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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Era accusata di aver ucciso l'amica col cianuro: la Corte d'Assise l'ha assolta per non aver commesso il fatto. Il suo racconto: dal carcere alla sentenza. Daniela Stuto, il primo giorno da donna libera: "Non sono euforica: provo ancora rabbia e dolore"

Di Paola Vuolo - "Il Messaggero", 13 Aprile 2002

 

"Non sono euforica, provo ancora rabbia e dolore. Sono di nuovo libera, la mia innocenza è stata provata e di questo naturalmente sono contenta. Ma è come se mi avessero rubato una cosa che poi ho ritrovato, una cosa che però era già mia e mi sento monca". Sorride, Daniela Stuto, per la prima volta dopo 14 mesi. E ha voglia di parlare, di raccontare il suo calvario e le ingiustizie subite.

Questa è l'intervista alla studentessa siciliana di 28 anni accusata di avere avvelenato l'amica Francesca Moretti col cianuro e assolta in Corte D'assise "per non aver commesso il fatto". Questa è l'intervista a una donna che da oggi potrà ricominciare a vivere.

Che effetto le ha fatto uscire di casa dopo un anno e mezzo agli arresti domiciliari?

"Strano, mi sento spaesata. Sono andata al bar e ho visto la mia foto sul giornale che si trovava su un tavolino, è stata una sensazione particolare. Ora mi sento un po' stanca, devo decidermi ad andare in palestra, mi fanno male le caviglie, non posso camminare molto perché sono stata ferma per troppo tempo e dovrò riabituarmi anche a questo".

Dove è andata?

"A casa dei genitori di Fabrizio, il mio fidanzato, che avevo visti per la prima volta a Pasqua. Ma non era stata un'occasione di festa. Poi sono passata a salutare il mio avvocato, Fiorangelo Marinelli, che per me non ha rappresentato non solo il sostegno legale, è stato un amico, che ha pensato solo a tutelarmi. Però tutta la mattinata l'ho trascorsa in casa con Fabrizio, aspettavo i carabinieri che dovevano consegnarmi la notifica della mia scarcerazione. E questa volta non vedevo l'ora che arrivassero".

Quand'è che venivano da lei i carabinieri?

"Ogni notte, per 14 mesi. E a volte anche all'alba. Suonavano al citofono per controllare se ero in casa e io mi addormentavo la sera con l'angoscia di non sentirli, così finivo per svegliarmi, e rimanevo alzata fino alle 5 di mattina. Una volta è andata via la corrente e mi sono precipitata a chiamare i carabinieri per avvisarli. Ero terrorizzata all'idea che potessero suonare al citofono e non sentire la mia voce. Per loro sarei stata un'evasa".

Questa notte ha finalmente dormito tranquilla.

"No, non riuscivo a riposare bene".

Cosa ha sognato?

"Nulla, non sogno più niente da 14 mesi, ho perso la cognizione del tempo".

Quali sono stati i momenti più brutti?

"Tanti. Il 18 settembre, quando la perizia del Gip ha dimostrato che io non potevo avere versato il cianuro nella pastina che avevo preparato a Francesca: il cianuro uccide in pochi minuti e Francesca è morta dopo ore. Quel giorno ho creduto che il mio incubo fosse finito, e invece non è stato così. Allora ho pensato che poteva succedermi di tutto. Ai poliziotti avevo raccontato tranquillamente di avere preparato la minestrina a Francesca perché non avevo nulla da nascondere, ho detto che eravamo sole in casa perché era la verità e non immaginavo che tutto questo si sarebbe ritorto contro di me. Momenti brutti ne ho avuti tantissimi. Come il giorno del mio arresto, in Questura mi hanno fatto le foto segnaletiche e hanno preso le impronte digitali. Vedevo le mani sporche d'inchiostro e non riuscivo a pensare, la testa era come congelata. Ho pianto tutta la notte e anche il giorno dopo".

Quanto è stata in carcere?

"Un giorno solo, ma è stato terribile, ero in una cella d'isolamento, grande due metri per due e faceva molto freddo. Quella notte ho cominciato a scrivere il mio memoriale, e scrivere è stata una delle cose che mi ha aiutato ad alleviare l'angoscia".

Come trascorreva le giornate?

"Scrivendo e leggendo. Quando ero agli arresti domiciliari ad Anguillara, da mia cugina, il mio più grande sollievo era stare con i bambini. Per l'inizio del processo sono venuta a casa di Fabrizio, perché era vicina a Rebibbia, e qui ho letto molto".

Cosa?

"Autori sudamericani. Di Paulo Coelho mi è piaciuto soprattutto "Il guerriero della luce", un libro di massime che mi dava conforto. A volte lo aprivo a caso per vedere la massima che saltava fuori, e pensieri come La guerra anche se è dura e i nemici cattivi, la verità viene fuori, mi sembravano una profezia. Ora sto leggendo "Noi che ci vogliamo così bene" di Marcela Serrano, è la storia di un'amicizia meravigliosa tra donne, vissuta in un momento storico difficile perché c'è la guerra".

Anche le sue amiche le hanno dimostrato una grande amicizia.

"Non mi hanno mai abbandonata. Nessuno delle persone a cui voglio bene mi ha lasciata da sola, però hanno pagato anche loro un prezzo altissimo per starmi vicine. Hanno sofferto con me per tutte le cose che sono state scritte. I giornali mi hanno dipinta come un mostro, un'assassina con tendenze omosessuali. Mi hanno condannata in cambio di un titolo ad effetto. Sono arrivata al punto che quando c'è il telegiornale spengo la televisione, non seguo nulla, neanche Cogne, per non assistere ad altri soprusi".

Progetti per il futuro?

"Riprendere la mia vita, ricominciarla lì da dove è stata interrota. Spero di laurearmi a luglio, e di essere felice con Fabrizio, anche se per ora non pensiamo a sposarci. Vogliamo dimenticare. Non quello che è successo, ma almeno il dolore".

 

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