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Aggiornato
Venerdì 26-Gen-2007
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“L'Unità”, 29 Aprile 2005
BOLOGNA. Si firmano «Papaboys», viaggiano in rete e si stanno preparando ad una «controffensiva culturale e politica» contro i gay. La denuncia è del segretario nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, che spiega: «alcuni esponenti gay hanno ricevuto dopo l'elezione del nuovo papa, diverse e-mail di giovani che si qualificano come “papaboys”. Personalmente ne ho ricevute molte, alcune esilaranti, altre insultanti, alcune moderate. Quelle esilaranti propongono la teoria per cui la comunità scientifica mondiale, sotto il ricatto delle potenti lobby gay, non dice la verità sull'omosessualità, ovvero nasconde il fatto che da questa patologia si possa guarire seguendo un percorso medico semplice ed efficace. Quelle insultanti sono tese a riversare sui gay tutti i mali del mondo come lo sfaldamento del modello famiglia, la degenerazione dei costumi, e così via. Infine, alcune e-mail moderate propongono la necessità che i gay comprendano che la Chiesa li ritiene persone degne come le altre, ma peccatrici quando si congiungono carnalmente con persone dello stesso sesso». Mancuso giudica «molto strana quest'offensiva via rete. Per la Chiesa, i “papaboys” sono una novità assoluta, certo eredità del potente ruolo mediatico di Giovanni Paolo II, che però adesso si è immediatamente trasformata in truppa scelta al servizio (non si sa quanto gradito) di Benedetto XVI». Il segretario di Arcigay definisce il movimento «una Opus Dei non strutturata ufficialmente, ma nei fatti operante e presente su Internet, nelle piazze, in diverse strutture della Chiesa». |
I Papaboys, come loro stessi si definiscono, non sono un’entità astratta, immaginaria. Costituitisi in una fondazione e in associazione (Papaboys Onlus - con accesso, quindi, a forme di finanziamento pubblico), hanno sede a Roma, un sito internet, moltissimi affiliati e soprattutto molti simpatizzanti anche “eccellenti” che li finanziano e proteggono. Un fenomeno tutto italiano, eredità ed emanazione della potente influenza mediatica e moralizzatrice di Giovanni Paolo II, oggi “braccio (idealmente) armato” di Benedetto XVI e di quella parte di Chiesa cattolica che ha nostalgia del medio evo, trasforma le sue pecorelle in arieti e gli affida il lavoro sporco. Il fine giustifica i mezzi.
Dal 2004 sino almeno all’inizio del 2006, i Papaboys si sono distinti per aver tentato una controffensiva contro chiunque abbia preso le distanze o si sia contrapposto ai dictat e ai dogmi papali. Persone e organizzazioni LGBT*, forze politiche e culturali dell’area antagonista, del centro-sinistra (non solo nazionale), cattolici moderati – i bersagli maggiormente colpiti. Internet - il campo di battaglia maggiormente praticato.
Mails solitamente farneticanti (alcune molto violente e offensive) sono arrivate in grande quantità ad esponenti politici e culturali dissenzienti, laici e cattolici. Sono nati decine di blog, forum e siti che per il contenuto ci sembrano sin troppo affini alla linea ideologica (programmatica) e allo stile dei Papaboys – www.famigliaitaliana.org era uno di questi, forse il caso più eclatante anche se non direttamente ascrivibile ad essi.
Papaboys: i nuovi crociati – un tantino uncinati. Destra e fanatismo religioso vanno a braccetto. Saranno anche vestiti di bianco, ma l’anima è nera, come la pece. Forni e pire ammorbano l’aria - e chi li accende. I Papaboys puzzano di fumo, finocchio. Puzzano di zolfo.
Il testo che segue è firmato dal “Dott. Giovanni Profeta (Associazione Papaboys Onlus)”. Non ne conosciamo la fonte, né possiamo datarlo con precisione. Non sappiamo neppure se sia la sua personale elaborazione di un documento di Mario Palmaro, docente presso l’ateneo "Regina Apostolorum" di Roma, o (come sembrerebbe) una fedele, integrale trascrizione di esso. Ci piacerebbe saperlo. La sostanza, comunque, non cambia. La affidiamo al lettore più avveduto insieme a tutta la nostra indignazione.
C. Ricci
Roma, 23 Aprile 2005 (?)
Il grande ideologo Zapatero, illuminato spento dalla passione per le novità che non portano valori ma disfunzioni ai giovani, provoca l'Europa con una straordinaria quanto vergognosa proposta di legge: è proprio vero che non c'è limite nella ricerca di consensi elettorali, e che pur di minare i valori eterni della fede e dei valori.... basta vendersi l'anima a Satana! Ma noi PAPABOYS VOGLIAMO RACCONTARVI LA VERITA'! CHE E' LA COSA CHE CI RENDERA' LIBERI!
OMOSESSUALITÀ? SI PUÒ USCIRNE Di Mario Palmaro, docente presso l’ateneo "Regina Apostolorum" di Roma L’omosessualità è una condizione patologica. Dalla quale, se si vuole, si può uscire. Ma l’azione di una potente lobby gay mira a nascondere questa verità. L’omosessualità come fatto normale. Da almeno trent’anni nella società occidentale opera una potente lobby che vuole far entrare nella testa della gente questa semplice idea: l’omosessuale è come un mancino, certo più raro delle persone che usano la mano destra, ma non per questo giudicato una persona "che sbaglia". Insomma: "gay è bello" almeno quanto essere un eterosessuale. Chiunque sostenga il contrario, perde il diritto di parlare nel grande salotto del villaggio globale e viene liquidato come un intollerante che discrimina gli omosessuali, che li odia e che li considera individui pericolosi e senza speranza. Ovviamente, si tratta di un’accusa completamente falsa, che vuole solo neutralizzare la verità: e cioè che l’omosessualità è una condizione patologica, che ostacola la piena realizzazione della persona. UN NUOVO CONCETTO DI NORMALITÀ Siamo di fronte a una classica operazione di ingegneria sociale che vorrebbe trasformare una normalità di tipo sociologico in una normalità di tipo antropologico morale: se gli omosessuali sono presenti in numero rilevante, e la gente li approva, allora significa che essere gay è un comportamento assolutamente innocente del punto di vista etico. Non a caso, il Movimento di Liberazione Gay, fondato a New York nel 1969, rivendica due cose: la tolleranza, intesa come piena eguaglianza sociale, economica, politica e giuridica dell’omosessuale in quanto tale; e l’approvazione, intesa come l’idea diffusa che l’omosessualità sia una cosa normale. Ma se questa lobby gay si presenta all’opinione pubblica orgogliosa e compatta, ben diversa è la realtà esistenziale delle singole persone che vivono questa condizione: una vita segnata spesso dalla sofferenza e dall’inquietudine, aggravate dagli atteggiamenti urlati e provocatori del movimento d’opinione che cavalca la tigre della trasgressione sessuale. C’è un paradosso che molti ignorano: il primo passo per aiutare gli omosessuali è riconoscere serenamente che in quella condizione essi vivono male. Anche quando sia apparentemente accettata con serenità, l’omosessualità non sarà mai compatibile con i livelli più profondi della persona. L’OMOSESSUALITÀ COME MALATTIA Dunque, giornali, TV, film, situation comedy sono pesantemente condizionate da questa lobby omosessuale, che ogni giorno muove qualche piccolo passo per "normalizzare" l’immagine dei gay agli occhi del pubblico. Le tecniche utilizzate sono molto simili a quelle messe in campo dalla lobby femminista negli anni Settanta, quando film e telefilm furono invasi da donne-giudice, donne-poliziotto, donne-soldato, allo scopo di suscitare processi di immedesimazione nel pubblico femminile. Oggi, le fiction Tv e i film si riempiono di personaggi che non nascondono, e anzi ostentano la loro omosessualità, come affermazione di una categoria socialmente rilevante: il pubblico assimila così il messaggio subliminale che non c’è proprio nulla di strano ad assumere pubblicamente il "ruolo" di omosessuale, felice e contento della propria condizione. Anche nel campo della psichiatria e della psicanalisi la lobby gay ha esercitato fortissime pressioni per indurre gli studiosi a un riconoscimento della normalità della omosessualità. La gente non sa un fatto clamoroso: i tre grandi pionieri della psichiatria – Freud, Jung e Adler – consideravano l’omosessualità come una patologia. Oggi, invece, il termine omosessualità è scomparso dai manuali psichiatrici delle malattie mentali. Ma, come scrive lo psicologo americano Joseph Nicolosi, nessun tipo di ricerca sociologica o psicologica spiega tale cambiamento di tendenza, e nessuna prova scientifica è stata fornita per confutare 75 anni di ricerche cliniche sull’omosessualità come stato patologico. OMOSESSUALE “PER NATURA” Spesso, i gay credono di essere nati tali. La stessa opinione pubblica è portata a pensare che certe persone "sono fatte così, e non c’è nulla che possano fare per cambiare". Il riconoscimento giuridico e sociale dell’omosessualità sarebbe scontato, se fosse scientificamente provato che essa è una condizione innata. Ma è stato provato esattamente il contrario: e cioè che i fattori genetici e ormonali non svolgono un ruolo determinante nello sviluppo della omosessualità. Possono predisporre, ma mai predeterminare l’omosessualità. Dunque, non esiste alcun "gene dell’omosessualità" che costringa una persona a essere tale. Possono esservi invece condizioni innate che rendono più facile lo scivolamento verso l’omosessualità. Ma l’essere gay resta un fenomeno prettamente psicologico. GUARIRE SI PUÒ Il vero scoop, in termini giornalistici, è proprio questo: che dalla omosessualità è possibile liberarsi. Non si tratta di un’affermazione teorica, o di un auspicio di natura morale: autorevoli psicologi che da anni lavorano in questo campo possono documentare numerose "guarigioni" di persone gay che – ovviamente senza alcun tipo di costrizione – hanno iniziato una cura psicanalitica seria, e sono completamente usciti dal tunnel di una personalità incompiuta. Certo, il primo passo di questo non facile cammino è riconoscersi bisognosi di aiuto, e infrangere il luogo comune imposto dai media secondo cui, al contrario, bisognerebbe arrendersi al fatto che omosessuali si nasce. Nulla di più falso: innumerevoli studi hanno ormai dimostrato che l’orientamento omosessuale è legato a una serie complessa di fatti accaduti alla persona durante l’infanzia e l’adolescenza. Questa rivelazione dimostra che la lobby gay non solo fa del male alle persone che afferma di voler tutelare, ma, ancor di più, induce l’opinione pubblica a trascurare una serie di informazioni educative che potrebbero in molti casi prevenire l’insorgere del problema. Sappiamo, ad esempio, che nel vissuto di moltissimi omosessuali maschi adulti c’è un padre evanescente; e spessissimo c’è una famiglia sfasciata, un divorzio. Non a caso, anche qui il miglior modo per prevenire è difendere la famiglia, recuperando in particolare la figura di un padre affettuoso ma autorevole, capace di dettare delle regole e dei divieti. In questo senso, i movimenti di liberazione omosessuale sono degli acerrimi nemici della famiglia. Distinti saluti, Dott. Giovanni Profeta (Associazione Papaboys Onlus). Papaboys
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