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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Il giudice conferma l’arresto del giovane di Messina che per l’accusa ha agito con lucidità. La difesa chiederà una perizia.
Bottari al gip: "Anche 4 mesi fa venni a Bologna con la pistola".
L’imputato aveva confidato la sua omosessualità ad una associazione gay.

Di Carlo Gulotta – “La Repubblica”, 16 Luglio 2005

 

«ERO VENUTO a Bologna anche quattro mesi fa. E avevo la pistola in tasca. Mi sono esercitato a lungo al poligono. Avrei potuto uccidere Riccardo anche allora, o forse suicidarmi. Martedì scorso, in facoltà, ho sparato solo tre colpi, ma non ricordo il rumore della pistola. Il rifiuto della persona che amavo, per me era diventato intollerabile. Un chiodo fisso. Il solo vederlo rinnovava la mia frustrazione, il mio dolore». Tre ore d’interrogatorio choc in Procura per Domenico Bottari, il killer della facoltà di Matematica: il giudice per le indagini preliminari Elisa Picaroni ha convalidato l’arresto, escludendo almeno al momento l’ipotesi della perizia psichiatrica. Come a dire: chi ha ammazzato Riccardo Venier è sano di mente. Eppure, secondo gli avvocati Piero Gennari e Silvio Maltese, presenti all’interrogatorio assieme al pm Licia Scagliarini, Domenico è un ragazzo psicologicamente disturbato. Lo affermano con le carte in mano, mostrando il congedo anticipato dal servizio militare per problemi di adattamento e un rapporto su un periodo di cura con uno psicoterapeuta. «Nemmeno allo psicologo ho raccontato della mia diversità». Nessuno ha saputo impedire ad un ragazzo ossessionato da una passione non corrisposta di armarsi, di frequentare i poligoni per le esercitazioni di tiro (a Bologna e Messina) di acquistare una pistola dalla potenza devastante. «Io e Riccardo ci siamo incontrati a Bologna lunedì mattina - ha detto Domenico al giudice - nei pressi della facoltà. Avevo la pistola con me. Avrei potuto ucciderlo e poi suicidarmi anche allora, ma non ne ho avuto la forza. Ci siamo rivisti la mattina del giorno dopo. A mezzogiorno sono andato a pranzo con un amico dell’Università: mi ero come dimenticato di avere l’arma carica nella borsa. Verso le 18 sono tornato al dipartimento di matematica. Ci sono andato sperando di incontrare ancora Riccardo. Non sapevo che quel giorno doveva dare un esame. Quando me ne sono accorto, mi sono iscritto e sono entrato nella stessa aula dove c’era anche lui. Ci sono rimasto per tre ore. Ho riempito un foglio di formule matematiche, a casaccio». Alle 18,15 Riccardo Venier ha consegnato il foglio ed è uscito dall’aula. «L’ho seguito - ha detto ancora Domenico - Ricordo di avergli sparato tre colpi, ma non le detonazioni. Io odio i rumori forti. Al poligono usavo sempre la cuffia. Lo so, ho fatto la cosa peggiore che potessi fare. Ma lui mi aveva rifiutato. Ogni volta che ci siamo visti, mi liquidava con un "ciao". Dopo aver sparato, sono rientrato nell’aula, ho preso lo zaino, ci ho messo dentro la pistola e sono fuggito. Ho preso un bus, ma stavo male. Ho chiesto a qualcuno dove potevo trovare un posto di polizia e mi hanno indicato via Bovi Campeggi». Un racconto incoerente, a volte lacunoso, fra le lacrime. Il killer non ha mai rivelato ai familiari di essere gay. «Ho sofferto molto per la mia diversità, abito in un paese piccolo, i miei sono molto religiosi. Ma a Bologna mi ero confidato con un ragazzo dell’Arci Gay». Al gip, Domenico Bottari ha detto di non aver progettato di fuggire, anche se nel suo zaino è stato trovato un biglietto per tornare in Sicilia. «Ma avevo pensato di tornare già lunedì, dopo il primo incontro con Riccardo. Poi ho deciso di rivederlo. Per l’ultima volta». I funerali di Riccardo Venier si terranno a Monghidoro fra martedì e mercoledì.

 

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