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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Marcello Righettini lavora nella moda e nella televisione. E’ rimasto vittima di una rapina a Roma. L’uomo è di Civitella. Gli aggressori ricercati per tentato omicidio

Di Giuseppe Martina - “Il Messaggero”, 24 Gennaio 2004

 

ROMA - L’hanno picchiato a sangue fino a sfigurargli il volto, legato ad un albero, imbavagliato e dopo aver tentato di strozzarlo con una corda l’hanno abbandonato per terra e sono scappati: vittima della brutale aggressione ad opera di tre immigrati dell’Est ricercati per tentato omicidio è Marcello Righettini, 32 anni, originario di Civitella Roveto e direttore di un’agenzia di servizi operante nel settore della moda e della televisione.

E’ accaduto venerdì sera, ai margini della via Salaria a Roma, dove il giovane si trovava per lavoro. Righettini è adesso ricoverato al “Sandro Pertini”, con il naso fratturato, escoriazioni ed ecchimosi al collo e al viso, e 30 giorni di prognosi. I rapinatori, fuggiti con l’Alfa 156 della vittima derubato anche di un cellulare, un pc portatile, due videocamere digitali e 500 euro, sono tre romeni, clandestini: due di essi sono già stati identificati Righettini li ha riconosciuti da alcune foto segnaletiche. Uno, in particolare, Gheorge M. 21 anni, conosceva bene la vittima e sarebbe stato proprio lui a ideare la rapina tendendo una trappola all’amico. «L’avevo conosciuto mesi fa in un locale nei pressi della stazione Termini - racconta dall’ospedale Righettini che in passato tra l’altro era apparso in tv per cercare il padre naturale negli Usa - ho cercato di aiutarlo, di tirarlo fuori dalla strada facendolo lavorare per me. Gheorge è un bel ragazzo, aveva le qualità per fare il fotomodello. Non ho mai nascosto la mia omosessualità. Venerdì sera l’ho portato a cena, poi verso le 21 ha chiesto che lo riaccompagnassi alla casa cantoniera in disuso, nella zona di Settebagni, lungo i binari della ferrovia, dove era solito dormire. Una volta lì, sono saliti sulla mia macchina altri due romeni. E’ stato un attimo, uno ha cominciato a colpirmi ripetutamente, pugni in volto e alla testa. Mi hanno spinto fuori dell’Alfa e trascinato nell’erba, poi mi hanno bloccato le mani con dei lacci, e legato i piedi con una cintura ad un albero. Come se non bastasse, m’hanno infilato un fazzoletto in bocca e messo una corda al collo. "Non uccidetemi, vi supplico", urlavo io. Ho visto la morte in faccia. Poi sono svenuto. Mi sono risvegliato col rumore dei treni che passavano. Non so neppure io come ho fatto a liberarmi».

 

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