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Regista (New York, 1939)
Studia alla Fordham University e per un certo periodo lavora come assicuratore. Agli inizi degli anni Sessanta confeziona alcuni cortometraggi indipendenti fra i quali “Taylor Mead Dances” (1963), “Civilization and Its Discontents” (1964). Incontra Andy Warhol ed entra a far parte della Factory collaborando con lui sino alla sua morte. Assistente in “My Hustler” (1965) e “The Chelsea Girls” (1966), diventa operatore e montatore di “Lonesome Cowboys” (1968), debutta come autore di lungometraggi con “Cowboy solitari” (1967) ma si fa notare internazionalmente con i successivi “Flesh” (1968) e “Trash - I rifiuti di New York” (1970). La mescolanza di repulsione e di attrazione verso i soggetti sorpresi dalla cinepresa crea opere ambigue che la critica accoglie come il manifesto di una generazione. Con “Women in Revolt” (1972), interpretato da travestiti, “Calore” (Heat, 1971), e soprattutto la commedia sofisticata “L’Amour” (1973), Morrissey si avvicina al cinema hollywoodiano. Realizza poi in Italia due bizzarri sexy-horror: “Il mostro è in tavola, barone... Frankenstein” (1974), per il quale utilizza il sistema in rilievo a tre dimensioni, e “Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete” (1974). In entrambi i film si avvale della collaborazione di Antonio Margheriti che ne gira alcune sequenze. Dopo una parentesi con il film “Il cane di Baskerville (1975, girato in Gran Bretagna), torna ad occuparsi di marginalità in “Madame Wang” (198O), “Forty Deuce” (1982), adattamento del testo teatrale off Broadway di Alan Browne, e in “Mixed Blood” (1984-85). Nel 1985, con “Beethoven’s Nephew” cambia genere radicalmente, come dimostra anche il successivo “Spike of Bensonhurst” (1988) con Ernest Borgnine e Sylvia Miles, ma ormai il suo cinema sembra aver perso le caratteristiche stilistiche e contenutistiche che ne avevano contraddistinto le prime, più coraggiose e originali opere.
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