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Regista (Louisville, Kentucky, 24 Luglio 1952)
Tra i più interessanti registi indipendenti americani degli anni ‘80, attento alla psicologia dei personaggi ma anche alle storture sociali e culturali del suo paese (soprattutto nei confronti delle minoranze), s’impone all’attenzione del pubblico e della critica con “Mala noche”, che vince il Los Angeles Critic Award (1987) come miglior film indipendente e d’avanguardia. Già musicista rock, dopo il diploma alla Rhode Island School of Design, Van Sant ha realizzato diversi cortometraggi in 16mm, e successivamente si e trasferito a Hollywood, dove ha collaborato ad un paio di film diretti da Ken Shapiro. Durante la sua permanenza a Los Angeles, Gus Van Sant ha diretto “Alice in Hollywood” (1981), un mediometraggio in 16mm. Si è poi spostato a Manhattan, dove ha realizzato alcuni spot pubblicitari, e infine si e stabilito a Portland, Oregon, dove ormai vive e lavora da diversi anni. A Portland, Van Sant ha continuato a dirigere film, spot e videoclip, ha insegnato cinema all’Oregon Art Institute, e si è dedicato alla pittura. Dagli anni ottanta le produzioni indipendenti di Gus Van Sant, come “The Discipline of DE”, tratto da un breve racconto di William Burroughs, o “Five Ways to Kill Yourself”, cominciano ad ottenere diversi riconoscimenti in tutto il mondo. Nel 1989 Gus Van Sant realizza il suo primo lungometraggio, “Drugstore Cowboy”, interpretato da Matt Dillon e con la straordinaria partecipazione di William Burroughs nella parte di un prete tossicodipendente. Il film è stato accolto con entusiasmo dalla critica americana e ha permesso a Van Sant di entrare nel ciclo produttivo di Hollywood. Sempre privilegiando storie di emarginati attraverso un linguaggio moderno e attento ai formalismi, con “My Own Private Idaho” (Belli e dannati, 1991) ha raccontato l’amicizia di due adolescenti omosessuali, un film in cui la lucidità narrativa si unisce a un profondo gusto pittorico e alla sospensione di qualsiasi moralismo e che ha lanciato River Phoenix e Keanu Reeves. Dopo l’irrisolto ma suggestivo “Even Cowgirls Get the Blues” (Cowgirl, 1994), è tornato ai suoi livelli migliori con “Da morire” (1995), satira sul potere della TV e sull’idea che gli americani hanno del successo, e con “Will Hunting - Genio ribelle” (1998), nel quale descrive l’irriducibile diversità di un ragazzo geniale. Nel 1998 gira “Psycho”, remake filologicamente fedele del capolavoro hitchcockiano e acuta operazione concettuale sul valore moderno dell’immagine donata, cui seguono “Scoprendo Forrester” (2000), curiosa rilettura del mito dello scrittore J.D. Salinger nell’America contemporanea, e “Gerry” (2002), apologo rarefatto e metafisico sul viaggio nel deserto di due giovani amici che portano lo stesso nome (Gerry, appunto) e che solo perdendosi riescono ad entrare nell’età adulta.
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• Gus Van Sant è un appassionato cultore di musica rock e musicista egli stesso tanto da far parte di una band, la "Kill All Blonders" (Uccidi tutte le bionde). A lui si deve, fra l'altro, uno dei più belli videoclip realizzati negli ultimi quindici anni, "Under The Bridge" del gruppo californiano Red Hot Chili Peppers. • Altra stranezza di Van Sant, è la pubblicazione di un suo disco composto da ben 18 brani musicali tutti dedicati allo sport del golf. • Fra le molte attività svolte da questo ecclettico ed originale regista, vi sono anche quelle di romanziere, pittore, fotografo e stilista.
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