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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Dall'ottimo “Omocidi” di Andrea Pini (Stampa Alternativa, 2002)

 

(…) Scrive Dario Petrosino su "Babilonia" del gennaio '97: "La triste vicenda del «pastorello di Ginosa» (così la stampa nazionale definì Covella) trovò ampio spazio nella cronaca nera e nei rotocalchi scandalistici; il delitto venne estrapolato dal suo contesto sociale, riducendo il fatto a un atto di barbara violenza (quel che in effetti fu) senza che nessuno però si chiedesse come quel fatto fosse maturato. Il modo in cui ancor oggi viene vissuta l'omosessualità a Ginosa potrebbe essere la nostra cartina di tornasole per capire la Puglia. (...) Ginosa, per tanti versi, vive le stesse dinamiche di ogni provincia italiana: una comunità aggregata intorno alla piazza del paese, nella quale il modo d'essere di ogni cittadino viene sottoposto ad un giudizio impietoso". I simboli dei giovani di questo paese sembrano essere i soliti abiti firmati, l'auto potente, la ragazza. In questo contesto anche il giovane gay normalmente si adegua. "Cerca una ragazza con la quale fa più o meno coppia fissa", continua Petrosino, "andando in piazza e mostrandosi nei luoghi di ritrovo (...). Verso le 11 di sera le ragazze tornano a casa e i ragazzi sono liberi di frequentare le loro comitive maschili, entro le quali può essere facilmente coltivato un rapporto di coppia omosessuale. (...). Poi ci si sposa, si fa un figlio, magari desiderato davvero, e ci si dimentica di essere omosessuali… salvo che nei weekend. Anche coloro che continuano a praticare rapporti omosessuali vivono con ansia estrema questa situazione, e la paura che si sappia in giro può ingenerare reazioni molto violente".

Ma Petrosino ci racconta qualcos'altro di importante che è seguito al delitto: "La prima reazione della comunità di Ginosa è quella di rimuovere l'accaduto. Non una presa di posizione pubblica; nessuna associazione che prenda parte ai funerali; tanto che l'inviato del Tg3 ne rimane scandalizzato. (...) La comunità aveva reagito addossandosi la colpa della vicenda e bollandola con una sola parola, esecrabile: omosessualità". Successivamente vi è stata una intervista all'allora sindaco, Vincenzo Dragone, le cui parole rendono esplicito il terrificante atteggiamento culturale, di solito non detto, riguardo all'omosessualità: "Subito dopo l'omicidio incaricai gli assistenti sociali comunali di verificare se si trattava di una vicenda isolata o andava inquadrata in un contesto più ampio. Scoprimmo che di episodi di omosessualità ve ne erano diversi, intervennero le forze dell'ordine ed il problema fu ridimensionato. Oggi pare che sia scomparso".

 

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