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Aggiornato Domenica 18-Ott-2015

 

Castelnuovo: Diventa caso emblematico quello di T. E.: il 18 maggio una manifestazione in paese con CGIL e partiti di sinistra
Un’assistente accusa il S.Giuseppe. La cooperativa: "normale turn-over"

Di Eliana Corno - "Corriere di Chieri", 3 Maggio 2002

 

CASTELNUOVO DON BOSCO - Un caso di discriminazione verso una transessuale o un normale “turn-over” della cooperativa che gestisce il personale? La questione sollevata da T. E. per il mancato rinnovo del suo contratto, provoca un polverone intorno alla casa di soggiorno per anziani “S. Giuseppe” di Castelnuovo. La dipendente annuncia una manifestazione di protesta a Castelnuovo il 18 maggio. Accusa la cooperativa COESIS, che si occupa delle assunzioni del personale, e la direzione stessa della casa di riposo, di discriminazione, mentre la controparte si difende parlando di una normale procedura,legata ai contratti a tempo determinato. E., 34 anni, originaria di Torino, inizia nel 99 la “transizione” dal corpo maschile a quello femminile dando via al contempo a tutta una serie di guai in famiglia e con i suoi datori di lavoro, preoccupati per la visibilità delle proprie attività. Dopo molti ed inutili colloqui di lavoro, lo scorso febbraio la COESIS visti gli ottimi requisiti e l’esperienza quadriennale di E., la assume a Castelnuovo come assistente ai malati di alzheimer. Il contratto, trimestrale, è però scaduto martedì. "Qualche settimana fa, la direttrice della Cooperativa presente nella sede del “S.Giuseppe”, mi ha fatto sapere che non mi avrebbero rinnovato il contratto perché la direzione della casa di riposo aveva fatto loro delle pressioni – dice agguerrita T. E. -. La comunicazione è avvenuta davanti ad alcuni miei colleghi ed al personale dirigenziale della struttura. In caso di causa li chiamerò a testimoniare. "Di fronte alla situazione, infatti, E. promette battaglia. Si è già rivolta ad un legale, l’avvocato della CGIL Fabrizio Brignolo, che afferma di avere elementi sufficienti per intentare procedimento legale. Dal canto suo anche la controparte pensa a tutelare i propri interessi. La casa di riposo, additata da T. E. come promotrice del gesto discriminante, ha contattato il legale di fiducia per difendere la sua immagine. "Non abbiamo nulla da nascondere – spiegano Laura Ronco e Guido Filipello, rispettivamente direttrice e vicepresidente della struttura – le assunzioni non dipendono da noi, è la cooperativa ad occuparsene. Siamo semplicemente molto arrabbiati per le accuse rivolteci. Il buon nome del “S.Giuseppe” di certo non troverà giovamento dalla spiacevole situazione. I mass-media, inoltre, strumentalizzano la vicenda. Continua la Dott.ssa Ronco: "In tre mesi non ho mai avuta occasione di parlare con questo signore (così definisce E., n.d.r.). Perché non è venuto direttamente da me se era convinto che fossi io a non volerlo qui? Nella struttura abbiamo personale di ogni razza, religione o lingua. Non credo di avere mai fatto discriminazioni, nemmeno in questo caso". Anche la COESIS sottolinea il fatto che non si tratta affatto di discriminazione nei confronti di una transessuale. "Era un contratto di tre mesi che è scaduto – spiega il titolare Stefano Viale – la legge permette di stipulare contratti a breve termine e noi ci avvaliamo di questa possibilità. Punto. T. E. comunque non è l’unico che resterà a casa". E. non è d’accordo nemmeno su questo punto. A suo dire la struttura è in sott’organico, ed i suoi colleghi sono già stati invitati a fare straordinari. “Sui fogli della turistica per il mese di maggio, compare anche il nome di un’altra dipendente, che verrà a sostituirmi” Controbatte Viale: "Non è una nuova assunta, ma una parasubordinata che4 si occupava di un altro reparto, alla quale abbiamo solo assegnato nuove mansioni”. Ribatte ancora T. E.:” Sono soltanto scuse. Quando il pretore del lavoro e la CGIL di Asti andrà a verificare di persona, tutti i nodi verranno al pettine. Le ore di straordinario dei miei colleghi dimostreranno che c’è bisogno della mia presenza”. Dunque la possibile causa si baserà su questi elementi? "Sì, ma non solo. La mia compagna Paola Martinelli, lavora in un’altra casa di riposo di Castelnuovo come cuoca. Proprio nella struttura gestita dalla sorella di Laura Ronco – spiega stizzita T. E. – Negli stessi giorni in cui mi hanno comunicato il mancato rinnovo del contratto, lei è stata messa a riposo senza una precisa motivazione. Non credo sia solo una coincidenza. Solo dopo la minaccia di iniziative legali, l’hanno richiamata al lavoro”. Un altro aspetto che insospettisce E. è il corso di riqualificazione ADEST che sta seguendo e che si dovrebbe protrarre fino a novembre. Perché la COESIS avrebbe investito su di me facendomi seguire le lezioni per poi lasciarmi a casa?” si chiede T. E.. A rispondere è ancora Viale: “Non si tratta di un caso a sè stante. Da sempre invitiamo i nostri dipendenti a partecipare ai corsi di formazione o di riqualificazione. Inoltre la conclusione del contratto non comporterà certo l’interruzione del corso” .

E., in attesa di prendere gli ultimi accordi con l’avvocato e con la camera del lavoro provinciale per portare in tribunale la sua vicenda, ha ottenuto dalla questura di Asti i permessi per la manifestazione che ha organizzato per il 18 maggio, a Castelnuovo, alle 11. Per ora hanno aderito la CGIL di Asti, quella di Torino, il coordinamento Pasolini del PdCI, il Maurice ( in cui opera la stessa T. E. ) ed il coordinamento omosessuale dei DS.

 

SEPARATA DAL FIGLIO DI 7 ANNI “NON MI BATTO SOLO PER ME STESSA”

...Com’è la sua vita oggi? Una transessuale lesbica, che vive in una piccola cittadina come Castelnuovo?...

 

CASTELNUOVO . E’ nervosa E., in fondo tutta questa vicenda la espone al giudizio altrui più del solito. Seduta accanto al tavolo nel suo alloggio in Piazza dante, gioca con gli anelli che porta alle dita e guarda i suoi due gatti sdraiati sul letto che si intravedono nell’altra stanza. Comincia a raccontare la sua storia, fatta di scelte spesso non facili e non sempre condivise da chi le sta a fianco.

Quando ha iniziato il processo di transizione?

Ho iniziato a fare le cure ormonali tre anni fa. Il desiderio di diventare la persona che realmente mi sentivo c’era già da molto tempo, ma una serie di vicissitudini, ultima la grave malattia di mio padre, mi avevano sempre fatto rimandare. Non mi sono mai sentita a mio agio nel corpo di un uomo, anzi, sento che il mondo maschile proprio non mi appartiene. Ora sono una donna che ama le donne.

Come era la sua vita prima di compiere questa scelta?

Per tutta la vita ho di continuo cercato un mio equilibrio. Nell’ultimo tentativo di trovare l’armonia con me stessa, mi sono anche sposata con una brasiliana, da cui ho avuto un figlio, e che ora ha sette anni. Quando ho deciso di iniziare la transizione, la mia ex moglie mi ha impedito di vedere mio figlio. Mi manca moltissimo, ma per ora non posso nemmeno sentirlo per telefono. Alcuni neuro psichiatri infantili gli stanno spiegando che cosa stia succedendo al suo papà. E’ un processo lungo e non si può prevedere come lui la prenderà.

Com’è la sua vita oggi? Una transessuale lesbica, che vive in una piccola cittadina come Castelnuovo?

Convivo qui con Paola dal marzo dell’anno scorso. Tutti ormai ci conoscono e sanno che viviamo insieme. Non ci siamo mai nascoste, anzi, è persino scritto sullo stato di famiglia. Ora aspetto la relazione dell’ASL di Asti per avere il permesso necessario per fare l’operazione che mi renderà a tutti gli effetti ciò che mi sento: una donna. Anche anagraficamente.

Questa sua condizione, però, le ha creato e le crea diversi problemi sul lavoro.

Purtroppo è così. I datori di lavoro si preoccupano molto dell’immagine delle loro aziende, e sono convinti che la mia presenza non faccia altro che minare la stabilità delle stesse. E’ vero, la mia voce è un po’ baritonale,ma a parte questo non ho nulla di così strano.

Quest’ultima vicenda con la cooperativa di cui è dipendente, la espone parecchio. Il paese è piccolo, la gente mormora e la vicenda è già apparsa su alcuni quotidiani. Ha avuto qualche problema in più con le persone?

In paese non è una grossa novità. Qualche buontempone però c’è sempre. Comparire con nome cognome ed indirizzo sulla stampa ha spinto qualcuno a farmi qualche scherzo telefonico, ma presto si stuferanno anche loro. Certo, sarebbe stato più facile cercarmi un altro impiego, ma non voglio che i miei diritti vengano calpestati. Oltretutto non mi batto solo per me stessa.

Quindi si sente un po’ paladina dei diritti di chi come lei sceglie di essere qualcun altro, o meglio, sé stessa?

Non è proprio così. Il fatto è che faccio parte del circolo Maurice di Torino, che svolge attività culturali e di sostegno per le comunità gay, lesbica, bisex e transessuale e transgender. Da anni sono un’attivista del circolo e ho a che fare ogni giorno con problemi di discriminazione. Sono da tempo un personaggio pubblico dell’ambiente. Come potrei nascondere la testa sotto la sabbia proprio adesso che vengo coinvolta in prima persona? Il circolo comunque mi sostiene, e , in caso di causa legale, si costituirà parte civile.

 

Ieri a Castelnuovo Don Bosco manifestazione con gay, trans, politici, sindacalisti e sacerdoti da tutto il nord Italia

“La Stampa”, 19 Maggio 2002

 

CASTELNUOVO DON BOSCO - Hanno aperto il corteo camminando mano nella mano, davanti a striscioni, cartelli, bandiere e a 200 persone che gridavano: «Vogliamo un mondo di tutti i colori, razzisti e oppressori ne resteranno fuori». Combattiva T. E., transessuale di 34 anni, silenziosa la sua compagna Paola Martinelli, 25, la cui maglietta esibiva la scritta: «Orgogliosa di essere lesbica 365 giorni all’anno». Per questa coppia, che risiede da 3 anni a Castelnuovo e sostiene di essere stata discriminata sul lavoro per le sue scelte sessuali, ieri mattina sono arrivati da Veneto, Emilia, Liguria e da tutto il Piemonte: gay, lesbiche, bisessuali, trans, ma anche sindacalisti (Cgil), politici, sacerdoti. L’applauso si è levato quando don Franco Barbero (Comunità di base di Pinerolo) ha detto: «Siamo in contatto con 600 preti gay, questo è un grande cammino di novità nella Chiesa. In Vaticano dovrebbero ritoccare un po’ il tempo». Hanno sventolato le bandiere di anarchici, Verdi, Pdci, Ds, mentre quella di Rifondazione è stata fissata al balcone di casa di E. e Paola che si affaccia su piazza Dante, dove il circolo culturale «Maurice» di Torino ha organizzato il raduno. Adesioni sono arrivate da Roma, Milano, Napoli; Vittorio Agnoletto ha telefonato, l’euro parlamentare Ds Gianni Vattimo è arrivato puntuale come Marcella Di Folco, presidente del Movimento transessuali di Bologna. E. ha ripetuto la sua storia: «Il mio contratto trimestrale alla casa di riposo San Giuseppe non è stato rinnovato dalla cooperativa Coesis perché sono transessuale. L’avvocato della Cgil astigiana, Fabrizio Brignolo, ha impugnato il provvedimento. Vedremo come andrà a finire». Anche Paola è rimasta temporaneamente a casa, ma dopo l’intervento del sindacato è rientrata a lavorare alla casa di riposo «Il Giglio» di Albugnano. Gentili e affettuose con tutte, le protagoniste della giornata, ma quando il corteo si mette in marcia E. tira fuori gli artigli. La prima tappa sotto il municipio, con porte e finestre chiuse. E. racconta che «il sindaco Giorgio Musso non mi ha mai espresso solidarietà, anzi ha fatto difficoltà per il percorso della marcia». Le parole più dure al termine del corteo, dinanzi alla casa di riposo: E., un figlio di 7 anni che non sa della «trasformazione» di papà Giuseppe, ringrazia polemicamente al megafono la direttrice Laura Ronco: «Per avermi lasciata a casa e aver parlato di me al maschile. Per aver fatto montare questo cancello 3 giorni fa, per impedirci di arrivare, oggi, fino all’ingresso». Qualche vecchietto, al di là della cancellata, cerca di capire che succede. Il corteo si scioglie, ma si ricomporrà presto: «Ci rivedremo ad Asti - è la parola d’ordine della Cgil - quando sarà discussa la causa di E.».

 

Di Gianni Vattimo - “L'Unità”, 19 Maggio 2002

 

Non eravamo in moltissimi, ma nemmeno tanto pochi, nel momento di massima presenza direi un centinaio o forse più; fate voi, moltiplicando opportunamente per tre, almeno, gli eventuali numeri della questura. Ma il posto era un piccolo comune tra Torino e Asti, Castelnuovo Don Bosco, famoso per aver dato i natali al santo fondatore dei Salesiani e sede di una delle più grandi case di questa famiglia religiosa. La manifestazione era stata indetta da un gran numero di associazioni di gay, lesbiche e transessuali, e non per il fin troppo solito scopo di manifestare il proprio orgoglio di essere come si è, ma per una questione squisitamente concreta, roba da articolo 18, insomma. Un trentacinquenne che sta diventando anche fisicamente donna, ma che all'anagrafe è ancora registrato come maschio, e che convive da tempo con una ragazza lesbica, rischia di essere licenziato dal posto in cui lavora come appartenente a una cooperativa di servizi, perché l'ente comunale di assistenza agli anziani da cui dipende non ritiene di potergli rinnovare il contratto proprio a causa della sua condizione sessuale. Ha intentato una causa per discriminazione, ma intanto anche la sua compagna, che ha un contratto fisso con lo stesso ente, è sospesa dal lavoro. Colleghi e gente del luogo, oltre agli utenti stessi del servizio, sono concordi nel riconoscere che le due persone in questione svolgono ottimamente le loro mansioni - assistenza ad anziani, anche colpiti da Alzheimer. Come si vede, un chiarissimo caso di discriminazione sul lavoro, che però aggiunge al significato sindacale il più generale significato sociale e culturale.

Se si pensa alle difficoltà esistenziali che E., la persona colpita dal provvedimento discriminatorio, ha dovuto superare per raggiungere l'equilibrio personale e l'esemplare maturità civile che dimostra ora, ci si rende conto di quanto la nostra società sia ancora costellata di barriere, non sempre architettoniche ma spesso ben più consistenti e dure da superare, che rendono la vita difficile alle tante minoranze - ognuno di noi, in fondo, appartiene a qualcuna - che non stanno esattamente nelle misure statisticamente previste e "eticamente" ammesse.

Di questo sembrano coscienti anche i cittadini di Castelnuovo Don Bosco; che, sebbene non abbiano salutato con entusiasmo il (sobrio) corteo gay-lesbico-transex che per la prima volta si svolgeva nel loro comune, non hanno però manifestato alcun dissenso, come qualcuno si sarebbe aspettato, data la condizione ancora prevalentemente rurale, e non certo metropolitana, del luogo. Una delle novità significative dell'evento è proprio questa: se ci si attendeva che la buona vecchia provincia piemontese, per giunta nella patria di Don Bosco, reagisse con un atteggiamento di rifiuto a una manifestazione del genere, si deve invece prendere atto che anche qui, dove pure la grande maggioranza dei cittadini è cattolica praticante, certe chiusure non strettamente religiose, ma disciplinari e autoritarie, della Chiesa ufficiale hanno ormai poco seguito. Una buona notizia, se si vuole, rispetto alla goffaggine con cui la Chiesa sta oggi trattando la questione dei preti pedofili americani. E ancora, altra novità che forse anticipa ciò che il movimento di liberazione delle minoranze sessuali sarà sempre più in futuro: non la generica rivendicazione della propria identità, addirittura della propria "rispettabilità", ma richiesta di specifici diritti di uguaglianza, di positivo superamento delle discriminazioni. Un interesse niente affatto di gruppo o di parte: affermato da una minoranza "profetica", che riguarda però davvero tutta la società.

 

18 MAGGIO 2002, CASTELNUOVO DON BOSCO (AT):

Editoriale di Mirella Izzo, 22 Maggio 2002

 

 

La data è di quelle da ricordare, da segnare sul calendario, perché potrebbe rappresentare l'inzio di una nuova fase del movimento trans, lesbico, gay italiano. Sabato 18 maggio 2002 a Castelnuovo Don Bosco nell'Astigiano c'è stata la prima manifestazione nazionale in difesa del posto di lavoro di una coppia lesbo-trans (mtf). Mai prima d'ora in Italia era accaduto un fatto simile. Mai era accaduto che la tutela del diritto al lavoro di una transessuale e di una ragazza lesbica venisse fatta propria non solo dalle Associazioni GLBT ma anche da partiti politici, sindacati, movimenti, centri sociali e le comunità di base della chiesa cattolica.

Mai prima d'ora c'era stata una capacità di mobilitazione forte su singoli fatti concreti come quello di un non rinnovo di contratto per motivi di "visibilità". Sebbene i numeri non siano stati in assoluto elevatissimi, questa manifestazione rappresenta un fatto storico e non a caso la risonanza mediatica non è stata indifferente. Quasi tutti i quotidiani nazionali hanno riportato la notizia e il TG3 Rai ha riservato due servizi nelle edizioni delle 14.20 e delle 19.00. Oltre duecento persone si sono date raduno da ogni parte d'Italia alle 11 di mattina in un "paesino" non proprio facilmente raggiungibile. Per molti, già l'essere arrivati fino a lì ha assunto un forte significato simbolico. La voglia di dire "basta alle discriminazioni basate sull'identità di genere e/o sull'orientamento sessuale" diventa sempre più forte e sempre più larghi sono gli "strati sociali" coinvolti nella tutela dei nostri diritti. Possiamo, dobbiamo dire che da oggi il movimento gay lesbico trans non dovrà mai più essere isolato dal resto della società. La presenza di folte rappresentanze di partito (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi), del sindacato (CGIL, RdB-CUB) della Chiesa di base (la comunità di Don Barbero) e dei centri sociali ci dice che stiamo lentamente ma inesorabilmente guadagnando attenzione da sempre più vaste aree dell'opinione pubblica. La presenza dell'ANSA e i resoconti quasi sempre corretti dei fatti da parte dei media rappresentano poi una vera e propria novità. Certo il Tg3, nell'edizione serale ha totalmente censurato la transessualità di E., certo il resoconto dei fatti de "Il Giorno" si apre con una rappresentazione folkloristica della presenza transessuale alla manifestazione totalmente assente nella realtà. Certo ci sono ancora molte sbavature. Ma essenzialmente, giornali come "Il Manifesto", "La Stampa" ed il "Secolo XIX" hanno dato un'immagine corretta e sufficientemente informata sia del racconto riguardante la pesante discriminazione subita da E. e Paola, sia della manifestazione, sia delle dichiarazioni rilasciate da esponenti sindacali, di partito, della chiesa e delle associazioni gay, lesbiche e trans.

Non crediamo che tutto questo sia accaduto per caso. Crediamo che esistano sì motivi di ordine politico che hanno portato ad un improvviso risveglio da parte di settori politici sindacali rispetto a temi che avrebbero dovuto essere cari da tempo a chi dovrebbe avere nel proprio patrimonio genetico la questione dei "diritti" in Italia. Sicuramente la recente sconfitta elettorale ha innescato un processo di revisione rispetto alle gravi carenze della politica del "centro-sinistra" nei confronti della tutela dei diritti, delle minoranze, dei "soggetti deboli" (noi diciamo sempre "resi deboli"), ma crediamo che vi sia stato anche un altro importante elemento che ha contribuito a determinare questa nuova sinergia tra movimento glbt ed il resto (di una parte) della società. Questo elemento di novità è l'apertura del movimento glbt italiano a tutte le tematiche dei "diritti civili": l'"allargamento dell'area della coscienza" nasce, a mio parere, con la manifestazione antirazzista organizzata a Verona nell'estate del 2001 dal Circolo Pink ed è continuata con l'intervento diretto del nostro movimento (sia pure con diverse sfumature) rispetto alle tematiche della globalizzazione dell'economia ed ancora di più sulla difesa dell'art. 18 ed infine, con la partecipazione sempre più vasta alle manifestazioni quali quella del 25 aprile, in tutta Italia.

Se è quindi vero che oggi sembra esservi un risveglio di attenzione da parte della politica nei confronti delle tematiche glbt, è altrettanto vero che è stato il nostro movimento ad iniziare un percorso di ampliamento di interesse verso OGNI forma di emarginazione sociale e discriminazione.

Questo processo di de-autoemarginazione del movimento glbt ha portato una ventata nuova nella politica italiana. E' stato un processo bi-direzionale originato proprio dal nostro sforzo di "uscire dal guscio" delle nostre specificità (pur non dimenticandole affatto!!!). Non ci resta che aspettare (muovendoci) e vedere.

...Nel frattempo, tante cose stanno "bollendo in pentola"…

- un progetto di legge sulla "piccola soluzione" presentato su istanza delle ass.ni transgender italiane e della CGIL - Nuovi Diritti dall'on. Titti De Simone, sta per approdare alla presentazione parlamentare;
- la questione della "prescrivibilità" di estroprogestinici a carico del SSN potrebbe stare per giungere ad una svolta positiva...

Ne riparleremo al più presto...

 

Asti, nel paesino di Don Bosco. Dopo la transessuale E., viene cacciata dal lavoro anche Paola, la sua compagna

Di Antonio Sciotto - "Il Manifesto", 7 Agosto 2002

 

E’ toccato anche a lei. Paola Martinello, compagna e convivente di T. E. - la donna transessuale di cui abbiamo raccontato le discriminazioni sul lavoro subite qualche mese fa - è stata licenziata in tronco. «Colpevole» per le proprie scelte sessuali, ma anche e soprattutto per aver organizzato insieme alla compagna la mobilitazione che nello scorso maggio ha catapultato la storia di E. da un paesino piemontese alle pagine della cronaca nazionale. A telecamere spente, la «Bios» di Albugnano, cooperativa di cui Paola era socia-dipendente, ha cominciato a bersagliarla di contestazioni disciplinari, e alla fine l’ha sbattuta fuori. Tutto inizia nell’aprile scorso, quando E. - già da due anni «in transizione» verso l’intervento per il definitivo cambio di sesso - viene discriminata dalla «Coesis», altra cooperativa del territorio, che le nega il rinnovo di un contratto di collaborazione nonostante la sua pluriennale esperienza nel campo dell’assistenza agli anziani. «Problemi di visibilità», motiva la dirigenza. Il paese è piccolo e la gente mormora. E. e Paola hanno scelto di convivere in una delle roccaforti del tradizionalismo cattolico del nord Italia, Castelnuovo Don Bosco, luogo di nascita di Don Bosco. Ecco che Paola riceve nello stesso periodo, dalla propria cooperativa, una sospensione di 20 giorni senza retribuzione. E senza giustificazione. Parte così la protesta: due vertenze, seguite dalla Cgil provinciale, e una manifestazione proprio a Castelnuovo, in collaborazione con l’Arcigay, il Mit (movimento transessuali) e diversi esponenti politici di sinistra, dai Ds, ai Verdi, da Rifondazione al Pdci. Una improvvisa sovraesposizione mediatica che le quiete cooperative della provincia piemontese, impegnate a pieno ritmo a gestire la vita degli anziani del luogo, non devono certamente aver digerito. Ecco che a soli dieci giorni dalla manifestazione, Paola, dipendente della Bios già da un anno e fino ad allora mai ripresa per iscritto, ha cominciato a ricevere una fittissima sequela di contestazioni disciplinari.

«Non arrivava neppure la risposta alle mie prime repliche - racconta la ragazza - che già mi inviavano le successive. Una a settimana, da fine maggio a inizio luglio. Mai vista una cosa simile, e tutte per motivi decisamente futili». Paola è cuoca per la Bios. Anzi, sarebbe meglio definirla «addetta alla cucina», perché inquadrata al secondo livello; ma, per mancanza cronica di personale, le facevano regolarmente svolgere mansioni da cuoca, appunto; dunque, oltre a essere discriminata, è stata anche sottopagata. Tra le ragioni delle contestazioni, quella di trattenersi più a lungo in cucina, per finire il lavoro. O di essersi fatta venire a prendere tardi da E., una sera che stava male per aver usato gli acidi delle pulizie senza la mascherina (non fornita dalla cooperativa). «Mi fermavo tardi per fare bene il lavoro, spesso ero in turno da sola. E a far entrare E. in struttura non sono stata io, ma la portinaia della casa di assistenza. E non è certo la prima estranea ad entrare: le contestazioni sono state basate su puri pretesti». Risultato: in base alle contestazioni, Paola è stata licenziata. Adesso, sia lei che E. sono isolate, e nessuno nella provincia dà loro lavoro. Paola impugnerà il licenziamento per mezzo dell’articolo 18. A E., che era una semplice collaboratrice, la cooperativa offre un risarcimento di un paio di migliaia di euro per chiudere la vicenda. Entrambe pagano pubblicamente una scelta che riguarda soltanto la loro vita privata.

 

Comunicato di T. E., 18 Maggio 2005

 

Ricorre oggi l'anniversario della manifestazione di Castelnuovo Don Bosco (Asti), di tre anni fa. per la prima volta si era scese/i in strada per rivendicare il diritto al lavoro delle persone LGBT, dopo il duplice licenziamento subito da Paola Martinelli ed T. E., coppia lesbica visibile.

La massiccia presenza delle forze sindacali e della sinistra, anarchiche e giovanili, oltre a quelle del movimento, avevano fissato un punto di partenza importante. rimasto tale.

Da allora nulla è cambiato.

Paola Martinelli è tornata a Torino, ed T. E. è stata licenziata senza giusta causa altre due volte, a Buttigliera d'asti il 5 gennaio 2004, ed a La Morra di Cuneo, il 17 giugno 2004, nonostante nel frattempo i suoi documenti diano finalmente ragione alla sua natura.

per non dimenticare...

T. E.

(Ciò che conta non è vincere o perdere una battaglia, ma la continuità dell'attacco).

 

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