|
||||||||
|
||||||||
Musicista, compositrice, performing artist (Illinois, USA, 5 Giugno 1947)
Originaria di Chicago, Laurie Anderson studia violino incoraggiata dalla madre, anch’ella violinista, si trasferisce quindi a New York dove intraprende studi di storia, arte e scultura. Dal 1971 inizia a scrivere pièces d’avanguardia e dal 1973 insegna storia dell’arte e architettura egizia al City College, scrive inoltre per riviste quali Artforum, Artnews e Art In America. Contemporaneamente sposta i propri interessi verso la fotografia, la musica d’avanguardia e l’uso dell’elettronica applicata all’arte. Inizia così a sviluppare interessanti forme d’espressione audiovisiva multimediale che si concretizzano in numerose performances in musei, gallerie e manifestazioni artistiche. Nel 1973 si esibisce anche a Genova e nel 1977 appare a Bologna e Milano. Principale ispirazione dell’artista è il linguaggio, nelle sue diverse forme: alla base di molte composizioni ci sono studi sulle parole e sulla loro declamazione, e registrazioni di voci umane e di animali trattate elettronicamente. Del 1977 è il primo tentativo discografico con il singolo "It’s Not The Bullet That Kills You, It’s The Hole", edito per una galleria d’arte newyorkese. Altre sue composizioni appaiono nel medesimo periodo sulle Compilation AIRWAVES e NEW MUSIC FOR ELECTRONIC AND RECORDERED. Dal 1978 collabora con John Giorno, il celebre editore di poesia d’avanguardia, e porta a compimento il primo esperimento video su pellicola intitolato Fourteen Americans. Alla fine degli anni Settanta la Anderson inizia a lavorare ad un complesso progetto dal titolo United States, tracce del quale appariranno in tutti i successivi lavori discografici. Un frammento dell’opera, pubblicato su 45 giri nel 1981, sarà anche il più grande successo dell’artista.
Difficile da costringere negli steccati dei generi e delle categorie, è una delle più brillanti performing artist degli ultimi anni. Deve la sua fama alle produzioni musicali, ma prima ancora d’essere un personaggio simbolo del rock contemporaneo, la Anderson è stata ed è tuttora poetessa, scrittrice, artista visuale, scultrice, dimostrando un talento, una poliedricità ed una originalità assolutamente straordinaria, rarissima. Il suo raffinato eclettismo sembrava poco adatto ai canoni della musica popolare e invece, nel 1981, s’impone all’attenzione mondiale con il singolo "O Superman" (ispirata da “O Souverain”, del francese Jules Massenet), un brano di 11 minuti caratterizzato dall’iterazione del tema e quasi del tutto privo di melodia. Con quella composizione e con i successivi lavori (BIG SCIENCE, HOME OF THE BRAVE, ecc.) la Anderson sfata il mito secondo il quale l’avanguardia artistica non può coniugarsi con la musica pop e consolida il suo successo. Il brano riscuote un consenso inaspettato e travolgente, guadagnandosi un sorprendente secondo posto nelle classifiche inglesi. Il grande risultato porta il nome della Anderson a conoscenza del grande pubblico e della critica specializzata, che non risparmia parole di stima per l’artista. Il successo del brano le consente anche di ultimare il progetto di United States, che si concretizzerà in un’opera di oltre sette ore, proposta per la prima volta alla Brooklyn Academy di New York nel febbraio 1983 e successivamente su UNITED STATES LIVE I-IV. Unanimi sono i tributi che l’artista riscuote nelle performances dal vivo, sulla scia del successo di "O Superman". Destano scalpore le avvincenti soluzioni sonore e le insolite strumentazioni, soprattutto l’uso di un violino elettrico in cui le corde sono sostituite da testine magnetiche suonate con un’archetto su cui è teso un nastro registrato, il tutto con sorprendenti risultati sonori. I primi album dell’artista vengono assemblati con materiale tratto da United States: BIG SCIENCE contiene "O Superman", mentre MISTER HEARTBREAK raccoglie brani in precedenza scartati e nuovo materiale variamente ispirato (da Shakespeare a Burroughs). Per l’occasione la Anderson riunisce un gruppo di all stars con Adrian Belew, Peter Gabriel, Bill Lawsell, David Van Tieghem, Phoebe Snow, Anton Fier, Nile Rodgers e William Burroughs. UNITED STATES UVE I-IV, edito sempre nel 1984, presenta in cofanetto la prima dell’opera United States dell’anno precedente. Dal “Mister Heartbreak Tour” e dall’album che ne porta il nome, s’ispira il successivo lavoro della Anderson, un progetto filmico suggestivo da lei ideato e diretto in collaborazione, fra gli altri, con lo scrittore William Burroughs, ricco d’inserti di animazione e vari artifizi elettronici che verrà pubblicato con il titolo HOME OF THE BRAVE. L’opera riceve notevoli apprezzamenti dalla critica ma rimane per lungo tempo l’ultimo lavoro dell’artista, che riappare sulle scene solo nell’autunno 1989 con un nuovo spettacolo audio/video, EMPTY PLACES, e l’album STRANGE ANGELS. Laurie Anderson, quindi, si muove sulla scena rock internazionale senza essere una musicista di stampo tradizionale e, amalgamando musica, danza, video, lettura di testi in prosa e poesia, alterna la creazione di complesse performances alla composizione di canzoni d’impronta più tradizionale. Collabora o si avvale spesso della collaborazione di alcuni dei migliori talenti della musica moderna, come Peter Gabriel (ad esempio in MISTER HEARTBREAK), Jean Michel Jarre, Lou Reed (ad esempio in BRIGHT RED) ed anche del cinema (William Burroughs, Wim Wenders, ecc.). A lei si deve la realizzazione del primo spettacolo multimediale degli anni Novanta, THE NERVE BIBLE, performance tratta dal suo libro “Stories From The Nerve Bible” dal quale il disco THE UGLY ONE WITH THE JEWELS, raccolta di storie bizzarre a metà strada tra diario di viaggio e racconto sociologico, che si affianca a BRIGHT RED uscito nel 1984 e co-prodotto da Brian Eno. Frutto della medesima ricerca delle possibili forme d’interazione fra arte e informatica è la pubblicazione del CD-Rom THE PUPPET MOTEL (realizzato per la Voyager nel 1994-1995, durata 12 ore circa, all’epoca disponibile solo nella versione Macintosh) che a giudizio degli esperti è immediatamente considerato uno dei migliori prodotti mai realizzati in questo settore. Nello stesso solco si muove "The Speed of Darkness", uno spettacolo multimediale nel quale la Anderson propone una sorta di conferenza autobiografica sul suo rapporto con la tecnologia. Nel 1998 doppia un personaggio del film a cartoni animati “The Rugrats”. Nel 2001 riceve il Premio Tenco. Nel 2003 diventa la prima artista ufficiale della NASA. Ignoriamo se le sue prolungate assenze siano dovute a lei stessa o allo scarso interesse dei produttori e dei discografici verso quelle forme d’arte e musica tanto complesse ed originali quanto scarsamente redditizie sul piano commerciale. Tuttavia, sebbene la sua produzione non sia elevata e le sue esibizioni dal vivo non siano mai state frequenti, ovunque nel mondo è ancora invariabilmente attesa da fans ed estimatori.
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Frammenti di un lungo e descrittivo articolo di Furio Colombo apparso su “la Repubblica” del 20 Maggio 1995 in occasione dell’uscita del CD-Rom di LAURIE ANDERSON “THE PUPPET MOTEL” e del suo spettacolo/libro “La bibbia dei nervi (The nerve Bible)” andato in scena al teatro Sistina di Roma il giorno dopo...
(...) In una nuvola di nebbia eccola Laurie Anderson, alta, nera, agile, androgina. Unico punto di luce (non sempre): il volto, la zazzera bionda. Nella scrupolosa abitudine americana di definizione dei generi, la Anderson è una “performance artist”, gente che lavora col corpo, con la voce, con la testa e con le immagini. La “performance art” appartiene soprattutto alle donne. Tra esse Laurie Anderson domina per potenza espressiva, fisica, vocale, di testi, di composizione, di esecuzione musicale, di uso della luce e della suggestione di effetti che senza di lei non esistono. Se non fosse riconosciuta poeta dai poeti, cantante dai cantanti, musicista dai musicisti, attrice dagli attori, regista dai registi, artista visuale dagli artisti visuali, La Anderson sarebbe nel limbo virtuosistico dei troppo dotati, versante scivoloso della collina del successo. Invece domina con fermezza e dolcezza (“Con umanità” scrive di lei il New York Times) una macchina mostruosa che è come camminare a occhi aperti, in carne e ossa dentro un computer, in una situazione che ha tutto per essere onirica, ma ti guarda da sveglio, qualche volta in modo brutale. (...) Un suo modo di condurre il gioco è quello di creare l’effetto e al tempo stesso di subirlo. Per esempio su due dei tre schermi passano e ripassano le immagini dei bombardamenti di Bagdad. Il suo violino elettronico riproduce lo scroscio di esplosioni, le grida e i lamenti. Ma quasi nello stesso tempo lei, con lieve sarcasmo, racconta del fascino che prova per le esplosioni (...) ci racconta che le guardava incantata, perché ci vuole niente a trasformare il mondo, dunque anche la morte, in spettacolo. Lo spettacolo di Laurie Anderson si muove sotto un incubo che non si interrompe mai, quello del tempo. Lancette di orologi scattano ad ogni istante su ogni schermo, contano rapidamente minuti, secondi, frazioni di secondo. E proprio il fatto che non esistano le ore, che non si tratti di un tempo relativo (stasera, dalle otto alle dieci) ma di un tempo assoluto, che passa per sempre, non dà pace alla “performer” e alla sala. Lungo la striscia del tempo scorrono quattro domande così banali da essere pura provocazione: Le cose vanno meglio o peggio? Dove finiscono le informazioni? Che cosa è la storia? Dove sei quando dormi e non sei nei tuoi sogni? Laurie Anderson, in una conversazione-canzone senza intervalli, in cui usa la sua voce ma anche voci diverse (che il prodigio delle sue corde vocali, unito ai filtri elettronici, le consente di usare) racconta di avere posto queste domande a John Cage, il grande dell’avanguardia americana, a Stephen Hawking, lo scienziato dei buchi neri. Pensi che stia corteggiando il mito della “performance sperimentale”, ma lei ti dice all’improvviso: “Nel mondo di oggi l’unica avanguardia culturale rimasta sono i terroristi, sono i soli capaci di prenderti di sorpresa”. Alle domande alterna le storie. Per esempio la storia di una madre missionaria cristiana, predicatrice del Verbo in Giappone, che non si è mai accorta di predicare ai giapponesi in inglese, non si è mai resa conto che l’interesse del suo pubblico non era per il Verbo ma per lo strano spettacolo. La madre annuncia felice che sta per morire. È incurabile, giace in un letto di ospedale e attende il paradiso, ma all’improvviso quindici minuti prima di morire la tormenta un assillo: si muore con o senza cappello? (...) Steven Hawking le ha fatto capire che le informazioni finiscono in un buco nero, John Cage le ha detto che l’unica cosa da fare con la storia è inventarla. E alla domanda se le cose andranno meglio o peggio, la risposta è questa: “Meglio, ma così lentamente che nessuno di noi se ne accorge, come individuo, nel corso della propria vita”. Il tempo è una cosa con cui non ci hanno sincronizzato. Ecco da dove viene il dolore. Dalla incurabile sfasatura fra una persona, i suoi sogni, i suoi desideri, le sue attese e il tempo di cui dispone. C’è una consolazione. Quando dormi e non sogni, vuol dire che vivi nel sogno di altri. Laurie Anderson si allontana nel triangolo di luce verde del laser, figura sempre più piccola che divide la luce, mentre il battito del cuore, immensamente amplificato, riempie la sala.
Dall’intervista a Laurie Anderson realizzata da Alba Solaro e apparsa su “L’UNITÀ” il 22 Maggio 1995 “IL GENIETTO DEL COMPUTER”
“Io scrivo per scoprire cosa c’è nella mia testa e spesso, quando ho finito di lavorare ad un progetto e mi siedo ad osservare il risultato, mi stupisco di quello che è venuto fuori. Forse perché lavoro con tanti media diversi: può succedere, così, che a volte cominci con dei timbri fatti con una patata, e finisci con un’opera”. Non è che succede a tutti. Capita a Laurie Anderson, 48 anni, grandi occhi e capelli sforbiciati da intellettuale: musa suprema dell’avanguardia newyorkese, performer artist, musicista, regista, scrittrice e scultrice. È curiosa, lucida, intelligente: staresti per ore ed ore ad ascoltarla raccontare le sue storie sul tempo, sulla storia, sui fiumi che cambiano il loro corso, sulla politica americana, sugli spazi, le conversazioni telefoniche, i nostri ricordi: “Quando è morto mio padre - dice in una canzone - è come se un’intera biblioteca fosse andata a fuoco”. La nostra vita è un libro pieno di storie. A volte le storie che trovi nei libri sono proprio strane: “Le più strane che ricordi stanno nella Bibbia - dice nel suo nuovo spettacolo “The Nerve Bible” -, storie davvero stupefacenti di oceani che si dividono e di serpenti che parlano e la gente sembra crederci sul serio. Parlo di adulti che di solito fanno cose mondanissime come falciare il prato oppure organizzare feste”. Non manca mai l’ironia nei suoi show multimediali. Come non mancano mai i computer. “Sono una vera Computer Nerd”, ride lei di se stessa. Una “nerd” come quei ragazzini che intasano le linee di Internet? Comunicare su Internet è affascinante come trovarsi in un’opera di Mozart; puoi essere invisibile come un angelo, puoi essere chi vuoi, incontrare gli altri in uno spazio tutto mentale. Sul Web qualche tempo fa ho conosciuto un tipo che si è presentato dicendo che i suoi interessi sono la musica e la sabbia. Ho pensato: che combinazione affascinante! Mi raccontava di queste piccole scatole di sabbia che collezionava e un po’ di giorni dopo ho scoperto che era un ragazzino di quattro anni e mezzo! Ora, nella vita normale esistono convenzioni ben precise sui rapporti fra persone, ma su Internet queste convenzioni saltano ed è una delle cose che lo rendono interessante. Non tutti la pensano così, già si parla di come controllare la rete. C’è chi dice: la tecnologia è fredda, è disumana, è pericolosa. Altri dicono: no, la tecnologia è buona, è il nostro futuro. In entrambi i casi si dà alla tecnologia una personalità, come se stessimo parlando di qualcosa di vivo. E assurdo, è come dare personalità ad una matita. Il punto è un altro. La gente tende a dimenticare quanto in fretta si evolvono le cose. Solo dieci o quindici anni fa, se volevi ascoltare della musica dovevi tornare a casa, oggi puoi ascoltarla anche passeggiando per strada. Non si può fermare lo sviluppo delle tecnologie, bisognerebbe invece pensare a come rendere tutto questo accessibile, alla portata di tutti, anche in quelle piccole città della provincia americana dove la gente è molto povera, però tutti hanno il televisore; magari non hanno il riscaldamento, ma il televisore non manca a nessuno. (...) E nelle storie che racconta nei suoi show, quanto è reale e quanto è invenzione? Non sono molto brava ad inventare, perciò m’ispiro soprattutto alle cose che mi succedono. Lavoro come una specie di reporter, o come una spia, se preferisci. Uso gli occhi, le orecchie. E a volte mi caccio nei guai. Mi piace visitare luoghi particolari. La scorsa estate sono stata in Tibet; mi avevano detto che molto in alto, vicino all’Himalaya, esiste un lago sulle cui acque è scritto il nome del prossimo Dalai Lama. Sono partita insieme ad una spedizione, ma dopo qualche giorno di viaggio l’altitudine ha cominciato a darmi alla testa. Non sentivo più nulla, solo ronzii, campane. Quando siamo arrivati al lago non sono riuscita a vederlo perché stavo ormai delirando, non capivo più nulla. Allora mi hanno legata su una specie di barella e mi hanno portato giù. Il viaggio di ritorno è durato tre giorni, loro pensavano che sarei morta. Se devi morire quello è sicuramente il luogo migliore per farlo, ma io sono sopravvissuta perché uno degli sherpa ha cominciato a parlarmi e non ha mai smesso, per tre giorni e tre notti, mi sono concentrata sulla sua voce e così sono riuscita a riprendere coscienza. Poi sono tornata a casa e qualche settimana dopo ho registrato BRIGHT RED. Non ho più parlato dell’avventura che mi era capitata. Solo alla fine, riascoltandolo, mi sono resa conto che tutto il disco parlava del mio viaggio in Tibet.
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|