate, insultate, schernite, licenziate, mobbizzate, sfruttate, ricattate, stuprate e ammazzate, abbiamo finto di non vederle, ci siamo raccontati che non erano poi così tante per cui non valeva la pena sprecarci per loro, ci siamo detti che non erano abbastanza importanti, degne del nostro impegno, dei nostri sforzi, abbiamo investito tutto il tempo, tutte le risorse e le energie per chiedere i PACS! Le abbiamo lasciate completamente sole e poi ce ne siamo andati nelle piazze a baciarci di fronte alle telecamere! Siamo andati in TV a fare i fenomeni da baraccone o ad ostentare sicurezza e normalità, a difendere una battaglia a senso unico, comprensibilmente incomprensibile, senza minimamente preoccuparci, interessarci, della voragine legislativa e culturale nella quale devono barcamenarsi i signori Nessuno e le signore Niente in quest’assurdo paese. Ora che siamo stati scaricati, che finalmente ci hanno mostrato quanto scarsamente contiamo, quanto gliene frega delle nostre dichiarazioni di voto (i politici e i preti sanno perfettamente che dentro le cabine elettorali gli interessi personali, pratici, non ideologici, hanno il sopravvento sul buon senso, sulle questioni di principio, sul bene collettivo), cosa gli rispondiamo, cosa gli diciamo? Scusate, ci siamo sbagliati? Abbiamo fatto male i conti? Pensavamo di essere più furbi? Pensavamo che se si passava dalla porta di servizio alla fine ci avrebbero lasciato entrare? Pensavamo che la vicinanza con l’Europa avrebbe riempito la voragine, avrebbe avuto un peso, ci avrebbe risparmiato un po’ di fatica, avrebbe imbottito di contenuti il contenitore vuoto che siamo? Aver usato i PACS per ottenere visibilità, legittimazione, un riconoscimento esplicito o implicito dell’omosessualità, è stato un errore politico ed una scorrettezza, grave – nonché un clamoroso e dannoso autogol. I diritti non sono una sciocchezza, una partita a poker da giocare sulla pelle di chi non ce l’ha o non potrebbe usufruirne quand’anche vi fossero. Non ci si siede ad un tavolo da gioco frequentato da bari professionisti se non si ha più di un asso nella manica. Le mezze tacche sono destinate ad essere buggerate, non prima di aver perso tutto quello che hanno puntato. Dovranno renderne conto perché sul piatto non hanno messo solo i loro personali interessi, le loro personali risorse, richieste, motivazioni, ma anche, soprattutto, le nostre – sebbene non proprio le stesse! I rappresentanti LGBT* e le associazioni che li sostengono, prima ancora di accusare la controparte di aver tradito un impegno che ovviamente non poteva e non voleva onorare, dovrebbero interrogarsi sulle proprie responsabilità, sulla propria inconsistenza, presunzione, vanità e stoltezza. A mio avviso dovrebbero fare autocritica e trarne le conseguenze. Se in futuro vorranno servire a qualcosa, se vorranno divenire quegli interlocutori credibili che millantano d’essere, dovranno dimostrare ben altro spessore umano, intellettuale e politico. Altrimenti che si facciano da parte, o almeno ci risparmino il loro teatrino, i loro strepiti, le loro inutili proteste, lamentele, minacce. Non ci crede e non le capisce nessuno - a ragione. C. Ricci |
Francesco Rutelli, Piero Fassino e Fausto Bertinotti
Di C. Ricci - 20 Febbraio 2006
Egregio Signor Prodi, non so se leggerà questa mail, francamente non credo - lo faranno altri, alquanto irritati, chiedendosi: "Ma cosa vogliono ancora 'sti froci?". Lei non può nemmeno lontanamente immaginare come ci si sente ad esserlo, in Italia - in un paese che si permette di dividere i suoi cittadini fra buoni e cattivi, degni e indegni, dove, di omosessualità, si muore. Una lenta, inarrestabile morte civile che, spesso, prelude quella fisica. Peccato. Le farebbe bene farsi un giro nella nostra vita, nella mia vita. Capirebbe cose che probabilmente ora le sfuggono o non crede possibili. Capirebbe cosa si prova ad essere minacciate e stuprate perché donne, lesbiche, impegnate a chiedere rispetto, uguaglianza, in un paese che si rifiuta con tutte le sue forze di vedere, riconoscere, capire, che, di fatto, legittima e non punisce le disparità, l'odio, la violenza, l'arbitrio. Mi è stato chiesto di inviarLe una lettera preimpostata per comunicare a Lei e alla coalizione che rappresenta, tutta la riprovazione per non aver incluso nel Suo/Vostro programma il riconoscimento giuridico delle unioni civili e per chiederle, prima che non sia più possibile farlo, di ritornare sui suoi passi. La sottoscrivo, certo, ma non la copierò e incollerò - non occorre, ne conosce già il contenuto e le ragioni. Non lo farò perché sono consapevole che non gl'importa. Il dado è tratto, i giochi sono fatti - sulla nostra, sulla mia pelle. Intendo andare oltre, signor Prodi. Voglio farLe notare le conseguenze del Suo/Vostro dispregio, indifferenza, dell'assenza, nel Suo/Vostro programma, di una politica inclusiva che realmente riconosca e tuteli le persone LGBT* dalle molte, troppe discriminazioni e violenze che subiscono. Poco m'interessa dei Pacs, specie quelli nei quali avete pensato di confinarci come fossimo molesti appestati. M'interessa, invece, constatare che non vi è la volontà di portare il nostro devastato e arretrato paese ad un livello di civiltà accettabile, sopportabile, condivisibile. Non vi è la volontà reale di affrancarlo dalle ingerenze della chiesa cattolica, farne, finalmente, quello stato di diritto laico, democratico, libero, indipendente e sovrano come date ad intendere che sia ma come in effetti non è più - da un pezzo - e come non diverrà, non grazie a voi, almeno. Il governo di centro-destra ci ha riportati indietro di sessanta/settanta anni. Voi dimostrate di volerci lasciare lì. Voi state consegnando il paese intero e, soprattutto, la sua minoranza gay, lesbica e transessuale già storicamente perseguitata, alla pira degli integralisti, dei nazi-fascisti, dei peggiori omofobi. State sbagliando tutto. Campagna elettorale e contenuti. Che vinciate, cosa niente affatto scontata, o perdiate - avrete comunque la responsabilità quantomeno morale di ogni abuso, ogni violenza, ogni ingiustizia compiuta su ogni singola persona anche da Voi ritenuta non abbastanza conforme, adeguata, degna di rispetto, tutela, pari diritti e opportunità. Lasciando decidere a Ruini o chi per lui, quali diritti e a chi elargirli, estenderli, o limitarli, voi abdicate, tradite il mandato dei vostri sostenitori ed elettori, la nostra fiducia e le nostre speranze. Voi create un precedente, gravissimo e pericolosissimo. Vi rendete complici dimenticando che a far patti con il diavolo non c’è guadagno – quando vi presenterà il conto, non potrete dirgli di no. Bravi. Grazie. Per il poco che conta, ce ne ricorderemo. Cinzia Ricci |
Le risposte dei destinatari
(Mail ricevuta il 21 Febbraio 2006) Cara Cinzia, grazie innanzitutto per non avere usato solo il form prestampato che gira su internet in questi giorni. Credo davvero che sulle unioni civili la posizione di Romano Prodi sia chiara, un grande passo in avanti rispetto alle politiche miopi e conservatrici del centrodestra. Certo, puo' non sembrare abbastanza, ma e' comunque una svolta. Non vale la pena crederci? Con stima Lelio Alfonso (organizzazione@romanoprodi.it - www.incontriamoci.romanoprodi.it)
(Mail ricevuta il 21 Febbraio 2006)
Rispondo
alla e-mail e ringrazio di avermi voluto manifestare le considerazioni
su coppie di fatto e PACS. 1.
E’ del tutto evidente per noi che uno Stato laico debba garantire
e tutelare le scelte di vita di ogni persona. E, dunque, uno Stato
laico deve offrire leggi e strumenti di tutela per chi ha scelto
liberamente e consapevolmente una convivenza di fatto. 2.
Nell’Unione di centrosinistra vi sono tuttavia forze che –
pur riconoscendo la necessità di offrire tutela a chi ha
scelto la convivenza di fatto – non condividono l’adozione
dei PACS e propongono altre soluzioni. 3.
Il testo, del Programma recita: “L’Unione proporrà
il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà
alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire
natura e qualità di un’unione di fatto, non è
dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento
sessuale. Va considerato piuttosto, quale criterio qualificante,
il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali e di solidarietà),
la loro stabilità e volontarietà”. 4.
Più in generale è priorità politica dei DS
battersi perchè trovino piena affermazione e riconoscimento
i diritti civili e personali di ogni individuo. In un sistema educativo capace di riconoscere anche la funzione delle scuole private continueremo a sostenere la centralità della scuola pubblica e della laicità. Come
si vede il nostro impegno sui temi dei diritti civili e delle laicità
è pieno e convinto. E non ha, dunque, fondamento pensare
che questi temi siano prerogativa di altri. Piero Fassino (segreteriapolitica@dsonline.it) |
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