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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

 

Il Parlamento europeo,

– visti gli obblighi internazionali ed europei in materia di diritti umani, quali quelli contenuti nelle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo e nella Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali;

– viste le disposizioni dell'Unione europea sui diritti umani e in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nonché gli articoli 6 e 7 del trattato UE;

– visto l'articolo 13 del trattato CE che assegna all'UE il potere di adottare misure finalizzate alla lotta alle discriminazioni basate, tra l'altro, sull'orientamento sessuale e di promuovere il principio dell'uguaglianza;

– viste la direttiva 2000/43/CE e la direttiva 2000/78/CE che proibiscono le discriminazioni dirette o indirette basate sull'origine razziale o etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale;

– visto l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che vieta "qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali";

– visto l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento;

A. considerando che l'omofobia può essere definita come una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo;

B. considerando che l'omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza;

C. considerando i recenti eventi preoccupanti verificatisi in vari Stati membri dell'UE, ampiamente segnalati dalla stampa e dalle ONG, che vanno dal divieto di tenere marce per l'orgoglio gay o per l'uguaglianza all'uso di un linguaggio incendiario, carico di odio o minaccioso da parte di esponenti politici di primo piano e capi religiosi, la mancata protezione e, addirittura, la dispersione di dimostrazioni pacifiche da parte della polizia, le manifestazioni violente di gruppi omofobi e l'introduzione di modifiche costituzionali espressamente mirate a impedire le unioni tra persone dello stesso sesso;

D. considerando, nel contempo, che in taluni casi si sono registrate reazioni positive, democratiche e tolleranti da parte della popolazione, della società civile e delle autorità locali e regionali che hanno manifestato contro l'omofobia, e da parte della magistratura che ha preso provvedimenti contro le discriminazioni più sensazionali e illegali;

E. considerando che in alcuni Stati membri i partner dello stesso sesso non godono di tutti i diritti e le protezioni riservati ai partner sposati di sesso opposto, subendo di conseguenza discriminazioni e svantaggi;

F. considerando che al tempo stesso in un numero più grande di paesi europei si stanno adottando iniziative intese a garantire pari opportunità, integrazione e rispetto e ad offrire protezione contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale, l'espressione di genere e l'identità di genere, nonché ad assicurare il riconoscimento delle famiglie omosessuali;

G. considerando che la Commissione Barroso ha dichiarato il suo impegno ad assicurare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'UE ed ha istituito un gruppo di commissari responsabili in materia di diritti umani;

H. considerando che non tutti gli Stati membri dell'UE hanno introdotto nel loro ordinamento misure atte a tutelare le persone GLBT, come invece richiesto dalla direttiva 2000/43/CE e dalla direttiva 2000/78/CE, e che non tutti gli Stati membri stanno combattendo le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e promuovendo l'uguaglianza;

I. considerando che occorrono ulteriori azioni a livello dell'UE e degli Stati membri per eradicare l'omofobia e promuovere una cultura della libertà, della tolleranza e dell'uguaglianza tra i loro cittadini e nei loro ordinamenti giuridici;

1. condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale;

2. chiede agli Stati membri di assicurare che lesbiche, gay, bisessuali e transessuali siano protetti da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza e di garantire che i partner dello stesso sesso godano del rispetto, della dignità e della protezione riconosciuti al resto della società;

3. invita con insistenza gli Stati membri e la Commissione a condannare con fermezza i discorsi omofobici carichi di odio o le istigazioni all'odio e alla violenza e a garantire l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione, garantita da tutte le convenzioni in materia di diritti umani;

4. chiede alla Commissione di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori, completando il pacchetto antidiscriminazione fondato sull'articolo 13, mediante la proposta di nuove direttive o di un quadro generale che si estendano a tutti i motivi di discriminazione e a tutti i settori;

5. sollecita vivamente gli Stati membri e la Commissione a intensificare la lotta all'omofobia mediante un'azione pedagogica, ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d'informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa;

6. reitera la sua posizione relativa all'Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) secondo la quale la Commissione deve garantire che tutte le forme di discriminazione previste all'articolo 13 del trattato e all'articolo 2 della decisione che istituisce tale Anno europeo siano considerate e trattate in maniera equilibrata, come indicato nella relazione del Parlamento europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) - Verso una società giusta, e ricorda alla Commissione la sua promessa di seguire da vicino questa materia e di riferire in merito al Parlamento;

7. esorta vivamente la Commissione a garantire che tutti gli Stati membri abbiano recepito e stiano applicando correttamente la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e ad avviare procedimenti d'infrazione contro gli Stati membri inadempienti; chiede inoltre alla Commissione di assicurare che la relazione annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nell'UE comprenda informazioni complete ed esaustive sull'incidenza di atti criminosi e violenze a carattere omofobico Stati membri;

EMENDAMENTO 3 - presentato da Kathalijne Maria Buitenweg e Raül Romeva i Rueda a nome del gruppo Verts/ALE

Paragrafo 7 bis (nuovo)

7 bis. insiste affinché la Commissione presenti una proposta di direttiva riguardante la protezione contro tutte le discriminazioni per i motivi menzionati nell'articolo 13 del trattato CE, con lo stesso campo di applicazione della direttiva 2000/43/CE;

EMENDAMENTO 4 - presentato da Kathalijne Maria Buitenweg e Raül Romeva i Rueda a nome del gruppo Verts/ALE

Paragrafo 7 ter (nuovo)

7 ter. esorta la Commissione a prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive basate sull'articolo 13;

8. chiede agli Stati membri di adottare qualsiasi altra misura che ritengano opportuna nella lotta all'omofobia e alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e di promuovere e adottare il principio dell'uguaglianza nella loro società e nel loro ordinamento giuridico;

EMENDAMENTO 6 - presentato da Martine Roure e Michael Cashman a nome del gruppo PSE

Paragrafo 8 bis (nuovo)

8 bis. sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative volte a porre fine alle discriminazioni subite dai partner dello stesso sesso in materia di successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale, ecc.;

9. plaude alle iniziative recentemente intraprese in numerosi Stati membri volte a migliorare la posizione delle persone GLBT e decide di organizzare il 17 maggio (Giornata internazionale contro l'omofobia) un seminario finalizzato allo scambio delle buone pratiche;

10. reitera la sua richiesta avanzata alla Commissione di presentare proposte che garantiscano la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nonché del partner registrato di qualunque sesso, come indicato nella risoluzione del Parlamento del 14 ottobre 2004 sul futuro dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia;

11. chiede agli Stati membri interessati di riconoscere finalmente che gli omosessuali sono stati tra i bersagli e le vittime del regime nazista;

12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e ai governi degli Stati membri e dei paesi candidati all'adesione.

 

“APCOM”, 19 Gennaio 2006

 

LA RUSSA: STRASBURGO, UN VOTO INDEGNO

«L'Ue vuole scavalcare i governi e asseconda lobby poco nobili»

 

Strasburgo - «Il voto con cui il Parlamento europeo ha approvato, oggi a Strasburgo, la risoluzione contro l'omofobia, è indegno». Lo afferma, in una nota, l'eurodeputato di An Romano La Russa. «Dietro le presunte discriminazioni a danno di omosessuali non vorrei si nascondesse in realtà il desiderio di concedere ogni sorta di libertà e trasgressione per giungere dove tutto è lecito, anche contro natura», osserva La Russa.
«Fermo restando - sottolinea l'europarlamentare - che la libertà di espressione e di manifestazione della propria sessualità debba essere garantita e che in democrazia non debba esservi spazio per soprusi e discriminazioni ingiustificate sulla base del sesso, della razza e della religione», deve comunque essere garantito «il rispetto dei valori e dei principi che contraddistinguono le nostre società».
Secondo La Russa, «L'Ue, con la promozione di campagne contro ipotetiche discriminazioni, di fatto intende scavalcare la sovranità dei governi nazionali, competenti per le questioni riguardanti la famiglia, solamente per assecondare i desideri di lobby non proprio nobili. L'Unione europea - conclude l'eurodeputato di An - non può pensare di imporre agli Stati membri di legalizzare le unioni omosessuali all'insegna dell'uniformità e di un falso garantismo, rischiando di minare il sistema di valori fondanti la nostra società».

 

SPERONI: IO I “CULATTONI” LI CHIAMO COL LORO NOME

Eurodeputato Lega: «Come ha fatto il ministro Tremaglia»

 

Strasburgo - «Io non sono politicamente corretto, per cui i “culattoni” li chiamo con il proprio nome, coma ha fatto il ministro Tremaglia». Lo ha affermato, parlando ai microfoni dei servizi parlamentari della Rai, l'eurodeputato della Lega Francesco Speroni, a commento dell'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo contro l'omofobia, oggi a Strasburgo.

 

AGNOLETTO: COMMISSIONE SANZIONI ITALIA E POLONIA

"Dopo risoluzione di Strasburgo ministro Calderoli è avvertito"

 

Strasburgo - «Dopo la risoluzione contro l'omofobia approvata oggi dal Parlamento Europeo, la Commissione europea dovrebbe avviare una procedura d'infrazione contro i Paesi che non rispettano i diritti degli omosessuali», e in particolare «dovrebbe essere sanzionato il ministro Calderoli per le dichiarazioni rilasciate all'indomani delle manifestazioni del 14 gennaio». Lo afferma, da Strasburgo, l'europarlamentare della Sinistra unitaria europea Vittorio Agnoletto, sottolineando che la risoluzione «condanna ogni forma di violenza, in parole ed opere, contro gli omosessuali».
Per Agnoletto, «la Commissione Europea, dopo il voto odierno, non può più continuare a mantenere un atteggiamento da Ponzio Pilato; deve passare dalle parole ai fatti» e quindi «avviare le procedure di infrazione contro i Paesi che non rispettano la libera scelta dell'orientamento sessuale: questo avviene in Italia, in Polonia e in tante altre nazioni».
La Commissione, continua l'eurodeputato del Prc, «non solo deve assolvere al proprio compito di garante della direttiva sull'uguaglianza di trattamento nei posti di lavoro, ma deve estendere il divieto alla discriminazione, sulla base dell'orientamento sessuale, anche per quanto riguarda la sicurezza sociale, la previdenza, la salute, l'educazione e i servizi».
Combattere l'omofobia, secondo Agnoletto «non significa mostrare comprensione verso una specifica fascia di popolazione, ma significa, in primo luogo, difendere i diritti umani». E tra questi diritti «vi è il riconoscimento delle unioni civili, indipendentemente dal genere dei due partner». Le unioni civili, conclude l'eurodeputato, «sono già riconosciute in diverse nazioni europee e dovrebbero divenire legislazione comune in tutta l'Ue».

 

MOZIONE ALLA CAMERA CONTRO LA RISOLUZIONE EUROPEA ANTIOMOFOBIA

 

Atto Camera. Mozione 1-00511 presentata da LUCA VOLONTÉ martedì 24 gennaio 2006 nella seduta n. 736

La Camera, premesso che:

il 18 gennaio scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'omofobia definita come una «paura e un'avversione nei confronti dell'omosessualità», equiparata a forme di razzismo, xenofobia e antisemitismo;
nell'atto, facendo riferimento a presunte violazioni del principio di non discriminazione, il Parlamento entra nel merito di materie che, secondo i firmatari del presente atto, non sono di competenza dell'ordinamento comunitario quali la disciplina dei diritti di «successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, e sicurezza sociale» nell'ambito del matrimonio e di altre forme di unione civile che assumono rilevanza in alcuni ordinamenti degli Stati membri;
il Parlamento inoltre si rivolge agli Stati entrando nel merito delle scelte effettuate nei rispettivi ordinamenti e associando alcune scelte legislative a gravi forme di discriminazione; si formulano inoltre accuse pesanti per gli Stati fino ad attribuire, anche se in maniera ambigua e indiretta, ai governi atteggiamenti di istigazione all'odio, alla discriminazione, dileggio, alla violenza verbale, psicologica, alle persecuzioni e persino all'omicidio;
la risoluzione appare coerente con il quadro giuridico comunitario solo nella parte in cui esorta la Commissione alla verifica dell'attuazione delle direttive comunitarie in materia di parità di trattamento delle persone e di non discriminazione (2000/43/CE e 2000/78/CE) per il resto appare fuori dal quadro giuridico comunitario e, nella sostanza, una indebita forma di ingerenza su scelte di competenza degli Stati membri;
nel merito alcune affermazioni non sono nemmeno commentabili sul piano giuridico come l'esortazione della Commissione a «prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive»;
in altre affermazioni il Parlamento, secondo i firmatari del presente atto ispettivo, opera interpretazioni del sistema normativo comunitario assolutamente incoerenti e apodittiche. La Corte di Giustizia nella Sentenza del 31 maggio 2001 (Cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P.) ha chiaramente ritenuto non discriminatorie le norme dello Statuto del personale delle Comunità europee che riservano un particolare favore alla famiglia fondata sul matrimonio. Nel caso specifico la Corte ha ritenuto legittimo il diniego da parte del Consiglio alla richiesta formulata da un dipendente di far corrispondere l'assegno di famiglia al proprio partner dello stesso sesso. Sul caso la Corte di giustizia ha escluso che fosse possibile equiparare l'unione stabile registrata nel diritto svedese al matrimonio;
la sentenza che motiva ampiamente sulla insussistenza di una lesione del principio di non discriminazione e sul fondamento giuridico della particolare tutela riservata dallo Statuto del personale delle Comunità europee alla famiglia fondata sul matrimonio;
l'atto per tutte le ragioni esposte sembra rappresentare, secondo i firmatari dell'atto in ego un documento ideologico che manifesta forme di intolleranza volte a contestare scelte democraticamente assunte negli ordinamenti nazionali del tutto legittime e coerenti con le tradizioni costituzionali degli Stati membri e con le Convenzioni sui diritti umani che si assumerebbero violate;
l'atto richiede un netto intervento da parte degli Stati membri e delle stesse istituzioni affinché siano rispettati dal Parlamento i propri confini e ambiti stabiliti dai Trattati;
tale intervento è necessario, per restituire credibilità al sistema ed evitare una deriva che delegittima il processo di integrazione e allontana cittadini europei dal sistema istituzionale comunitario;
impegna il Governo:
ad adoperarsi in tutte le sedi per contestare la legittimità e l'opportunità della risoluzione che sostanzia una ingerenza del Parlamento europeo nelle scelte nazionali;
a contestare la violazione da parte del Parlamento delle norme del Trattato istitutivo della Comunità europea e del Trattato sull'Unione europea anche con riferimento al valore giuridico delle tradizioni costituzionali degli Stati membri quali principi generali del diritto comunitario di cui all'artico 6 TUE;
a ribadire con forza i diritti fondamentali enunciati nelle Convenzioni internazionali vincolanti per l'ordinamento comunitario ed in particolare l'articolo 16 della dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 in base al quale «uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi» principio ribadito dall'articolo 23 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, del 16 dicembre 1966, dall'articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 e dall'articolo 29 della Costituzione della Repubblica italiana.

(1-00511)

«Volontè, Ciro Alfano, Maninetti, Mereu, Peretti, Filippo Maria Drago, D'Agrò, Di Giandomenico».

 

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