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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

GLI ASSASSINI, DEI CADETTI ABBORDATI IN UN BAR, NON SI SONO ACCORTI DEL VIDEOREGISTRATORE ACCESO. MISTERO SUL MOVENTE

Trieste, la vittima un gay che filmava gli incontri di nascosto. Presi tre egiziani.

“Corriere della Sera”, 6 Aprile 2000

 

TRIESTE - Si vede o s'intuisce tutto, dal principio alla fine. La telecamera nascosta dal padrone di casa sotto il televisore, per trasformare il salotto in un artigianale set televisivo, registra il rapporto sessuale tra l'uomo e i tre cadetti egiziani abbordati in un bar la sera precedente. La tivù accesa rimanda a sua volta le immagini di un film pornografico davanti al divano.

D'un tratto i tre africani si danno un cenno d'intesa e due escono di scena. Si sente un rumore di cassetti e li si vede riapparire poco dopo, entrambi con un coltello da cucina. Bruno Cosolo, 50 anni, incensurato dipendente di un'azienda telefonica, si volta e forse capisce che sta per morire. Il terzo egiziano si stacca da lui, gli altri due gli sono già addosso e lo accoltellano ripetutamente. Una lama si spezza per la violenza dei colpi. La vittima tenta una fuga disperata: da quel momento nel filmato restano solo le voci registrate e il sangue sparso ovunque a narrare l'accaduto.

Cosolo si trascina fino al pianerottolo, ma viene raggiunto e ancora colpito, e stramazza sulle scale. Spirerà un'ora dopo, all'ospedale, per l'emorragia provocata dalla perforazione di un polmone. L'omicidio in videocassetta dura sette-otto minuti e scorre, durante la notte di ieri, davanti agli inquirenti impietriti: «Scene agghiaccianti, di una tristezza inenarrabile. Mai visto nulla del genere in trent'anni di carriera», racconta il dirigente della Squadra mobile di Trieste Sergio Sodano.

Gli assassini, inchiodati dalla più schiacciante delle prove, sono già in carcere. Si chiamano El Fil Amr Mahmud, Ibrahim Al Hegab e Walid Mohammed El Manawhxl, rispettivamente di 31, 32 e 31 anni: tre allievi ufficiali della Marina mercantile egiziana, giunti a Trieste lunedì con la nave «Ikhnaton» ormeggiata al porto nuovo. Sono stati smistati dal pm Raffaele Tito in tre penitenziari diversi - Trieste, Gorizia e Udine - per evitare che si accordino sulle versioni. Resta infatti tutto da chiarire il perché: i tre hanno espresso agli inquirenti una sconclusionata volontà di punizione o vendetta nei confronti dell'omosessualità dell'uomo, che forse li aveva pagati in anticipo per le loro prestazioni. Nessun indizio fa credere a uno scopo di rapina, né a una reazione al comportamento della vittima durante il rapporto. Di certo non sapevano della telecamera: non avrebbero lasciato lì la videocassetta firmando la propria condanna. Anche il loro tentativo di fuga è stato maldestro. Due sono scappati a piedi dalla casa di Cosolo, nel centrale viale XX Settembre, e sono stati bloccati poco distante dal porto. Il terzo, scalzo e imbrattato di sangue, ha preso un taxi. L'autista non ha colto nulla di strano, ma un passante ha segnalato l'uomo alla polizia, che ha rintracciato sul cellulare il guidatore del mezzo: «Non perda la calma, ma faccia attenzione: ha un criminale a bordo». Il tassista ha mantenuto il sangue freddo e ha condotto l'egiziano alla nave, come richiesto, in un punto dietro il quale erano appostate le forze dell'ordine. I poliziotti hanno atteso che l'uomo salisse sulla nave, lo hanno seguito e arrestato. Intanto i loro colleghi scoprivano il video-choc a casa della vittima. Così il caso si è chiuso in poche ore, anche se il movente resta ancora oscuro.

Bruno Cosolo era noto come omosessuale alle forze dell'ordine, che gli hanno trovato in casa decine di videocassette pornografiche sia professionali, sia girate da lui con i suoi partner occasionali e probabilmente inconsapevoli, che reclutava abitualmente nei bar della zona portuale.

Ma non risulta che l'uomo abbia mai commesso reati, né creato problemi ai vicini e ai colleghi.

L'altra sera, attendendo i tre egiziani, aveva curato persino i dettagli dell'atmosfera con musica e incenso.

 

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