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Aggiornato
Venerdì 26-Gen-2007
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Da "OMOFOBIA - Il pregiudizio anti omosessuale dalla bibbia ai giorni nostri" di Paolo Pedote e Giuseppe Lo Presti (Stampa Alternativa, 2003)
Le parti di testo in corsivo sono degli autori
“OSCENAMENTE VISSUTO E OSCENAMENTE MORTO”: PIER PAOLO PASOLINI «Oscenamente vissuto e oscenamente morto», come scrisse Stefano Rodotà, «senza un residuo di dubbio a inquietare le coscienze». Pier Paolo Pasolini è stato uno degli intellettuali più importanti del dopoguerra italiano: scrittore, poeta, regista ma anche pittore e grande appassionato di calcio. Il suo brutale omicidio, mai completamente chiarito, a opera di Pino Pelosi sulla spiaggia di Ostia, fu per molti, tacitamente, una giusta condanna per la perversione di cui si era macchiato. Ricordiamo che Pasolini in vita fu oggetto di una vera e propria persecuzione giudiziaria: più di 42 tra denunce e querele (di cui 28 solo per il film “Il Decameron”), 10 processi (di cui solo uno come parte lesa, per l’uccisione del fratello nella strage di Porzûs) con capi d’imputazione generalmente di carattere ideologico (vilipendio alla religione, oscenità, istigazione a delinquere, pornografia…) e varie cause civili. Subì diverse aggressioni fisiche che non denunciò. Dopo la sua morte si scomodarono fior di intellettuali e cori di lode si innalzarono alla sua opera. Ma gli elogi servirono anche a nascondere il silenzio sul suo essere omosessuale, condizione che lo tormentò per l’intera vita. ESPULSO DAL PCI «Pordenone, 28 - La federazione del PCI di Pordenone ha deliberato in data 26 ottobre l’espulsione dal Partito del dottor Pier Paolo Pasolini di Casarsa per indegnità morale». Prendiamo spunto dai fatti che hanno determinato un grave provvedimento disciplinare a carico del poeta Pasolini per denunciare ancora una volta le deleterie influenze di certe correnti ideologiche e filosofiche dei vari Gide, Sartre e di altrettanto decadenti poeti e letterati, che si vogliono atteggiare a progressisti, ma che in realtà raccolgono i più deleteri aspetti della generazione borghese. “L’unità”, 29 ottobre 1949 LA PERIZIA PSICHIATRICA RICHIESTA DALLA PARTE CIVILE AL PROCESSO DI LATINA DEL 31 LUGLIO 1962 PER RAPINA A MANO ARMATA Il 18 novembre 1961 Pasolini avrebbe minacciato, in guanti neri, con una pistola - caricata di un proiettile d’oro - il barista di un distributore di benzina di S. Felice Circeo per rubargli duemila lire. “Il Tempo” corredò la notizia sull’episodio “sconcertante” con un fotogramma del film “Il gobbo” (di cui Pasolini era un interprete) che lo riprendeva con in mano un mitra. Dietro questa assurda accusa, si nascose il vero “reato”: l’omosessualità. L’avvocato del barista richiese al professor Semerari una perizia psichiatrica su Pasolini: che stilò senza aver avuto nessun colloquio con lo scrittore… Il Pasolini ci è noto attraverso le sue opere letterarie ed i suoi lavori cinematografici: l’analisi psicopatologica della sua produzione ci potrebbe portare all’affermazione di una tendenza coprolalica e, qualora volessimo ispirarci alle teorie psicodinamiche, non sarebbe difficile dimostrare che la coprolalia è un comportamento “neurotico” e ad intravedere in tale comportamento la risultante di una “infermità”. Il Pasolini è un omosessuale esibizionista e skeptofilo (si fece masturbare e si masturbò alla presenza di tre ragazzi) ma, se si dovesse dar credito ai suoi tentativi di giustificazione dobbiamo pensare che si tratti anche di una personalità fortemente insicura ed estremamente suggestibile, al punto di farsi influenzare nel determinismo della sua condotta, anche quando si tratti di decidere nel senso di azioni criminose, dalla lettura di un “romanzo di argomento omosessuale”. Attraverso la nostra analisi abbiamo messo in evidenza da un lato l’esistenza di una grave anomalia del nucleo istintivo della personalità, dall’altro una condotta grossolanamente incomprensibile. Tenuto conto di quanto sopra appare evidente che nel caso in questione vi è il fondato sospetto che l’atto criminoso commesso dal Pasolini sia espressione di una infermità di mente che abbia escluso, o quanto meno, scemato grandemente la sua capacità di intendere e di volere. Ne scaturisce la necessità di sottoporre il soggetto ad accertamenti tecnici al fine di stabilire: a) se l’anomalia sessuale da cui il Pasolini è affetto riveste o meno il carattere della “infermità” prevista dagli artt. 88 e 89 C.P.; b) se tale infermità abbia avuto rilevanza del determinismo dell’azione delittuosa escludendo o scemando grandemente senza escluderle le capacità d’intendere e di volere del soggetto al momento del fatto; c) se trattasi di persona socialmente pericolosa. prof. Aldo Semerari dell’Università di Roma L’avvocato della vittima richiese alla Corte di acquisire la perizia agli atti. La Corte respinse la richiesta ma la perizia fu usata strumentalmente contro Pasolini e fu diffusa con /a subdola avvertenza di “non pubblicazione”. Al termine del processo lo scrittore fu condannato a 15 giorni di reclusione per minaccia a mano armata più 5 giorni per porto abusivo di arma con la condizionale e 10.000 lire di multa per non aver denunciato l’arma. La vicenda si trascinò per altri 6 anni, con l’intervento della Corte d’Appello che annullava la sentenza per amnistia, il ricorso in Cassazione, l’annullamento del processo da parte della Cassazione e il definitivo giudizio di un’altra sezione del Tribunale fino all’assoluzione per insufficienza di prove. I BUONI CONSIGLI DI UN VECCHIO SPECIALISTA… Qualche anno fa ho parlato a lungo con Pasolini della sua omosessualità... gli dissi che l’omosessualità è dovuta ad un mancato sviluppo ed a una regressione del comportamento erotico a fasi immature, preadolescenziali. È il prolungamento dei giochi sessuali dei ragazzetti. È l’impulso sessuale che non arriva ad orientarsi verso la donna, per troppo rispetto: angelicata, santificata, madonnificata sul modello della madre, e perciò da ritenersi a riparo dalla sessualità. Era stato lo stesso Pasolini, parlando con me, a dirmi che non sarebbe mai andato a letto con una donna perché sarebbe sembrato di farlo con la propria madre. Cesare Musatti …E I BONARI GIUDIZI D’UN GIORNALISTA MITE. "Salò", per me che, ripeto, mi dichiaro un incompetente, è una triste e noiosa confessione, il trionfo del deretano inteso come messaggio, il gioco macabro di una fantasia alterata, un esercizio che richiederebbe, più che l’interpretazione dell’esteta, quella dello psichiatra. Enzo Biagi CARI COLLEGHI… Caro Visconti, La mia simpatia per te è inalterata. Non te ne ho voluto (se non, veramente, per lo spazio di due o tre minuti) anche quando mi hanno detto che alla televisione francese hai sconsigliato la Callas fare un film con me; anche quando mi hanno detto che sei stato a Venezia al fianco di Fellini, complice con lui nel dir male, senza nominarlo, dell’assente (cioè di me: che ero assente per protestare contro due processi dovuti alla mia presenza a Venezia l’anno precedente. Non avrei mai preteso la solidarietà di Fellini, figlio obbediente. Ma la tua...) Pier Paolo Pasolini ASSASSINO O VITTIMA? Pino Pelosi fu assassino o vittima? A molti fece comodo avere un minorenne che si prendesse la responsabilità della morte di un “frocio”, «per salvare e proteggere la coscienza civile dei piccoloborghesi», come avrebbe forse suggerito lo stesso Pier Paolo. In fondo, si sussurrava, Pasolini se l’era cercata: piuttosto che abbordare ragazzi alla stazione poteva starsene a casa a scrivere poesie! A prescindere dalla veridicità della tesi di Pelosi, nel caso Pasolini fu evidente la strumentalizzazione dei mass-media sull’opinione pubblica, nella caccia di assassini e di capri espiatori per unirli nella stessa infernale demonizzazione. C’era la RAI con due telecamere che mi riprendevano mentre tentavo di camminare, ma anche un casino di gente tutt’intorno, e le mamme dei miei amici che mi circondavano con una corrente di simpatia, questo lo sentivo perché mi guardavano con compassione, qualcuna piangeva e mi gridavano: «Bravo Pino!» - «A Pi’, resisti!» - «Pino hai fatto bene!». Pino Pelosi UN VECCHIO CASTELLO. Il documentario “A futura memoria”, da cui è tratta questa didascalia, è fondamentale per capire l’opera e il personaggio Pasolini e ciò che ha significato per la cultura italiana. Ma non solo: con lucida e spietata determinazione racconta la storia di una persecuzione, il dramma di un poeta che, giorno dopo giorno, è stato assassinato. Fiumicino... il vecchio castello è una prima idea vera della morte come in un film di Godard, così Pier Paolo Pasolini descrive nella sua poesia “Una disperata vitalità” l’Idroscalo di Ostia, dove il suo corpo martoriato fu trovato all’alba del 2 novembre 1975. Ivo Barnabò Micheli L’EPILOGO Questa frase è stata scritta in fondo a un disegno dello scrittore, realizzato presumibilmente nel 1962. Rappresenta una serie di onde stilizzate, come tracce di un pensiero ossessivo… Il mondo non mi vuole più e non lo sa. Pier Paolo Pasolini LA MATTANZA Quando il suo corpo venne ritrovato, Pasolini giaceva disteso bocconi, un braccio sanguinante scostato e l’altro nascosto dal corpo. I capelli impastati di sangue gli ricadevano sulla fronte, escoriata e lacerata. La faccia deformata dal gonfiore era nera di lividi, di ferite. Nerolivide e rosse di sangue anche le braccia, le mani. Le dita della mano sinistra fratturate e tagliate. La mascella sinistra fratturata. Il naso appiatito deviato verso destra. Le orecchie tagliate a metà, e quella sinistra divelta, strappata via. Ferite sulle spalle, sul torace, sui lombi, con il segno degli pneumatici della sua macchina sotto cui era stato schiacciato. Un’orribile lacerazione tra il collo e la nuca. Dieci costole fratturate, fratturato lo sterno. Il fegato lacerato in due punti. Il cuore scoppiato. “Corriere della Sera”, 2 Novembre 1977 TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO Al saperlo morto ammazzato, così brutalmente, ho avuto un sentimento di colpa, come se quei segni sul suo corpo fossero le tracce di un lungo linciaggio, a cui anch’io avevo preso parte. Poi mi sono reso conto che non era quello il punto. Lottatore per vocazione, per rabbia e baldanza, Pasolini l’attacco lo cercava, lo stimolava quando la reattività pubblica si assopiva, si sentiva vivo solo quando poteva dire: “Perché mi sparate addosso?”. Era qualcosa di più di una vocazione masochistica, qualcosa di più ambizioso e di più tragico: una mimesi mistica del Crocefisso, naturalmente a testa in giù (…) . Allora, per uscire dal suo gioco, non resta che vedere se si può utilizzare la sua morte come lezione che non riguardi lui solo. Ci provo. Egli ci ha ripetuto che c’erano dei diversi respinti ai margini, e che non avremmo capito mai a fondo la loro sofferenza. La sua morte ci ricorda che, per quanto rispettato dalla società, un diverso deve pur sempre tentare la sua ricerca in luoghi oscuri, dove c’è violenza, rabbia e paura. Certo Pasolini avrebbe potuto permettersi di vivere la sua diversità altrove che non alla macchia. Può darsi abbia voluto continuare a farlo per orgoglio. Ora ci impone un esame di coscienza fatto con umiltà. Umberto Eco UN UOMO PULITO. Senza ipocrisie e senza veli, Laura Betti ha sempre difeso le verità umane e politiche su Pasolini e la sua morte. Ecco perché decisi - insieme a lui, come sempre - di non accettare, di disobbedire, di dare scandalo, di denunciare cosa può accadere ad un uomo pulito “in un paese orribilmente sporco”. E cominciai a raccogliere tutte le condanne a morte che gli erano state decretate con l’accordo delle destre nere e delle sinistre nere che stavano dietro la rete, tra i morti viventi. Laura Betti |
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