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Aggiornato Venerdì 26-Gen-2007

 

Nell'agguato l'uomo ha riportato anche la frattura dell'omero sinistro. La Squadra Mobile ha individuato gli autori - Pordenonese di mezza età preso di mira da quattro minorenni. Spedizione punitiva in Via Gorizia

Di Roberto Vitale - “Il Gazzettino”, 6 Luglio 2004

 

Picchiato selvaggiamente perchè omosessuale. Protagonista di un vero e proprio agguato è stato Mauro, un uomo di mezza età, un commerciante pordenonese "massacrato" con calci e pugni nell'area dei giardini compresa tra viale Gorizia e il Bronx. Una vittima predestinata di un raid punitivo compiuto lo scorso febbraio da una baby gang italo-albanese. Quattro minorenni che prima di agire erano andati nell'esercizio commerciale dell'uomo, fingendo di essere interessati all'acquisto di alcuni prodotti. Hanno studiato i suoi spostamenti e le sue abitudini. Poi sono entrati in azione.

La banda di balordi non era la prima volta che "puniva" un gay. Di questo ne sono certi gli investigatori della Squadra Mobile di Pordenone, i quali sono risaliti agli autori del fatto dopo un'indagine su alcuni furti messi a segno nella zona del parcheggio Marcolin. Nei guai sono finiti E.S., 16 anni, di Durazzo (Albania); D.G., 16 anni, di Siracusa; G.M., 17 anni, di Orikum Vlore (Albabia) e A.D.A., 17 anni, di Nola in provincia di Napoli, tutti residenti a Pordenone e denunciati in stato di libertà. Nei loro confronti il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Trieste, Matteo Giovanni Trotta, contesta le ipotesi di reato di concorso in furto aggravato e lesioni volontarie.

Da quanto è emerso dalle indagini, la banda è entrata in azione il 24 febbraio, poco dopo le 21, in viale Gorizia, da dove l'uomo, dopo aver parcheggiato la sua autovettura, si è diretto a piedi, attraverso il parco, verso un bar di Borgo Sant'Antonio. A un certo punto ha avvertito alle sue spalle la presenza di cinque giovani, di statura medio alta e corporatura snella, che correvano verso di lui. A quel punto Mauro si è impaurito è ha tentato di allontanarsi il più veloce possibile, ma in breve è stato raggiunto dalla banda di giovani che lo ha aggredito con calci e pugni, manifestando intolleranza verso i gay. Una violenza feroce e gratuita che gli ha procurato la frattura del collo e dell'omero sinistro. Ma la disavventura di Mauro non è finita. Dopo essere stato soccorso da un passante, è stato accompagnato alla sua autovettura dove si è imbattuto nuovamente nella baby gang. I ragazzi stavano rubando una tessera bancomat emessa della Banca Popolare di Vicenza, il certificato di proprietà dell'auto e tre agende con decine e decine di nomi e numeri di telefono degli amici della loro vittima.

Dalle indagini è emerso che la banda di giovani ha aggredito, nella stessa sera, un altro omosessuale. Anche in quella occasione, secondo gli investigatori, si è trattato un episodio di violenza ai danni di un individuo scelto come "vittima" per la sua condizione di omosessuale. Ma tra gli omosessuali sembra non esserci più la paura di uscire allo scoperto. Di questo ne è certo Mauro che ha raccontato la sua disavventura alla Polizia.

«È riapparsa l'intolleranza - confessa Mauro - Alcuni ragazzotti si divertono a prendere di mira i gay che si ritrovano la sera. Attirano i malcapitati, dimostrandosi disponibili con movenze ed esibizioni inequivocabili. Una volta catturata la loro attenzione, li aggrediscono con catene e coltelli». «I gay - continua Mauro - sono restii a sporgere denuncia per questioni di riservatezza e perché l'aiuto delle forze dell'ordine è spesso controproducente. Ora spero che le pattuglie addette al controllo della quiete pubblica possano impedire il ripetersi di queste spedizioni punitive. Non siamo cittadini di serie B».

«Il capoluogo è costantemente vigilato dalle volanti - dichiarano in Questura - Le vittime di reati che ritengano necessario tutelare la propria privacy possono contattare l'Ufficio denunce della Questura (0434.238111), concordando l'eventuale invio nella propria abitazione di personale specializzato».

Già nel passato le aree di viale Gorizia e del piazzale Marcolin erano state tenute d'occhio in modo particolare da Polizia e Carabinieri. C'erano state ispezioni notturne e retate. Forse il fenomeno era partito come una sorta di "vendetta adolescenziale" nei confronti dei diversi, ma si è trasformato in qualcosa d'altro.

 

Corai: «Prima la cultura». La denuncia in una lettera

“Il Gazzettino”, 23 Dicembre 2004

 

Pordenone - Tutto partì da una lettera denuncia pubblicata sul Gazzettino. Nella missiva, che voleva rappresentare un appello alla Questura per avviare le indagini, un omosessuale di Pordenone, Mauro, raccontava il suo "incontro ravvicinato" con la banda dei giovani teppisti. Il testo completo svelava una serie di elementi circostanziati, rispetto alle dinamiche d'azione della baby gang, che poi si sono rivelati utili alle indagini.

A convincere Mauro a uscire dall'omertà, prendendo posizione allo scoperto con la sua denuncia, era stato Italo Corai. Il professore in pensione, 69 anni, autore di libri e ricerche in diversi ambiti socioculturali, non vuole però essere considerato il portavoce o la coscienza critica dei gay. «In tutta la mia vita - premette - ho sempre lottato contro i soprusi e per i diritti civili. Sono contento che abbiano bloccato le azioni sconsiderate di questi ragazzi, ma mi sento di guardare al loro status quasi con tenerezza. Sono solo dei balordelli di periferia, privi di ogni riferimento». Entrando nella metafora: né bruchi né farfalle.

«Sono convinto - puntualizza il prof - che non avessero neppure elaborato una strategia vera e propria per non farsi beccare. In fondo resta tutta una questione di cultura: definire gli omosessuali con quei termini spregiativi, cari pure a certi politici corti di cervello, dà l'idea che nei loro confronti tutto sia lecito. Anche la presunta liberalizzazione dice che si possono tollerare, purché "restino al loro posto" o si comportino da macchiette, magari in un salotto televisivo. Prendere atto che esistono semplicemente delle differenze nei comportamenti sessuali delle persone sembra troppo complesso...».

Corai, chiudendo il cerchio dell'analisi sull'atteggiamento omofobico? «Resta molta strada da percorrere in termini di civiltà e non bisogna fermarsi alla fase punitiva».

Franco Grillini, deputato diessino e presidente onorario dell'Arcigay, plaude all'azione delle forze di Polizia: «L'Arancia meccanica di Pordenone - è il suo pensiero - mette in luce, ancora una volta, l'esistenza drammatica di questa forma di violenza nel nostro Paese. È una rilevante patologia sociale che va dal dileggio allo scherno, diventando discriminazione e infine aggressione e omicidio. Desta una preoccupazione particolare l'età dei responsabili della vicenda, poiché tutti i sondaggi mostrano che la tolleranza verso la diversità è più diffusa nelle giovani generazioni». Sulla stessa linea Sergio Lo Giudice, leader nazionale dell'Arci: «La legge Mancino del '93, contro le discriminazioni, non è applicata nella tutela di gay e lesbiche».

 

Orrore - Choc a pordenone
Si scagliavano con spranghe, catene e bastoni contro chi capitava loro a tiro. Arrestati quattro minorenni

“L'Adige”, 23 Dicembre 2004

 

PORDENONE - Con spranghe, catene e bastoni contro cittadini inermi, gay e disabili: era il passatempo preferito di una vera e propria «baby gang» - una ventina di adolescenti tra i 15 e i 17 anni - scoperta dalla Questura di Pordenone al termine di alcuni mesi di indagini.

L’inchiesta è stata avviata dopo che un omosessuale di Pordenone, con una «lettera aperta» inviata in maniera anonima alle redazioni di giornali e televisioni private del capoluogo della Destra Tagliamento, aveva denunciato «ripetuti episodi di aggressione e di violenza», compresi pestaggi compiuti con l’uso di catene e bastoni. Le indagini sono scattate immediatamente e hanno permesso di scardinare l’organizzazione: quattro ragazzi sono stati arrestati per concorso in lesioni personali, furto aggravato, ricettazione, danneggiamento e incendio; altri due minorenni sono stati denunciati in stato di libertà e indagini sono in corso su almeno altri dodici adolescenti che, secondo quanto riferito dalla Polizia di Pordenone, avrebbero potuto far parte del gruppo.

Diversi gli episodi al centro dell’attenzione degli inquirenti. Oltre alle aggressioni agli omosessuali anche furti in appartamenti e automobili, pestaggi di gente comune e l’aggressione, forse l’episodio più odioso, a un disabile che non è stata portata a termine solo per l’intervento di alcune persone e il successivo arrivo delle Volanti della Questura.

Insomma una vera e propria «Arancia meccanica» post litteram nel ricco Nordest d’Italia. Solo che non era la noia o la passione per Beethoven che spingeva, all’imbrunire, la banda a uscire di casa e agire. E, forse, vista l’età, nemmeno la carica erotica che Kubrik faceva esplodere sulle note dell’Eroica. Forse è stata solo la voglia di procurarsi qualche sensazione forte a spingere questi ragazzi (tra di loro alcuni albanesi) a compiere vere e proprie spedizioni punitive. Forse è stata solo «la mancanza di ideali che nell’era dei telefonini e dei videogiochi diffusi - come ha sottolineato l’arcivescovo di Udine, mons. Pietro Brollo, nel suo saluto per il prossimo Natale - ha contagiato un po’ tutta la società facendole perdere la profondità e la bellezza del messaggio della Natività». Forse sono state solo l’ignoranza, la stupidità, la maleducazione e l’intolleranza a invadere il «branco», a farlo degenerare, a spingerlo su una deriva devastante e particolarmente odiosa. Saranno i sociologi a spiegare i tanti perché.

Intanto la notizia non poteva non gettare nella costernazione e nell’incredulità i pordenonesi. «Dobbiamo alzare la guardia - ha detto il sindaco Sergio Bolzonello - perchè, forse, non abbiamo mai sufficiente attenzione per i nostri figli». Ma parallelamente è cominciata anche la girandola dei j’accuse. Ha cominciato il senatore carnico Francesco Moro, vicepresidente leghista del Senato. «È causa della scuola - ha detto - che è alla deriva. Mi auguro che i nuovi cicli e i nuovi programmi pongano fine a tutto questo». Gli ha risposto Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, secondo il quale «è invece ora che per certi reati la responsabilità penale sia dei genitori. La variegata evoluzione del crimine minorile - ha aggiunto - non può essere sottovalutata. Ma non possiamo omettere le responsabilità dei genitori». Sulla scuola ha puntato l’indice accusatore anche l’Arcigay. «La scuola italiana non fa nulla per contrastare la diffusione di atteggiamenti antigay fra i giovanissimi. Così rischia, suo malgrado, di diventare maestra di omofobia».

 

A Pordenone una banda di adolescenti (15-17 anni) derubava e aggrediva, anche con bastoni e catene, persone omosessuali. La denuncia è partita da un ragazzo gay che era stato aggredito più volte. Arcigay chiede una modifica alla legge

22 Dicembre 2004

 

Una violenza gratuita e probabilmente ritenuta impunibile perché fatta a danno di persone omosessuali. Questi fatti, che hanno spesso per protagonisti ragazzi giovanissimi, sono la conseguenza di una cultura omofobica diffusa, per cui colpire un omosessuale può addirittura sembrare una cosa giusta, in quanto si colpirebbe "la feccia dell'umanità".

L'inchiesta di Pordenone che ha portato alla cattura dei minorenni è stata avviata in seguito a una "lettera aperta" inviata, in maniera anonima, alle redazione di giornali e televisioni private di Pordenone, da un omosessuale che denunciava ripetuti episodi di aggressione e violenza, compresi pestaggi compiuti con l'uso di catene e bastoni. La denuncia è partita dalle pagine del Gazzettino, il 7 marzo scorso. Il cronista, che riprendeva l'allarme di un lettore gay, ha dato avvio all'inchiesta della Polizia «Sono stufo d'essere minacciato, sbeffeggiato e malmenato - era il tenore della denuncia del gay - perciò chiedo aiuto al Questore attraverso il Gazzettino. Sono gay e sono convinto che se dovessi rivolgermi alla Polizia non sarei preso sul serio». Un concetto che il questore Vincenzo Stingone ha voluto sconfessare ufficialmente: «Il risultato di questa inchiesta - ha detto - dimostra che per la Polizia non ci sono cittadini di serie A o di serie B. Ci sono comportamenti fuorilegge che perseguiamo».

 

Comunicato stampa di Arcigay - Bologna, 22 Dicembre 2004

 

“La scuola italiana non fa quasi nulla per contrastare la diffusione di atteggiamenti antigay fra i giovanissimi: così rischia di diventare, suo malgrado, maestra di omofobia”. È questo il primo commento di Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay, alla notizia dell’arresto di quattro componenti di una banda di ragazzi dai 15 ai 17 anni che aggrediva con catene e bastoni gay e disabili a Pordenone.

“Le aggressioni contro i gay continuano a verificarsi su tutto il territorio nazionale – prosegue Lo Giudice, insegnante in un liceo bolognese, dove è referente di un progetto europeo sulla prevenzione del disagio degli adolescenti gay e lesbiche nella scuola – anche perché manca un’adeguata percezione del disvalore sociale della piaga dell’omofobia in larghe fasce della popolazione giovanile”.

Negli ultimi mesi sono stati numerosi i casi di aggressioni antigay sul territorio nazionale. Il 18 aprile a Lucca si è verificata una violenza sessuale “punitiva” contro una ragazza lesbica. Il 12 giugno a Teverola (Caserta) una coppia gay è stata aggredita da un “branco” in un bar. Il 24 ottobre, a Napoli, due ragazzi gay sono stati aggrediti e schiaffeggiati da un gruppo di coetanei nella centralissima Piazza Bellini. Il 25 ottobre a Milano due ragazzi, mano nella mano, sono stati aggrediti e picchiati in corso Gottardo al grido di “froci” e “culattoni”, termine rilanciato pochi giorni prima dal ministro fascista Mirko Tremaglia.

“Questa escalation di violenza – aggiunge il presidente di Arcigay – è anche il frutto di uno dei tanti paradossi italiani: dal 1993 è in vigore la legge Mancino (detta anche “ anti-naziskin”) che assicura protezione contro le discriminazioni e le violenze motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose. L’orientamento sessuale, una delle principali cause di discriminazione ed intolleranza, ne è rimasta fuori: questo rischia di tradursi in una sorta di istigazione a riversare la propria aggressività nei confronti di gay e lesbiche, unico fra i gruppi sociali storicamente oggetto di pregiudizio che non è garantito da una specifica tutela penale”.

Una proposta di modifica di quella legge, proposta da Arcigay, era arrivata ad essere discussa dalla commissione Affari costituzionali della Camera, ma la maggioranza dell’Ulivo aveva fatto marcia indietro di fronte alle pubbliche rimostranze del cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei.

Sta andando meglio in Francia, dove il governo di centrodestra, sta per varare una legge contro l’omofobia.

I fatti di Pordenone hanno avuto uno specifico ma più tragico precedente a Londra dove, lo scorso 31 ottobre, un gay trentasettenne, David Morley, è stato ucciso a coltellate e a calci da una banda di ragazzi e ragazze dai quattordici ai vent’anni.

Luigi Valeri

 

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