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Regista (Parigi, Francia, 1873 - 1968)
Regista francese anche nota come Alice Guy e Alice Blanché, è stata la prima donna regista e il primo regista al mondo che ha utilizzato un soggetto per il grande schermo determinando quella che, da Meliès in poi, diverrà una costante nella narrazione cinematografia. Figlia di un editore e minore di quattro sorelle, a sedici anni diventa steno-dattilografa. Dopo la morte del padre, nel 1895, entra alla Gaumont come impiegata e un anno dopo dirige il suo primo film, “La fata dei cavoli”. «Quando nel 1898 e nel 1899, la richiesta di film di fiction si fa imperativa, Léon Gaumont non si rivolge, come già Lumière o Pathé, a uomini di scena, ma alla segretaria Alice Guy, non mancando di precisare che il lavoro di ordinaria amministrazione doveva essere eseguito ugualmente e la posta pronta per tempo… Tale decisione non ha niente a che vedere con il suo eventuale talento nell’arte della messa in scena, prova solo quanta poca importanza egli attribuisca allora alla produzione: alle urgenze fa fronte giocando la carta economica del reclutamento interno.» (Vincent Pinel) Dal 1905 fa da supervisore ai giovani registi. Nel 1907 sposa un operatore inglese, Herbert Blanché, con il quale si trasferisce a New York. Louis Feuillade la sostituisce alla direzione artistica della Gaumont. Nel 1910 fonda la sua casa di produzione. Dal 1917 lavora per case come la Pathé e la Metro. Nel 1922 divorzia dal marito e torna in Francia con i due figli. Nel 1953 le viene consegnata la Legione d’Onore e nel 1964 torna negli Stati Uniti per morire nel New Jersey a novantacinque anni. Qualche anno dopo Alice Guy-Blanché è celebrata come la prima donna cineasta e sotto l’impulso dei movimenti femministi, la si presenta «come regista di prima grandezza benché la quasi totalità della sua opera francese non fosse all’epoca visibile e la si considerasse perduta! Da allora più film sono stati trovati, tra cui la mitica “Fée aux choux – La fata dei cavoli” la cui datazione (verosimilmente il 1900) è stata discussa a lungo.» (Vincent Pinel)
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Da “Dolci sorelle di rabbia – Cento anni di cinemadonna” di Pino Bertelli
Una pioniera del cinema al femminile (e anche la prima donna ad assumersi la responsabilità della regia) è stata Alice Guy Blanché. A soli ventitré anni realizza il primo film di finzione, “La fée aux Chou…” (1896). Fino al 1922, cioè all’ingresso planetario nel mercato cinematografico degli Stati Uniti (che mette fine alla sua produzione), firma più di 800 film (tra corto e lungometraggi, muti o sonorizzati). Alcuni film della Guy (che hanno circolato in rassegne del cinema al femminile negli anni ‘90), fanno ripensare alla grandezza autoriale di questa regista avventurosa e sovente anche coraggiosa per le tematiche che trattava o che celava sotto melodrammi impertinenti. “Sage femme de premiere classe” (1902, 4’, b/n muto, 35mm), è il rifacimento (più sorvegliato) di “La fée aux Chou…”. Si tratta di una coppia che vuole comprare un bambino. “L’enfant de la barricade” (1907, 4’, b/n, muto, 35mm), racconta l’arresto di un giovane rivoluzionario della Comune e l’attesa della fucilazione. La madre gli salverà la vita. “La vie du Christ” (1906, 30’, b/n, muto, 35mm) è l’illustrazione in 25 quadri (ispirati agli acquerelli di James Tissot) della “vita di Cristo”. Gli esterni girati nei boschi di Fontainbleu stridono non poco con la struttura del racconto ma la spettacolarità dell’insieme (specie vista con gli occhi acerbi del primo ‘900) acquista qualcosa di magico, di notevole presenza schermica. Per non dimenticare. La Guy non è stata solo un’autrice creativa e audace, ma anche un’antesignana della sperimentazione tra immagine e suono. Nel 1900 è lei che fa i primi tentativi in forma di “film” con il Chronophone, un’invenzione Gaumont, che permetteva appunto di sincronizzare il suono con l’immagine. La Guy muore nel 1968 (in una casa di cura) e le storie del cinema (scritte dagli uomini) le dedicano soltanto qualche compassato ricordo, la sfiorano senza lasciare tracce. Il “principe azzurro” della Guy, la “fata dei cavoli” (come lei si definisce con un velo di splendida ironia), è stato il CINEMATOGRAFO. «Penso che sia stato il primo bambino che ebbe l’idea di mettere le sue manine davanti ad una fonte luminosa muovendo le dita, per vedere l’ombra smisuratamente ingrandita danzare sulle pareti di una grotta o su un muro, ad inventare il cinematografo. Ma l’opinione corrente è che il cinema è figlio della lanterna magica, della fotografia e dell’elettricità» (Alice Guy). La storia della celluloide per famiglie ha fatto il resto.
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