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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Trans colombiano massacrato in un appartamento a Trastevere

Il giovane, in slip e reggiseno, è stato trovato da un suo amico nel bagno: era inginocchiato, il cranio fracassato da un corpo contundente, forse una staffa di legno del letto

Di Roberto Pontiroli Gobbi (ha collaborato Marco De Risi) – “Il Messaggero”, 15 Ottobre 2003

 

Erika Johana

Il cadavere lo ha trovato un suo amico che lo cercava da almeno un paio di giorni: lo chiamava sul telefonino senza ricevere risposta. Così ha deciso di andare direttamente nella casa dove abitava, in via del Moro 33, alle spalle di piazza Trilussa, nel cuore di Trastevere. Ha aperto la porta. Il miniappartamento, al pianterreno, era a soqquadro. In bagno la scena agghiacciante: il transessuale colombiano era in ginocchio, seminudo, in slip e reggiseno, riverso in posizione fetale, sulla vasca da bagno, con una mano poggiata all’interno della vasca. Aveva il cranio racassato da un oggetto contundente, un bastone, o forse, come è stato ipotizzato, una staffa di legno di un letto.

L’amico, un italiano trentenne, ha avvertito il “112” intorno alle 20,30. Ma la morte del sudamericano - «diceva di avere 32 anni», ha detto l’amico - molto probabilmente, è avvenuta la settimana scorsa. Comunque lo stabilirà con esattezza l’autopsia. «Quattro o cinque giorni fa - rivela un condomino del palazzo - di notte abbiamo sentito delle urla: ”Aiuto, aiutatemi”, si sentiva gridare. Ci siamo affacciati nell’androne, ma non abbiamo notato nulla, né visto qualcuno uscire». E’ probabile, quindi, che sia stato assassinato proprio quella notte. «Era da poco che abitava qui - ricorda Mario, un altro vicino - una decina di giorni, sicuramente meno di un mese. Qualche volta lo incontravo; era sempre molto curato nel vestire».

L’appartamento dove è stato assassinato il trans colombiano è una delle classiche bomboniere trasteverine affittate a peso d’oro. «Gli inquilini cambiavano spesso - aggiunge il condomino che ha sentito le urla - perché quella casa veniva affittata per periodi brevi: per un mese, ma anche per una settimana».

Del giovane colombiano si sa ancora poco. Sembra si facesse chiamare “Erika”. Le indagini sono condotte dai carabinieri del Nucleo operativo di via in Selci congiuntamente ai colleghi della compagnia Trastevere. Si cerca di ricostruire gli ultimi movimenti e le frequentazioni della vittima. Nel frattempo i biologi del Racis sono intervenuti in via del Moro per effettuare i rilievi, per stabilire la dinamica dell’omicidio e, nel contempo, rinvenire qualche elemento organico che possa portare a identificare l’assassino.

Un delitto d’impeto, forse generato da motivi passionali, come spesso accade in omicidi analoghi che hanno come filo conduttore la trasgressione. Fatto sta che l’appartamento è attraversato da una scia di sangue. Ciò fa supporre che la vittima si sia trascinata fino al bagno mentre l’assassino continuava a sferrargli i colpi, almeno una decina, visto che numerose tracce ematiche sono state trovate anche sui muri. Parallelamente agli elementi biologici, gli investigatori concentreranno la loro attenzione sul telefonino di “Erika”. Uno dei numeri che apparirà sui tabulati, potrebbe essere quello dell’assassino.

 

L’omicida è un domestico umbro. In manette anche l’affittacamere: l’ha nascosto ad Anzio

Di Rinaldo Frignani – “Corriere della sera”, 16 Ottobre 2003

 

Per quasi quattro giorni si è nascosto nell'appartamento di Anzio che la sua datrice di lavoro gli aveva trovato per sfuggire alla cattura. Ma le intercettazioni telefoniche e la testimonianza di un'amica della vittima lo hanno fatto scoprire. È stato risolto così, dopo appena undici ore di indagini, il giallo dell'omicidio di Erika, alias Majery, transessuale colombiano di 32 anni, ucciso a coltellate e con un corpo contundente nel suo monolocale in via del Moro, a Trastevere. L'assassino, un domestico umbro di 40 anni fuggito sul litorale anziate dopo il delitto commesso nella tarda serata di sabato scorso, ha confessato tutto. «Erika non mi voleva - ha detto in Procura davanti al pm e al suo avvocato - non voleva fare l'amore con me. Anzi, mi ha trattato male, mi ha insultato più volte. E l'ho uccisa». Quindici coltellate all'addome, forse qualcuna di più, oltre a colpi alla testa sferrati con un pezzo di legno staccato dal letto durante la furibonda colluttazione con Johana Erika Gomes Barracos, nato a Bogotà, passaporto colombiano con generalità femminili, anche se Erika, o Majery come era scritto sulla sua pagina web in un sito Internet dedicato ai transessuali, era ancora un uomo, almeno in senso biologico. L'omicida, del quale non è stato ancora reso noto il nome per ordine del Procuratore reggente Salvatore Vecchione, conosceva la sua vittima dall'agosto dello scorso anno. Le sue avances, sempre più pressanti e violente, erano iniziate pochi giorni dopo l'arrivo di Erika, che aveva preso in affitto il minuscolo appartamento al pianterreno di via del Moro 33 dove riceveva amici e clienti «agganciati» su Internet o con annunci sui giornali.

«Sensuale come una gatta, aggressiva come una pantera. Call me», c'era scritto sul web ora oscurato dai carabinieri del Nucleo operativo coordinati dal maggiore Giovanni Arcangioli. «Andava con tutti, ma non con me», ha aggiunto durante l'interrogatorio l'assassino che, prima di allontanarsi dal monolocale, ha lavato gli abiti macchiati di sangue e pulito il coltello usato per uccidere Erika, rimettendolo poi a posto.

Pensava che nessuno sarebbe risalito a lui. E invece i tecnici del Racis hanno trovato subito tracce di sangue sui vestiti, sul coltello stesso, sulle scarpe indossate fino a ieri mattina ad Anzio. Un grumo di sostanza ematica si era incastrato nella suola di gomma. Anche le orme lasciate sul pavimento del monolocale sono compatibili con quelle calzature. All'inizio il domestico ha negato, poi è crollato. Dopo di lui, senza fissa dimora e pregiudicato per furto e falso, è finita in carcere anche per favoreggiamento Laura Viotti, 60 anni, incensurata. E’ la donna che aveva dato in locazione il locale ad Erika: dopo aver saputo dell'omicidio, aveva consigliato all’assassino di cambiare aria per non veder rovinare il giro di affitti settimanali dei suoi «bed&breakfast». «Era un ragazzo molto sofferente», ha tentato di giustificarlo.

 

Secondo il pm Leonardo Frisani, Benedetti avrebbe ucciso “Erika” dopo il rifiuto di quest’ultimo di assecondare un suo approccio amoroso
L’uomo, accusato nel 2003 dell’omicidio a Trastevere, è stato scagionato

“La Repubblica”, 17 Febbraio 2005

 

Scagionato per non aver commesso il fatto. Con questa motivazione il gup di Roma Maria Grazia Giammarinaro ha scagionato Franco Benedetti, 42 anni, dall’accusa di aver ucciso a coltellate, il 15 ottobre 2003, il transessuale colombiano Erika Johana Barajas Gomez, di 32 anni. L’omicidio avvenne in un monolocale di via Del Moro, a Trastevere, dove abitava il transessuale e dove Benedetti era addetto alle pulizie. L’imputato, accusato di omicidio volontario, era stato giudicato con il rito abbreviato. Secondo il pm Leonardo Frisani, Benedetti avrebbe ucciso “Erika” dopo il rifiuto di quest’ultimo di assecondare un suo approccio amoroso. Ne sarebbe nata una discussione e Benedetti avrebbe prima colpito alla testa e poi accoltellato Gomez all’addome. Secondo il gup Giammarinaro però le prove raccolte dall’accusa non erano sufficienti.

 

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