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Regista (Roma, 7 Settembre 1940)
Figlio del produttore Salvatore Argento e dell’indossatrice E. Luxardo, dopo aver svolto attività di correttore di bozze e critico cinematografico per “Paese Sera”, svolge un’intensa attività come soggettista e sceneggiatore (in soli due anni firma, in collaborazione, ben dodici sceneggiature). Prodotto dal padre che lo seguirà sino al film “Tenebre” (1983), non ancora trentenne dirige il suo primo film: “L’uccello dalle piume di cristallo” (1969), un giallo dalla struttura tradizionale, incline al terror-movie con soluzioni figurative inusuali, ispirato al cinema di Mario Bava e tratto da “The Screaming Mime” di F. Brown. Il grande successo anche internazionale, lo spinge a riprovarci con altri due film di ottima fattura, sostenuti da un’altrettanto buona struttura narrativa, “Il gatto a nove code” (1971) e “Quattro mosche di velluto grigio” (1971), che compongono la cosiddetta “trilogia degli animali” e ispirano una breve ma fortunata stagione di thriller all’italiana. «Nei tre film sono già evidenti gli elementi principali della sua poetica e del suo stile innovativo: sadismo voyeuristico, colpi di scena improvvisi, uso degli spazi eminentemente claustrofobico, utilizzo di una fotografia dai colori saturi, montaggio virtuosistico di dettagli al ritmo spesso angoscioso e martellante della musica e, soprattutto, l’invisibilità dell’assassino che - sino alla fine - viene mostrato solo metonimicamente con dettagli del corpo (spesso le mani, per le cui immagini utilizza sempre le proprie). Tutti elementi che - dopo il coraggioso, ma commercialmente sfortunato esperimento del risorgimentale “Le cinque giornate” e i televisivi “Il tram” e “Testimone oculare”, tutti del 1973 - trovano perfetto equilibrio e compimento in “Profondo rosso” (1975), summa e manifesto del suo thriller barocco e visionario, che - per gli elementi di parapsicologia inseriti nel racconto e per la violenza di molte scene - denota già precisi segni della sua successiva virata verso l’horror gotico e crea la formula di un genere misto thriller-horror che influenzerà non pochi autori nazionali e internazionali» (Roberto C. Provengano). Si è quindi progressivamente avvicinato ad un genere più macabro ma anche più congeniale alla sua inventiva, particolarmente stimolata dai problemi relativi alle tecniche di ripresa e ai trucchi, con “Suspiria” (1977, che traspone in un collegio femminile tedesco e in chiave horror interni fiabeschi ricollegabili agli scritti di F. Wedekind, dei fratelli Grimm e di H.C. Andersen,), “Inferno” (1980), “Tenebre” (1982, dove la voglia di raccontare lascia il posto al gusto per la bassa macelleria), “Phenomena” (1985). Inizia un’intensa attività di produttore, finanziando film quali “Zombi” (1978) di G. Remero e poi mettendosi al servizio di nuovi talenti fra i quali Lamberto Bava e M. Soavi. Il tentativo di completare la trilogia gotica con “Opera” (1987) si risolve in un insuccesso commerciale che lo spinge a trasferirsi per qualche anno negli Stati Uniti, dove - oltre ad apparire come attore in piccoli cammei (“Ladro lui, ladra lei”, “Amore all’ultimo morso” e “Il cielo è sempre più blu”) - collabora con G. Romero al progetto “Due occhi diabolici” (1990) con l’episodio “Il gatto nero”, tratto da E.A. Poe. Tornato in Italia, confeziona un altro mistery-thriller violento, “Trauma” (1993), nel quale debutta la giovanissima figlia Asia (avuta con Daria Nicolodi, sua compagna e attrice in molti dei suoi film) nel difficile ruolo di un’adolescente affetta da anoressia, poi il riuscito ritorno al thriller contemporaneo con “La sindrome di Stendhal” (1996), in cui la stessa Asia riveste i panni di una poliziotta alla ricerca di un killer stupratore, e poi un nuovo horror, “Il fantasma dell’Opera (1998, da G. Leroux), interpretato ancora da Asia insieme a Julian Sands. Nel 2000 s’invertono le parti ed è lui a partecipare come attore nel film della figlia “Scartet Diva”. L’ultimo film atteso con curiosità dal suo pubblico e dalla critica, è stato “Nonhosonno” (2001).
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