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Scritto da Janet Greer e John McCormick, è il primo film nella storia del cinema in cui si pronunciano le parole omosessuale e omosessualità. In un dialogo si dice anche che il 90% dei casi di ricatto nell’Inghilterra di quegli anni coinvolgeva gli omosessuali. Nonostante una certa cautela di fondo, il merito principale di B. Dearden (1911-71) e dei suoi sceneggiatori consiste nell’onestà con cui analizza il meccanismo che porta i gay a nascondersi e raffigura il protagonista, pronto a dare una qualche dignità alla sua relazione omosessuale e a combattere per legittimarne l’esistenza. Negli USA il film non ottenne il visto di circolazione e fu distribuito nel circuito d’essai. La maggior parte dei critici nordamericani, compresa la spregiudicata e reazionaria Pauline Kael sul “New Yorker”, non mandarono giù il rospo. «Il film legittimava da un lato problemi sociali considerati spiacevoli e dall’altro convalidava l’esistenza di omosessuali che non fornivano occasioni di risate alla maggioranza. In una parola, Victim era un guastafeste» (Vito Russo).
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«All’epoca
destò scalpore per il tema (la legge puniva ancora l’omosessualità
anche se non praticata in pubblico) e i risvolti sociali (l’omosessualità
attraversa tutte le classi sociali), anche se parte della critica accusò
Dearden di aver “indorato la pillola” ricorrendo alla struttura
da giallo. La drammatizzazione del personaggio principale – integrato
nella società in quanto avvocato e marito, ma nello stesso tempo
al di fuori e potenzialmente perseguitato – rimane ancora il punto
di forza di un film ben scritto e ben interpretato» (Paolo Mereghetti,
come sempre magnanimo se si tratta di omosessualità maschile). |