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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Di Franco Barbero
(COMUNITÀ CRISTIANA DI BASE DI PINEROLO)

16 Settembre 2005

 

Dunque il Vaticano ancora una volta parte per l’ultima tappa della sua crociata contro i gay. Sono presi di mira gli aspiranti al sacerdozio. Li vogliono tutti rigorosamente obbedienti, eterosessuali, allineati...

Da una parte c’è la farsa. Dove si è verificato uno scandalo di immense proporzioni a causa dei preti pedofili, si tenta di riproporre l’equazione “omosessuale=pedofilo”. Siamo in aperta malafede, in piena ignoranza.

Ma c’è dell’altro. La suprema gerarchia cattolica vuole riprendere il controllo sulla vita delle singole persone e renderle schiave dell’istituzione. Insegnanti di religione licenziate perché divorziate, teologi defenestrati perché non sufficientemente ligi, diocesi ormai piene di preti polacchi, indiani, centroamericani... tutti vicini all’Opus Dei, ai focolarini, a Comunione e liberazione...

Dopo il fallimento delle giornate mondiali della gioventù a Colonia dove il papa ha ricevuto "brutte notizie" su tutti i fronti, la gerarchia cerca l’affondo e manda inquisitori e truppe fidate in tutto il mondo. Nella chiesa cattolica si è creato un clima di terrore, di sospetto e di delazione mentre rientrano come vincitori i grandi nemici del Concilio. Per tutti costoro Ratzinger è la garanzia che la sostanza del Concilio è stata cancellata.

Non solo: in questi giorni si incoraggiano gli esorcisti a lottare contro Satana e si consolida una teologia che rilancia il diavolo come uno dei protagonisti della scena mondiale. Sarebbe tempo di dire apertamente che tutte le diavolerie sono opera umana... e il diavolo non è altro che metafora del male, non un essere esistente, una creatura spirituale...

 

Visita il sito della Comunità: www.viottoli.it

 

Il «New York Times» rilancia il dibattito sui gay. «Ci sono problemi più gravi»

Di Gabriela Jacomella, Corriere della Sera, 29 Settembre 2005

 

Dalle stanze vaticane finora non è trapelato nulla: il documento su omosessualità e vocazioni, quello che dovrebbe chiudere ai gay le porte dei seminari, è in fase di elaborazione, forse uscirà a novembre, forse a fine anno, quel che è certo - dicono fonti bene informate - è che il Papa non l’ha visto né approvato, quindi tutto, in teoria, è possibile. In America, tanto è bastato per riattizzare braci che non si erano mai spente. Le «purghe», come le ha definite la scrittrice (cattolica) Amy Welborn sul New York Times, sono già iniziate: il team investigativo guidato dall’arcivescovo Edwin O’Brien ha inaugurato la settimana scorsa un tour che lo porterà ad esaminare 229 seminari americani.

Amministratori, docenti e studenti saranno sottoposti a 11 pagine di interrogativi, dagli standard di ammissione alla «capacità di dialogo con la società contemporanea». In mezzo, un’unica domanda: «Ci sono prove di omosessualità?». A fare il paio con l’ammonimento, inserito più avanti, contro le «amicizie particolari». Un po’ poco per gridare alla crociata, sottolinea la Welborn, autrice di una serie di libri per avvicinare i giovani al cattolicesimo intitolati Prove It!, «Dimostralo». Perché le purghe «riguardano molto di più dell’omosessualità. E sono drammaticamente necessarie». A dimostrarlo, una serie di «prove»: poche settimane fa, in Illinois, due seminaristi sono morti in un incidente d’auto. Al volante c’era un terzo seminarista, ed era ubriaco. Il quarto, uscito incolume, era un ex legale accusato di corruzione e spergiuro. In collegio nessuno sapeva niente. Poi, ancora, atti osceni in luogo pubblico, possesso di materiale pornografico, appropriazione indebita. «I peccati del seminario», li chiama la Welborn. Il blocco anti-gay non fa parte della purga, ma di una «pubblicità onesta»: sarebbe come dire in anticipo cosa ci si aspetta (e cosa no) da un futuro prete.

Il dibattito sul New York Times va avanti da giorni, e non sembra prossimo a rientrare. Del resto, nel Paese in cui una delle diocesi più potenti del mondo - quella di Boston, nel 2002 - è stata travolta da uno scandalo-pedofilia che l’ha portata alla bancarotta (540 ragazzi molestati, 85 milioni di dollari di risarcimento), il binomio sesso-cattolicesimo ha il potenziale dirompente di una fiala di nitroglicerina. Qui, però, il discorso è diverso. L’orientamento sessuale non ha nulla a che vedere con le molestie, e la posta in gioco ha più a che fare, coerentemente con una tradizione democratica rispettosa delle minoranze, con i diritti e le discriminazioni.

In quest’ottica, il no ai sacerdoti omosessuali non riscuote molti consensi. Non in quest’America post 11 settembre che celebra l’eroismo di Mychal Judge, il cappellano dei Vigili del fuoco morto nel crollo delle Torri Gemelle e dichiaratamente gay. Non nell’America di John L. Allen, tra i più noti vaticanisti statunitensi, che sempre sul Times ricorda il commento di un funzionario della Santa Sede: «La legge descrive il modo in cui le cose dovrebbero funzionare se gli uomini fossero angeli». Gli italiani, scrive Allen, lamentano l’assenza di leggi, ma credono nella soggettività, come capisce chiunque si trovi incastrato nel traffico romano, o milanese. In San Pietro vale la stessa regola: la legge esprime un ideale verso cui tendere e l’uomo, si sa, è fallibile. E se in seminario vi sono più tentazioni per i gay che per gli etero, la selezione dovrebbe spettare al «miglior giudizio» dei vescovi, non a un divieto preventivo. I seminari cattolici, conclude Allen, non saranno mai «gay free»; ma in quei seminari, sempre più gay sceglieranno la via del silenzio.

 

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