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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Delitto della Mandria, due uomini sotto torchio nella notte
Il telefonino ha rivelato i suoi spostamenti, sull’auto di Susbenso trovate impronte e tracce di sangue mal lavate
I sospetti indirizzati da foto e numeri telefonici
L’omicidio commesso forse durante una lite
Un amico della vittima e un pregiudicato di Mathi interrogati a lungo in Procura

Di Niccolò Zancan - “La Repubblica”, 10 Febbraio 2004

 

Non è stato un lavoro da professionisti. I tabulati telefonici raccontano gli spostamenti verso il parco della Mandria di tre persone diversissime, insieme per la prima ed ultima volta sulla stessa macchina. Una è già morta, avvolta in una coperta, sta per essere scaricata fra i prati e la strada. Ci sono tracce di sangue nel bagagliaio della Lancia Lybra di Sergio Susbenso, un’impronta sullo specchietto retrovisore e un’altra impronta sul portellone. L’assassino e il suo complice non sono riusciti a lavare via i resti di un omicidio senza motivo.

Quattro coltellate per un litigio da bar, sembra. Una storia cupa, un finale tragico. Ma adesso tutte le ombre stanno per essere svelate, l’ultima notte di un uomo gentile, operaio modello, carrellista per vent’anni alla cartiera Alstrhom di Mathi Canavese, costretto a una doppia vita per sfuggire alle maldicenze del paese. Sergio Susbenso era omosessuale. I suoi genitori pensavano che certe timidezze fossero dovute a un problema fisico, a una malformazione che gli rendeva un po’ goffa la camminata.

Lui amava tantissimo camminare, più di ogni altra cosa. E i carabinieri che stanno per chiudere il cerchio delle indagini, sono partiti proprio da alcune fotografie che lo ritraggono in compagnia di un ragazzo, felice e sorridente, su per un sentiero di montagna. È lo stesso ragazzo di vent’anni, bruno, tarchiato, con le basette e una giacca color panna, sentito ieri sera per più di cinque ore dal pm Stefano Castellani. È arrivato in procura alle sei di sera accompagnato dal maggiore Mauro Masic, il comandante del reparto operativo dei carabinieri. Alle undici stava ancora rispondendo alle domande.

È un ragazzo di Mathi Canavese. Come l’altro uomo al centro dell’inchiesta. Un balordo di quarant’anni conosciuto per certi problemi con l’alcol e notevoli difficoltà a mantenere la calma. È un pregiudicato con precedenti per rissa aggravata, percosse e violenza privata. Al bar di Mathi, adesso, tutti ricordano anche Sergio Susbenso: «Passava di qui ogni tanto, ma era una persona timida, molto riservata, parlava poco».

Per arrivare a due nomi, i carabinieri sono partiti da due telefoni cellulari. Quelli trovati a casa della vittima nelle ore immediatamente successive alla scoperta del cadavere. C’erano molti numeri, soprattutto c’erano le ultime chiamate registrate. Tracce importantissime per cercare di addentrarsi nella riservatezza di un’esistenza sempre defilata. Una doppia vita di cui la famiglia era completamente all’oscuro. Nella cascina ristrutturata di Balangero, dove Sergio Susbenso viveva assieme ai genitori, c’erano anche delle lettere e delle fotografie. Così sono stati messi insieme i primi pezzi di un’indagine difficile.

Ieri i tabulati telefonici hanno confermato che il lavoro degli investigatori aveva preso la direzione giusta. Il delitto è stato commesso lontano dalla Mandria. Lo provano quelle macchie di sangue nel bagagliaio. Il corpo di Susbenso è stato scaricato in una roggia dopo le tre di mercoledì notte. I telefonini delle persone al centro dell’indagine risulterebbero collegati alla rete proprio in quella zona, proprio in quelle ore. Poi, c’era il problema di pulire le tracce. Di far sparire un’auto in grado di raccontare moltissime cose. L’assassino e il suo complice l’hanno tenuta nascosta per tutta la giornata di giovedì. Hanno cercato di lavare il sangue, le impronte, la storia di quella notte tremenda. Venerdì, dopo le otto del mattino, l’hanno lasciata in una stradina defilata di Villanova Canavese. Avrebbero voluto bruciarla nei boschi, ma hanno avuto paura. E la paura li ha traditi.

 

Sentenza per il delitto Susbenso - Il ragazzo verserà 100mila euro alla famiglia della vittima

Di S. Mart. - “La Repubblica”, 28 Maggio 2005

 

Quindici anni, otto mesi e venti giorni di carcere per aver ucciso un uomo al solo scopo di comprare due maglie e un paio di Jeans. Tarik Zatar, marocchino di 23 anni, è stato condannato ieri in abbreviato dal gup Claudio Ferrero che ha riconosciuto l’accusa di omicidio volontario sostenuta dal pm Stefano Castellani. Il giovane dovrà anche pagare una provvisionale di centomila euro ai parenti della vittima: 70 mila andranno ai genitori, 20 mila alla sorella, e 10 mila al cognato. Insieme al cugino Yuness, minorenne all’epoca dei fatti e già condannato a novembre scorso a dieci anni di reclusione, Zatar aveva massacrato a coltellate Sergio Susbenso, 40 anni, operaio omosessuale di Balangero, gettando il suo cadavere in una roggia della Mandria: era il 5 febbraio 2003. Dopo una settimana di indagini, gli inquirenti avevano scoperto che a commettere l’omicidio erano stati i due extra-comunitari. Tarik Zatar, il più grande fra i due, pregiudicato era riuscito a convincere il cugino, studente di 17 anni, timido e tranquillo, a farsi aiutare e a nascondere il cadavere. A tradirli era però stata un busta della Rinascente ritrovata sull’auto della vittima, una Lancia Lybra, con dentro ancora lo scontrino degli acquisti effettuati con i soldi rapinati alla vittima. Il pm Castellani era riuscito così a risolvere il delitto: le telecamere del parcheggio del grande magazzino avevano infatti registrato i due cugini a bordo dell’auto di Susbenso. I due conoscevano la doppia vita della vittima, e avevano deciso di attirare l’operaio in una trappola proponendogli un incontro sessuale: volevano invece ricattarlo e rapinarlo. Ma quando la vittima aveva cercato di difendersi, avevano perso il controllo della situazione e l’avevano colpito con quattro coltellate all’addome. Poi avevano avvolto il cadavere in una coperta, e l’avevano gettato in un fosso, lungo la strada che costeggia la Mandria.

 

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