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Da “Lo schermo velato” di Vito Russo
"Lot in Sodom" è un film sperimentale di livello molto alto. Descrive la condanna e la distruzione della città biblica a tinte fosche, con qualche venatura razzista, ma con un risultato di grande interesse. Il film venne accolto bene, sia pure a malincuore, dagli intellettuali per le sue innovazioni artistiche, ma il tema, quasi mai citato dai critici, venne condannato dai pochi che ne parlarono. Secondo Jack Babuscio, il critico cinematografico di Gay News di Londra, il critico inglese Norman Wilson scrisse nel 1934: "Dobbiamo accogliere favorevolmente questo film per i suoi sforzi sperimentali, ma deploriamo la scelta del tema e la decadente artificiosità del modo in cui viene sviluppato". "Salomè" e "Lot in Sodom" rappresentavano ambienti esotici in modo assai abile, ma i costumi, gli atteggiamenti, l'artificiosità di fondo erano lontani dalle attese di un pubblico più vasto, incapace di trovare un punto di riferimento a causa degli eccessi visivi di questi film. Si preannunciava già allora l'artificiosità camp degli anni Sessanta, ed è significativo che il revival della "Salomè" sia stato sostenuto da una super-star di Andy Warhol: il grande pubblico infatti ha cercato di etichettare il significato di Warhol, proprio come aveva fatto con le artificiosità della Nazimova, senza riuscire ad afferrare, oggi come allora, l'audacia di questi giochi.
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"Lot in Sodom" è considerato il primo film a tematica gay e sembra che sia stato scoperto da Barbara Hammer agli archivi George Eastman. |