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Aggiornato
Giovedì 11-Ott-2007
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Di C. Ricci
20 Luglio 2005
Pareva un puntino bianco, là, in fondo alla piazza. La mamma di Paolo si volta, alza la mano e regala un lungo saluto mentre l’applauso non smette, si fa ancora più intenso fra sguardi attoniti, pieni di lacrime: un unico fiato, sospeso… Centinaia di persone hanno gridato così, così hanno pianto martedì 19 Luglio, alla fiaccolata organizzata a Roma per ricordare Paolo Seganti, torturato e trucidato da un branco di criminali legittimati da questo Papa, da questo governo, questo paese, ammazzato come un cane perché omosessuale – e per un attimo, uno soltanto, la stupidità e l’indifferenza hanno smesso di esistere. Subito dopo la folla si è allontanata, silenziosa, composta, e chiunque avesse cercato sui volti una risposta non vi avrebbe letto che smarrimento, impotenza. Rabbia (quella vera che unisce al di sopra delle parti e trasforma la paura in coraggio, lucidità) no, non ancora. I tempi di una Stonewall Italiana sono ancora lontani, temo. Con Paolo non se ne è andata solo una persona conosciuta o sconosciuta, con lui evapora l’illusione che certe cose capitano solo a chi, in fondo, un po’ se le cerca, a chi non sta dalla parte giusta, nel modo giusto, fra le persone giuste, con i giusti mezzi per garantirsi il giusto grado di visibilità, riconoscimento, libertà. Con lui se va definitivamente la certezza del diritto e, lasciatemelo dire, del privilegio. Paolo non era un marchettaro a caccia di sesso nel parco, non aveva sordidi conti in sospeso (come se ciò potesse giustificare un omicidio). Paolo era un bravo ragazzo, un ragazzo normale senza grilli per la testa, credente in sofferenza perché rifiutato da quella comunità cattolica alla quale sentiva di appartenere, della quale voleva far parte. Era solo andato ad annaffiare le sue amate piantine e ha pagato con la vita il prezzo dell’odio e del disprezzo, delle crociate moralizzatrici partorite dalla mente malata di Ratzinger, sostenute dal centro-destra nel silenzio colpevole e ossequioso del centro-sinistra, condivise dagli integralisti di questo ed ogni altro paese maschilista ed eterosessista. I giornali e la TV quasi non hanno parlato dell’assassinio di Paolo e quando lo hanno fatto non sono riusciti a risparmiare all’intelligenza e, soprattutto, alla vittima, un supplemento di offesa, evidente o sottesa. Figuriamoci se poteva rimbalzare sulla stampa nazionale la notizia di una fiaccolata straordinariamente partecipata, sentita, con motivazioni tanto importanti che non riguardano più, ne mai hanno riguardato soltanto i gay, le lesbiche e i/le transessuali. Si dice che il Comune di Roma intitolerà a Paolo Seganti un albero o un parco, non so. Chiunque sia sopravvissuto a gesti di violenza e discriminazione diretti o indiretti, chiunque ne abbia consapevolezza, non chiede per sé ed altri targhe o medaglie, parole di circostanza o compassione, ma “solo” l’applicazione della legge e il perseguimento senza sconti di chi compie tali atti (cosa che raramente avviene), il rispetto della Costituzione Italiana (se qualcosa vale ancora), la riaffermazione inequivocabile della laicità dello stato, un adeguamento legislativo che riconosca le persone LGBT* e finalmente le tuteli in modo specifico. Oppure lo si scriva a chiare lettere, nero su bianco, che questo paese non è uno stato di diritto laico e democratico, che qui le persone con orientamento sessuale e affettivo non eterosessuale non sono gradite, lo si sancisca, dichiari, cosicché possano scegliere se andarsene dove le libertà individuali sono inviolabili, o restare a rischio della vita. Perché di questo si tratta, casomai qualcuno non l’avesse ancora capito: in Italia non si corre più “solo” il pericolo di essere insultati, vessati, licenziati, emarginati, picchiati, stuprati – qui, ad essere gay, lesbiche e transessuali, si rischia di morire. |
Da "Liberazione" - di Saverio Aversa
17 Luglio 2005
Ieri i funerali di Paolo Seganti, torturato e ucciso dagli omofobi
Il caso. Ieri varie centinaia di persone, a Roma, hanno partecipato al funerale di Paolo Seganti. E' stata una cerimonia molto bella, piena di commozione e di rimpianto. Ha parlato il prete, poi ha parlato la madre di Paolo e alla fine è salito sul pulpito il suo amico Vincenzo. La gente ha pianto, si è abbracciata, ha nascosto la rabbia. Paolo era un giovane uomo gay ed è stato ucciso pochi giorni fa in un parchetto vicino al centro di Roma, al quartiere Conca D'Oro, due passi dalla via Salaria. Era andato lì verso il tramonto per annaffiare dei fiori che aveva piantato qualche giorno fa. Non si sa bene cosa sia successo. Un gruppo di mascalzoni lo ha circondato, lo ha sequestrato, lo ha torturato per ore e poi lo ha ucciso a bastonate e con un coltello. Un'infamia. Il suo corpo senza vita lo ha trovato un passante molte ore dopo. Perché l' hanno ucciso ? Solo per una ragione: per punirlo, perché un gay va punito. Roma ha un triste primato nell'omofobia: almeno 30 "omicidi" negli ultimi quindici anni, una lunga sequela di tragiche soppressioni motivate dall'odio perché differente. Fortunatamente le forze dell'ordine in molti di questi casi individuano i colpevoli, che sono stati arrestati e processati. Hanno fatto molto poco invece i giornali e le tv: niente sul piano dell'informazione, di campagne efficaci per combattere l'intolleranza e la violenza. L'assessore capitolino alle pari opportunità Mariella Gramaglia - che ieri ha partecipato al funerale di Paolo Seganti - ha promesso di inserire nel corso sull'omosessualità e l'identità di genere ideato per i dipendenti comunali una sessione speciale sulla sicurezza in collaborazione con la Questura e la Polizia Municipale. Forse non è molto, ma confidiamo sia un segnale che porti ad un maggiore impegno da parte delle istituzioni. Le storie di discriminazione, di offese, derisioni, aggressioni, e anche le storie di uccisioni delle persone omosessuali sono tantissime in tutta Italia, dalle piccole città di provincia alla capitale. Me ne vengono in mente a centinaia, se mi fermo a pensare. Mi ricordo che ad aprile una coppia di ragazzi gay che si tenevano per mano in via del Corso a Roma, è stata picchiata da giovani di destra. Li hanno picchiati perché si amavano. Qualche settimana dopo a Battipaglia, un gruppo di giovani ha insultato e preso a pugni Pasquale e Eddi che passeggiavano anche loro tenendosi per mano. Giorni fa a Sant'Elia, un paese vicino Catanzaro, un ragazzo gay che passeggiava con delle amiche è stato pesantemente deriso e le ragazze che erano con lui volgarmente offese. Ne riferisce Adriana Perulli, presidente dell'unico circolo arcigay della regione, che ricorda come in Calabria si stanno organizzando molte iniziative contro l'omofobia. (A Pizzo Calabro è stato da poco istituito il registro delle coppie di fatto e il sindaco di Cosenza ha promesso di fare altrettanto nel suo comune). Perché succedono queste cose? Perché qualcuno ha deciso che bisogna punire, fermare, colpire selvaggiamente chi ha il coraggio di essere vero, naturale, felice del proprio orientamento sessuale, della propria identità, consapevole del sentimento profondo che lo lega ad un altro essere umano. Si continua a morire, condannati a perdere la vita da feroci assassini che eliminano e massacrano un uomo perché non è eterosessuale, perché non ha una sessualità conforme alle regole del neoconservatorismo, ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche che considerano riprovevole il sesso praticato senza fini riproduttivi. Oppure si muore per mano di un ricattatore che minaccia di rivelare l'omosessualità della vittima. E' successo solo pochi giorni fa a Catanzaro, dove Michele Presta, stimato sindacalista, segretario della Flai - Cgil calabrese che si è battuto per i lavoratori forestali che rischiavano il licenziamento dopo il taglio dei fondi deciso dal governo Berlusconi, è stato massacrato a colpi d'ascia da un altro uomo, un giovane senza scrupoli con il quale aveva da tempo una relazione. Massimo Consoli, padre del movimento gay italiano che ha dedicato molti anni al tema della violenza e degli omicidi di persone omosessuali, ha detto di Presta: "E' un eroe perché si è rifiutato di accettare la logica del silenzio, non ha voluto più subire il ricatto. Questo episodio è un segno dei tempi che cambiano, Michele è il simbolo di una comunità che chiede, vuole, pretende i suoi diritti più basilari. Gli stessi diritti dei quali godono tutti gli altri cittadini di questa nostra, triste, repubblica". La tragica morte di Presta ha visto molti mass media e la televisione di stato ricorrere ai luoghi comuni che appartenevano al linguaggio morboso tipico dei giornali scandalistici del passato. Si sono usate espressioni che pensavamo dimenticate definitivamente. Per esempio: "delitto maturato negli ambientigay"; oppure: "squallidi amori tra persone dello stesso sesso". Insulti veri e propri che rafforzano il pregiudizio, alimentano le discriminazioni, armano gli omofobi più estremi. Che vuol dire: "maturato negli ambienti gay"? Vuol dire che in fondo si pensa che il colpevole di tutto sia lui, il gay, non chi lo ha ucciso. Il corteo dell'Orgoglio glbtq (gay, lesbico,bisex, trans, queer) che ha percorso le strade romane il 9 luglio era aperto da uno striscione con la scritta "Discriminati", una parola sola ma che ben sintetizza l'intero documento politico del Pride: chiede una legge contro i crimini d'odio verso i cittadini e le cittadine omosessuali e transessuali. A supporto di questa richiesta è già cominciata una raccolta di firme, sotto forma di petizione, che continuerà anche nelle prossime settimane. La nostra legislazione deve tutelare tutti i cittadini, è un dovere imposto anche dall'Unione Europea che invita gli stati membri a recepire e applicare le risoluzioni approvate dal Parlamento di Strasburgo. Il divieto delle discriminazioni è citato dalla Carta dei Diritti stipulata a Nizza nel 2000: l'articolo 21 contiene indicazioni precise al riguardo. Il famigerato decreto legislativo firmato da Berlusconi, Bottiglione, Fini, Maroni, Castelli ed altri, che doveva recepire la direttiva europea 2000/78, è ancora in vigore senza nessuna modifica ai tanti "orrori" giuridici che contiene. E' una norma che grottescamente discrimina ulteriormente poiché prevede l'onere della prova a carico del discriminato e introduce il concetto di mansioni lavorative non compatibili con l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Bisogna cambiare quel decreto e approvare una legge migliore, un provvedimento che si inserisca nel riconoscimento più ampio di uguali diritti. |
Di Alba Montori per GAYA CsF
La lista dei morti, ammazzati perchè omosessuali, continua ad allungarsi. In Italia, civile e democratico paese, come ovunque, in Iran come in Nigeria o in Egitto, o nella civilissima Olanda. o a Roma, città Eterna dalla millenaria tradizione di tolleranza, di chiunque, nel rispetto della lex - "Parcere subiectis et debellare superbos" - Ovvero: rispettare e proteggere chi rispetta la legge e mettere in condizione di non nuocere chi non lo fa. Catanzaro 3 luglio 2005: un uomo, Michele Presta, è stato ucciso. Sindacalista molto noto in Calabria, ammazzato da un prostituto eterosessuale sposato e con un figlio. Massacrato con un'ascia che gli ha spaccato la testa. L'assassino, il 31enne Gianfranco Palermo, ha infierito sulla sua vittima dopo averlo derubato di varie migliaia di euro, avergli sottratto l'auto e minacciandolo di rendere pubblica l'identità gay del sindacalista se non gli avesse dato più soldi. Michele Presta ha rifiutato il ricatto, ma ha pagato il suo gesto di coraggio con la vita. I suoi colleghi del sindacato CGIL hanno espresso il loro rammarico per non aver capito il bisogno di aiuto e di solidarietà di Michele, del loro collega più bravo e più altruista e più impegnato. - "Siamo noi ad aver sbagliato. Avremmo dovuto accorgerci del disagio di Michele. E' stato con noi per due decenni e mai, nessuno, ha saputo, o voluto capire la sua natura" - "Lui aiutava noi. E noi? Perchè non siamo riusciti ad aiutare lui?". Scrive Massimo Consoli: "Michele Presta e' un segno dei tempi che cambiano, simbolo di una comunita'che chiede, vuole, pretende i suoi diritti più basilari. Gli stessi diritti dei quali godono tutti gli altri cittadini di questa nostra, triste repubblica. Michele Presta e' un eroe: perchè è un omosessuale che si è rifiutato di accettare la logica del silenzio, del sottrarsi, del subire il ricatto. Sono orgoglioso di potermi dire suo amico." Nella mia Roma non serve una sentenza del tribunale (non ci sono leggi scritte al riguardo) né una sharia, per ammazzare un omosessuale. La nostra è una città civile, una capitale europea e modiale, faro di civiltà laica e religiosa: uccidere un cittadino è vietato dalla legge laica e da quella religiosa, oltre che dalla morale naturale. Paolo Seganti era un cittadino modello di virtù umane e civili, e anche religiose, ma non è bastato perchè la legge lo difendesse, perchè era omosessuale e per lui la legge non era la stessa che per tutti gli "altri". Ha scritto Cinzia Ricci: "Si dice che il Comune di Roma intitolerà a Paolo Seganti un albero o un parco, non so. Chiunque sia sopravvissuto a gesti di violenza e discriminazione diretti o indiretti, chiunque ne abbia consapevolezza, non chiede per sé ed altri targhe o medaglie, parole di circostanza o compassione, ma "solo" l'applicazione della legge e il perseguimento senza sconti di chi compie tali atti (cosa che raramente avviene), il rispetto della Costituzione Italiana (se qualcosa vale ancora), la riaffermazione inequivocabile della laicità dello stato, un adeguamento legislativo che riconosca le persone LGBT* e finalmente le tuteli in modo specifico. Oppure lo si scriva a chiare lettere, nero su bianco, che questo paese non è uno stato di diritto laico e democratico, che qui le persone con orientamento sessuale e affettivo non eterosessuale non sono gradite, lo si sancisca, dichiari, cosicché possano scegliere se andarsene dove le libertà individuali sono inviolabili, o restare a rischio della vita. Perché di questo si tratta, casomai qualcuno non l'avesse ancora capito: in Italia non si corre più "solo" il pericolo di essere insultati, vessati, licenziati, emarginati, picchiati, stuprati - qui, ad essere gay, lesbiche e transessuali, si rischia di morire." E proprio mentre Paolo Seganti, perchè gay, veniva ucciso, lunedì 11 Luglio, Angelo scriveva tra l'altro alla comunità varia... "Vi pongo all'attenzione un recente problema di questi giorni: abusi sugli omosessuali che frequentano luoghi pubblici, sia da parte delle forze dell'ordine sia da parte di alcuni imbecilli, che io ieri sera ho visto con i miei occhi (ne sono testimone DIRETTO). "Te la sei cercata". Mi hanno risposto così alcuni esponenti di una pattuglia delle Forze dell'ordine avvertiti da me qualche sera fa alla zona portuale di San Benedetto del Tronto quello che mi ha sconvolto è stata la risposta sprezzante e priva di senso di alcuni responsabili dell'ordine pubblico, come se alla fine il colpevole di certe malefatte fossi io, e come se dopotutto "picchiare i froci" non fosse reato Certo però che quel "te la sei cercata" sarebbe gravissimo anche se diretto ad una vittima della camorra solo perché si trovava in un posto desolato. Forse non è chiaro a tutti che tali aggressioni, al cui danno si aggiunge la beffa di forze dell'ordine che ti sfottono sopra, sono una doppia condanna per tante persone della comunità gay marchigiana, chi per una semplice scappatella chi per una profonda amicizia.e chi, come i più romantici come me, per un ragazzo da amare. Quella sera mi sono trovato anch'io a passeggiare da quelle parti. Premesso che sono fatti miei e a nessuno devo rendere conto della mia privacy, nemmeno agli uomini della volante uno dei quali però emetteva giudizi fin troppo insistenti sull'ora tarda in cui mi trovavo lì, è un mio diritto o no transitare in un luogo pubblico come tutti gli altri cittadini, a prescindere dalle ragioni che mi hanno spinto a stare là? Non sono un criminale, sono un onesto cittadino, voglio solo incontrarmi con altre persone, che male faccio di fronte alla legge? Nessuno. Perché non è mai stata aperta un'inchiesta dettagliata per reprimere il fenomeno del crimine notturno? No, in questo caso sembra che si vuole reprimere l'omosessualità, intimorita ulteriormente con frasi umilianti "non farti vedere più da queste parti", "che ci fai qui a quest'ora?", "siamo stufi di venire qua tutte le volte".e dulcis in fundo "te la sei cercata". Eh no, questa non è tutela del cittadino ma omofobia, cioè disprezzare un cittadino e considerarlo di serie b solo per il proprio orientamento sessuale, ed è molto grave alla pari se si dicesse "te la sei cercata" ad una donna stuprata solo perché ama andare in jeans attillati o in minigonna. Anche l'ebreo che va in giro con la kippà se la va a cercare se prende le botte dai naziskin? A proposito farei un appello alla bontà delle Forze dell'ordine: si dia vita ad un'azione di collaborazione con la comunità gay marchigiana per individuare insieme le modalità migliori per combattere e reprimere tali abusi, collaborando con le stesse persone che frequentano il luogo E un appello agli amministratori locali del Comune di San Benedetto, della Provincia di Ascoli Piceno e della Regione Marche: si proponga qualcosa contro il mobbing e le violenze, contro l'omofobia in generale, e al tempo stesso proponete al tempo stesso nuovi luoghi di aggregazione, accoglienza e amicizia per tutti, per cui le persone omosessuali non abbiamo più bisogno di ritrovarsi in posti notturni che appartengono oramai ad un triste passato. In assenza di risposte concrete bisognerà ricorrere ad una raccolta firme per premere sulle istituzioni. Non illudetevi: il tempo della clandestinità è finito, gli omosessuali non si nascondono più e pretendono di vivere il loro amore come tutti gli altri."- Io non mi illudo, gli omosessuali continuano a nascondersi, la paura è spesso tangibile. E il mio cuore è triste, scusatemi: le parole mi mancano troppo spesso in questi ultimi giorni. La lista si allunga. Un paese di antica civiltà come l'Iran ha assassinato legalmente, impiccandoli sulla pubblica piazza, due ragazzini giudicati colpevoli di aver "fatto l'amore" tra loro. Omosessuali, gay senza forse neanche saperlo, perchè neanche in Iran a 14/15 anni si è consapevoli della propria identità, neanche sessuale. La tv iraniana ne mostrato in televisione le immagini, estremo sfregio alle loro giovani vite distrutte. E la gente italica, gay più o meno coperti compresi, invece di accorrere in massa davanti alle sedi diplomatiche dell'Iran per testimoniare, gridare forte e chiara tutta la sua esecrazione per questo delitto di stato al quadrato ( due le vittime e assieme due le "pene di morte" ) ha continuato imperterrita a occuparsi di vacanze, di euro, di caldo, a scendere in piazza per rivendicare la serie A o B o C per la propria squadra di calcio del cuore, ad aver paura di attentati a pigliarsela con questo o quel politico... Eppure sono giorni in cui tutti questi omicidi hanno smosso qualcosa, al di là dei vari Pride più o meno ricchi di presenze colorate e polemiche relative. Per la prima volta da sempre ci si è ritrovati, noi LGBTQ e non solo, pochi (diciamolo senza sentirci nudi, perchè un centinaio o poco più non sono certo una folla) ma ben decisi, rappresentanze di tutte le associazioni della comunità varia e variegata dei diritti della diversità, di tutti i colori dell'arcobaleno e della politica. Tutti assieme appassionatamente davanti all'ambasciata della "repubblica democratica dell'Iran" a dare testimonianza della nostra indignazione e alla nostra fierezza di essere così come siamo, alla nostra determinazione di impedire ed eliminare situazioni del genere ovunque nel mondo con tutti i mezzi nonviolenti possibili. Ma non bastiamo, abbiamo bisogno della collaborazione di tutta la gente di cuore e di cervello, di qualunque genere o inclinazione sessuale, disponibile a impegnarsi in prima persona, giorno per giorno, nella sua vita quotidiana e non a parole, per questo. |
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