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Venerdì 26-Gen-2007
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Anche il coniuge era infedele: ma per la Cassazione il matrimonio è fallito a causa della moglie
Di Delia Vaccarello - "L'Unità", 4 Marzo 2005
ROMA. Il tradimento saffico è più lesivo di un tradimento eterosessuale? Se un marito è un «noto sciupafemmine» e la moglie intrattiene una relazione con una donna, la responsabilità del fallimento del matrimonio è tutta di lei? Parrebbe questo il senso della sentenza della corte di Cassazione che ha respinto l'appello di una donna lesbica di Palermo contro il marito «infedele», condannandola al risarcimento delle spese legali. Ma non lo è. I giudici infatti basano le sentenze sulle prove. Infedeltà. L'infedeltà della donna era provata, quella del marito sembra di no. «Provata» non vuol dire «inesistente», ma solo non dimostrata. Colpisce il coraggio della ex moglie di ricorrere ai più alti gradi del giudizio. È questo, stando alle cronache, il primo caso che vede coinvolta la Suprema Corte di separazione dovuta alla scoperta di una relazione lesbica. «La simpatia per la donna e la solidarietà verso di lei sono piene dichiara Francesco Bilotta, estensore della proposta sul patto civile di solidarietà (Pacs) e docente di diritto privato all'Università di Udine - non tanto per aver tradito un marito che proprio fedele non era, ma per il fatto che non ha avuto il timore di rivolgersi alla giustizia arrivando fino ai vertici della magistratura. Un coraggio notevole, che se avessero tante altre persone farebbe guadagnare molte conquiste alla lotta dei diritti delle lesbiche e dei gay». Tutele. L'interrogativo è: la donna sarà stata tutelata a sufficienza dai suoi legali? A chiedere la separazione era stata proprio lei. Si era rivolta ai giudici del capoluogo siciliano accusando il consorte di numerosi tradimenti, oltre che di aver costituito un nucleo familiare con un'altra donna, lasciando il tetto coniugale. A questa richiesta si era ribellato l'ex marito che agli stessi magistrati aveva chiesto la separazione con addebito alla moglie per avere «ella intrattenuto una relazione omosessuale con una ex compagna di scuola di una delle figlie». Quale dei due tradimenti, che possono essere considerati causa di rottura del legame matrimoniale, viene dimostrato? Si va in aula. Le figlie testimoniano di conoscere la relazione omosessuale della madre, così pure un parente. E di lui cosa si prova? Apparentemente nulla. È possibile che i giudici si siano trovati dinanzi a un impianto accusatorio senza prove sufficienti? Sembra incredibile, però probabile. Alla fine dell'istruttoria la responsabilità del fallimento di un matrimonio durato 21 anni viene addossata interamente alla donna. Le figlie sono affidate al marito che ottiene anche il diritto a vivere nell'appartamento coniugale. La donna ricorre. La Cassazione le dà torto. Sentenza è ingiusta e discriminatoria? Risponde Francesco Bilotta: «I giudici, in definitiva, decidono sulla base dei fatti che le parti rappresentano. E se la donna, ammesso che abbia proposto la relativa domanda, non ha dato prova della lesione del suo onore e della sua reputazione, che il comportamento del marito le infliggeva, ora non può lamentare il mancato addebito allo stesso». Fuori le prove. Immaginiamo dunque che lei non sia stata in grado di produrre le prove del pur conclamato tradimento del marito. Quali prove? Testimonianze, fotografie, qualche dimenticanza di lui. Ancora, occorre riflettere: in certi contesti, nel Sud ad esempio, come nelle province del Nord, può sembrare ovvio, purtroppo, il tradimento maschile e nessuno per collusione psicologica si azzarda a testimoniare le relazioni extraconiugali di un marito. Da denunciare può apparire, invece, il rapporto lesbico di una donna della quale le figlie finiscono col sapere tutto. Perché? Perché della madre che resta il fulcro emotivo della famiglia alla fine si viene a conoscere ogni cosa. E anche perché la partner della madre è una ex compagna di scuola di una delle figlie, quindi è nota. Più nascosta e meno dimostrabile appare la situazione del marito. È probabile, quindi, che le ragazze siano rimaste all'oscuro dei tradimenti del padre. La Cassazione, trattando la vicenda come una separazione per infedeltà, ha confermato la responsabilità della signora condividendo la conclusione dei giudici di appello secondo i quali «il suo comportamento appare non solo contravvenire agli obblighi derivanti dal matrimonio ma anche ledere i sentimenti delle figlie». Al comportamento analogo del marito, ma non dimostrato, non si può addebitare nulla. «Le donne lesbiche sono ancora troppo poco garantite. Il contesto sociale continua a vederle come prime responsabili della crisi della famiglia dichiara Anna Paola Concia, del direttivo di Gayleft, consulta omosex dei Ds - Così, come nei casi di mobbing sul lavoro, la loro omosessualità scatena i pregiudizi e quindi, quando vengono discriminate, è difficile trovare chi testimonia a loro favore». Una sentenza, dunque, che non deve scoraggiare le donne lesbiche pronte a far valere i propri diritti dinanzi alla Giustizia, ma potrebbe motivarle sempre più a intraprendere le loro battaglie sostenendosi con difese inattaccabili. |
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