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Aggiornato
Venerdì 26-Gen-2007
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La Chiesa tende a influenzare le scelte legislative del nostro Paese, specie per i temi di carattere etico. Ed è opportuno che lo faccia. Cercando però di limitarsi a indicazioni di carattere generale, senza condizionare i partiti o i singoli parlamentari. Sono le opinioni della maggioranza degli italiani. Ma il dato relativo al complesso della popolazione cela differenziazioni significative tra i diversi segmenti. In particolare, la contrapposizione fra chi dichiara di non recarsi mai alle funzioni religiose e chi, viceversa, va a Messa regolarmente. Che vede i primi fortemente contrari a quelle che chiamano «ingerenze» della Chiesa. La medesima frattura è rilevabile riguardo al merito dei Pacs. Che hanno destato interesse tanto che, di fronte alla richiesta di un’opinione, le risposte «non so» sono quasi inesistenti: 2-5%, a fronte del 20- 30% riscontrabile per le questioni puramente politiche. Nel merito, si rilevano giudizi assai diversi riguardo alle unioni eterosessuali rispetto a quelle gay. Più della metà della popolazione (55%) è favorevole ad attribuire ai conviventi non sposati gli stessi diritti che hanno le coppie coniugate. E un altro 25%, pur negando tutti i privilegi di queste ultime, vorrebbe comunque accordarne qualcuno. Persino tra i cattolici praticanti, la maggioranza è favorevole a concedere tutti (42%) o alcuni (29%) diritti alle coppie conviventi non sposate. Diversa è la posizione sugli omosessuali. Il 70% respinge l’ipotesi di «matrimonio» tra coppie gay. Il diniego risulta ancora più diffuso (74%) se si tratta di concedere loro di adottare figli. L’ostilità cresce al diminuire del titolo di studio. Mentre l’atteggiamento favorevole risulta più diffuso all’abbassarsi dell’età. Com’era prevedibile, i votanti per il centrosinistra si mostrano relativamente più «aperti» verso le coppie gay. Ma anche tra essi, persino tra gli elettori di Rifondazione, prevalgono i contrari al riconoscimento di uno status totalmente equiparato agli sposati eterosessuali. Insomma, l’avversione ai «matrimoni» tra gay è trasversale, sia pure con diverse accentuazioni nei vari segmenti della popolazione. Il quadro muta se si evitano di utilizzare i termini «matrimonio» o «adozione», che assumono evidentemente significati simbolici, e ci si limita a interrogare l’intervistato sulla «concessione di diritti». Beninteso, anche in questo caso solo poco più del 20% ritiene opportuno equiparare la normativa delle unioni gay a quella goduta dagli eterosessuali sposati. Ma un altro 25% accetta di concedere loro qualche diritto. Insomma, è soprattutto il termine «matrimonio» a evocare valori e sentimenti che la cultura prevalente del nostro Paese ritiene non trasferibili alle coppie gay. Quando non si parla di vero e proprio «matrimonio», la popolazione si divide in due settori di grosso modo la stessa ampiezza: il primo comunque ostile alla assegnazione di qualunque riconoscimento; il secondo orientato in qualche misura ad ammetterne. L’opinione si differenzia di nuovo soprattutto in relazione alla pratica religiosa: tra coloro che dichiarano di recarsi regolarmente alla Messa, quasi due terzi sono in ogni caso contrari alla concessione di diritti. Su tutta la questione sembra riaffacciarsi dunque una spaccatura che si sovrappone (e appare talvolta prevalente) alla tradizionale contrapposizione fra destra e sinistra: quella, antica, tra laici e non.
LA FERMA presa di posizione dell’Osservatore Romano, in seguito alle dichiarazioni del leader del centrosinistra Romano Prodi, ha riportato prepotentemente al centro del dibattito politico il tema del cosiddetto patto civile di solidarietà. L’opinione pubblica italiana si mostra, in generale, favorevole: due persone su tre si dicono d’accordo sulla possibilità di estendere ai conviventi parte dei diritti finora riservati alle coppie sposate. Il giudizio è diverso, tuttavia, e in certa misura indipendente, sulla questione delle unioni omosessuali. E’ quanto emerge da un’indagine dell’Atlante Politico Demos-Eurisko, che ha sondato, per La Repubblica, le opinioni di un ampio campione di cittadini. Gli italiani sembrano esprimere, in linea generale, grande disponibilità verso una norma che, sulla scia del Pacs francese, estenda ai legami di convivenza - qualora formalizzati - parte delle garanzie e dei diritti rimasti, fino ad oggi, una prerogativa del vincolo matrimoniale. Una porzione consistente (e crescente) della popolazione (il 64%) si schiera a favore di un provvedimento di questa natura. Si tratta di una opinione diffusa, in particolar modo, nei settori più giovani e istruiti della popolazione (raggiunge l’80% tra i laureati), e, in generale, fra gli elettori del centro-sinistra (73%, con una punta dell’87% presso l’elettorato di Rifondazione Comunista). L’orientamento favorevole al riconoscimento dei diritti delle persone conviventi appare però molto diffuso in tutti i settori della popolazione. Esso risulta maggioritario anche tra chi si colloca politicamente nel centrodestra (55%), così come tra i cattolici praticanti (51%, tra chi va in chiesa tutte le settimane o quasi). Se l’attenzione si sposta sul nodo delle coppie omosessuali, però, emergono opinioni molto diverse. Pacs e matrimonio gay, in questo caso, appaiono (agli occhi dell’opinione pubblica) prospettive quasi sovrapposte, che vengono rifiutate da due intervistati su tre. Appena il 31% del campione interpellato ritiene che l’accesso a unioni di questo tipo dovrebbe essere garantita a persone dello stesso sesso. Su questa valutazione sembra pesare, in modo evidente, il basso livello di informazione esistente sul tema, che porta molti intervistati a confondere l’allargamento del patto agli omosessuali con l’istituzione, in Italia, del matrimonio gay. Basti osservare, a questo proposito, come la percentuale di favorevoli all’introduzione del matrimonio omosessuale si attesti su livelli appena inferiori a quello osservato per il patto civile di solidarietà (29%). Proprio su tale confusione sembrano fare leva gli oppositori del pacs, che, non a caso, in settimana, hanno accostato, a più riprese, le posizioni di Prodi a quelle del premier spagnolo Zapatero.
Nota metodologica
I dati sono stati rilevati nell’ambito del 4° Atlante Politico Demos-Eurisko, di prossima pubblicazione. Il sondaggio è stato effettuato, nei giorni 13-15 settembre 2005, da Eurisko su incarico del Gruppo L’Espresso. Le interviste sono state condotte con il metodo CATI su un campione di 1542 persone, rappresentativo per i caratteri socio-demografici e la distribuzione territoriale della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni. Demos & Pi ha svolto la redazione del questionario e l’analisi dei dati. L’Atlante politico è curato da Ilvo Diamanti, insieme a Fabio Bordignon, Roberto Biorcio e, per Eurisko, Rosalba Rattalino. Documento completo su www.agcom.it. |
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