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Venerdì 26-Gen-2007
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Ottobre 2004
Care amiche, è con grande dolore che condividiamo con voi la notizia del brutale stupro ed assassinio di Fanny Ann Eddy. Fanny Ann è stata attaccata negli uffici del SLLAGA, l'associazione Gay e lesbo della Sierra Leone fondata e diretta da lei, la notte di Mercoledì 29 settembre. Gli assaltatori sono entrati con la forza negli uffici dove Fanny Ann, quella notte, stava lavorando da sola. Stando a quanto detto è stata stuprata e le è stato spezzato il collo. 5 Ottobre 2004 - Il governo della Sierra Leone dovrebbe portare alla giustizia i responsabili del brutale omicidio di Fanny Ann Eddy, fondatrice del Sierra Leone Lesbian and Gay Association e attivista lesbica conosciuta in tutta l'Africa, ha detto Human Rights Watch. Eddy è stata trovata morta la mattina del 29 Settembre. Mentre lavorava da sola negli uffici dell'associazione la notte precedente, i suoi assalitori sarebbero entrati nell'edificio, stuprandola, pugnalandola e spezzandole il collo. "Fanny Ann Eddy era una persona di straordinario coraggio e integrità, che ha letteralmente dedicato la sua vita ai diritti umani," ha detto il direttore di HRW per le questioni GLBT. "Ripetutamente, nel suo paese e anche altrove, ha attirato l'attenzione sui maltrattamenti, le discriminazioni e la violenza che i gay e le lesbiche subiscono in Sierra Leone. Adesso è stata uccisa negli uffici dell'organizzazione da lei fondata, e c'è il sospetto che sia diventata lei stessa vittima dell'odio." Eddy ha fondato l'associazione nel 2002. Il gruppo forniva assistenza sociale e psicologica ad una comunità timorosa e nascosta. Eddy stessa, tuttavia, era una figura visibile e coraggiosa, faceva pressione sui ministri per risolvere i problemi delle violazioni dei diritti umani e quelli sanitari della comunità GLBT. In Aprile, Eddy ha fatto parte di una delegazione di attivisti per i diritti sessuali che Human Rights Watch e International Gay and Lesbian Human Rights Commission (IGLHRC) hanno aiutato a intervenire nella sessione annuale della Commissione sui Diritti Umani dell'ONU a Ginevra. Eddy ha incontrato la delegazione del suo governo, e ha testimoniato presso Commissione sui diritti degli omosessuali in quella che ha definito "la mia amata Sierra Leone" "Subiamo costantemente maltrattamenti e violenze dai vicini e dagli altri," ha detto alla Commissione. "I loro attacchi omofobici rimangono impuniti dalle autorità, incoraggiando ulteriormente il loro trattamento discriminatorio e violento sulle lesbiche, i gay, i bisessuali e i transessuali." Eddy e la sua organizzazione hanno documentato maltrattamenti, linciaggi e arresti arbitrari di omosessuali e transessuali in Sierra Leone. La Sierra Leone sta uscendo da un periodo devastante di guerra civile conclusa nel 2002. La guerra era caratterizzata da violazioni dei diritti umani da entrambe le parti ma specialmente dai ribelli che perpetravano stupri, uccisioni, torture e amputazioni di arti. Nonostante il disarmo di 47 mila combattenti e il riuscito completamento delle elezioni presidenziali e parlamentari nel 2002, le questioni che hanno dato origine al conflitto (corruzione endemica, debole stato di diritto, povertà e l'ineguale distribuzione delle risorse naturali del paese) rimangono tuttora non risolte dal governo. Se prima del conflitto c'erano gravi problemi con la Polizia e il sistema giudiziario, la guerra civile li ha peggiorati. La comunità internazionale, specie il Regno Unito, ha investito fortemente per addestrare la polizia e riabilitare il sistema giudiziario, tuttavia numerosi problemi rimangono. Mentre ci sono stati molti miglioramenti nel comportamento della polizia, sono state denunciate estorsioni, corruzione e condotta non professionale. C'è un numero insufficiente di magistrati, giudici, pubblici ministeri ed edifici giudiziari che hanno condotto a gravi ritardi nel sistema. Le detenzioni estese e illegali di centinaia di sospetti criminali, molti senza le garanzie del giusto processo sancite dalla costituzione, è anche un problema chiave. Le autorità in Sierra Leone devono investigare questo crimine, ha detto HRW. Devono mandare il messaggio alla comunità omosessuale che la violenza contro loro non rimarrà impunità. * * * Ad oggi, 19 Giugno 2005, non ci risulta che gli assassini di Fanny Ann siano stati assicurati alla giustizia.
BATTAGLIE DI TENACE CONSERVAZIONE I messaggi di chiusura e di condanna hanno indotto da sempre violenza, anche se si nascondono dietro seducenti chimere di comprensione e accoglienza Di Maria Gigliola Toniollo dal n. 111 di Critica liberale, 29 Aprile 2005
Partiamo da lontano… da uno dei tanti delitti di odio: la storia tragica di Fanny Ann Eddy, attivista politica, nera, lesbica, madre di un ragazzo di undici anni, fortemente impegnata nell’associazionismo della Sierra Leone e ferocemente assassinata pochi mesi fa, dentro le stanze di SLLAGA, una notte, a Freetown. Su colpevoli e presunti tali si inseguono strane, contraddittorie notizie, vero è che alle battaglie per la libertà Fanny Ann aveva dedicato tutta la vita e che alle Nazioni Unite aveva da poco portato un messaggio di grande umanità e giustizia, sostenendo con passione una risoluzione che finalmente avrebbe incluso l’orientamento sessuale tra i diritti umani. – «We do exist», – diceva forte Fanny Ann, esistiamo, ma viviamo in uno sgomento senza fine: notti insonni, fughe senza meta, ci rinnegano le famiglie, abbiamo paura della polizia, delle violenze e delle molestie che feriscono e umiliano ogni giorno la nostra comunità… tutto inutile, la discussione a Ginevra si era risolta infine con un nuovo inconcludente rinvio. Quale, il nesso? Troppi gli indifferenti alle Nazioni Unite e troppi gli oppositori a una sacrosanta domanda di identità: tra loro la parte del leone era andata proprio al Vaticano che, forte di una posizione presso l’Onu che lascia molti perplessi, presentando un memorandum sovrapponibile negli intenti a una lettera della delegazione pakistana e con una posizione ufficiale omologa ai Paesi islamici, si era opposto risolutamente, nonostante fosse cosa nota che la risoluzione sarebbe servita a porre ostacoli ai troppi Paesi che ancora oggi nel mondo perseguono penalmente omosessuali, lesbiche e transessuali sino, in alcuni casi, a esercitare la pena di morte. Ci si chiede quale sia la ragione che induce da sempre le gerarchie vaticane a tante battaglie di tenace conservazione su posizioni le più integraliste, lontane dalla gente, in contrasto con il progresso, con la scienza, con l’evolversi della società e soprattutto in contrasto con sollecitazioni umanitarie tanto profonde e disperate e perché non sia invece accolta la domanda di ridiscussione che anima la società e gran parte della Chiesa stessa da troppo tempo, su questioni di alta complessità, come il primato della coscienza, il celibato ecclesiatico e tutta la sfera attinente persona e sessualità, un arroccamento autoritario e sacrale, quasi autistico, a principi da ripensare invece con urgenza, una schizofrenia dispotica che vaga ansiosa tra ricerca e perdita di potere… e proprio ciò che si traduce legislativamente in ferrea e ottusa opposizione al principio di parità di accesso ai diritti, è invece fatto passare come salda difesa di valori: vita, famiglia, pace... Ma è un sistema di divieti, di proibizioni e di pesanti contraddizioni che può salvare l’umanità? Come quando in nome di un non ben chiaro principio di sacralità della vita, si bruciano i preservativi in Paesi martoriati dall’aids? I messaggi di chiusura e di condanna hanno indotto da sempre violenza, anche se si nascondono dietro seducenti chimere di comprensione e accoglienza. Peraltro proprio il cardinale Ratzinger, la violenza, pareva metterla tranquillamente in conto quando nel 1986, continuando a definire la condizione omosessuale come disordinata, scriveva: «Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano»(1). Torna il pensiero a quando, durante il governo di centro-sinistra, si iniziò a discutere per la prima volta nel nostro Parlamento un disegno di legge contro la discriminazione per orientamento sessuale e per identità di genere, di lavoro e di militanza, e i vescovi in rivolta fermarono tutto senza tanti sforzi (LEGGI)… Già, il nostro Parlamento, che invita la massima autorità cattolica a sedersi sul suo scranno più alto e la ascolta ossequiente, questo è il punto… ma sono il Papa e la gerarchia dell’oltre Tevere a voler imporre una inopportuna ingerenza sulla sovranità dello Stato, il nostro gode evidentemente di diritti di prelazione, o piuttosto è invece proprio il nostro Parlamento, per ragioni molto lontane dalla fede, a non volere o a non sapere difendere l’identità laica di un Paese democratico? E soprattutto, le persone, quanto sono realmente rimaste ferme a vecchi stereotipi di vita, alle catechistiche icone dell’inferno e del paradiso, e quanto invece hanno saputo riflettere, staccarsi, emancipandosi dall’imposizione e da una tradizione di disciplina di obbedienza cieca per intraprendere un cammino proprio, magari critico e di riscoperta?
(1) Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, in nome della Congregazione per la Dottrina della Fede. |
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