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La
tecnica dello stucco veneziano prevedeva la sovrapposizione di
sei strati caratterizzati dalla miscela base di acqua e calce
spenta con inerte fine costituito da sabbia e cocciopesto, per
i primi 20 mm dei tre strati interni, oppure da polvere di marmo,
per i successivi 5 mm dei tre strati superficiali. La presa e
l’indurimento della malta venivano assicurati dalla carbonatazione
all’aria della calce a seguito della reazione con l’anidride
carbonica presente nell’aria. Da un punto di vista estetico,
lo specifico ruolo giocato dalla polvere di marmo - ricavata dalla
frantumazione della pietra d’Istria - era quello di dare
alla matrice un colore bianco facilmente colorabile utilizzando
pigmenti minerali. La particolare tecnica di lucidatura superficiale
conferiva poi all’intonaco l’aspetto di una pietra
di marmo. Anche dal punto di vista microstrutturale, lo strato
superficiale del marmorino simulava perfettamente una pietra di
marmo grazie alla fondamentale presenza del carbonato di calcio
proveniente sia dalla carbonatazione della calce sia dalla polvere
di marmo stessa.
Oltre
ai componenti base sopradescritti, venivano impiegate, però,
anche delle aggiunte minerali per conferire alla superficie suggestivi
effetti cromatici, per modificare i tempi di presa delle malte
o per incrementare la loro durabilità. Queste aggiunte
minerali comprendevano pigmenti, pozzolana, gesso.
I
pigmenti minerali, derivanti da terreni naturali colorati o da
vetro macinato artificialmente, erano utilizzati nella miscela
dello strato superficiale oppure, in forma di pittura liquida,
per decorare la superficie dello stucco fresco o asciutto: nel
caso di pittura a fresco i pigmenti venivano dispersi in un’emulsione
di acqua e sapone, nella pittura dello stucco asciutto, in olio
di trementina.
La pozzolana naturale (importata dall’isola greca di Santorini)
o, più spesso, artificiale - cocciopesto - veniva sempre
introdotta negli strati interni per favorire la formazione di
un materiale capace di resistere all’attacco dell’acqua
di mare in risalita capillare.
Il gesso fungeva da accelerante di presa e di indurimento, specialmente
nella produzione dello stuccoforte per decori in alto-rilievo
e veniva impiegato in misura di qualche manciata per secchio di
malta.
Lo strato superficiale era caratterizzato, inoltre, da un’ulteriore
aggiunta di sostanze naturali. L’olio di lino crudo veniva
impiegato sia per incrementare la plasticità della miscela
e per prolungare il tempo di presa, sia per diminuire la porosità
aperta della superficie, riducendo così il rischio di fessurazione
per ritiro idrometrico. Un trattamento superficiale con una miscela
di acqua, calce e sapone conferiva al marmorino la sua caratteristica
di impermeabilità senza, però, impedire la rapida
diffusione di vapore dall’interno della muratura verso l’esterno.
La lucidatura finale con cere vegetali o animali diluite in trementina,
permetteva di ottenere una maggiore brillantezza, così
come accade in una pietra di marmo lucidata. La tecnica dello
stucco veneziano consentiva, quindi, di ottenere un prodotto finale
di elevato valore artistico grazie all'irregolarità, alla
versatilità e alla lucentezza dei decori; d’altra
parte, l’elevata resistenza ed impermeabilità all’acqua
proveniente dall’esterno, accompagnate da una buona diffusione
del vapore derivante dall’acqua di risalita capillare, garantivano
la durabilità del manufatto.