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«La vita è sogno, soltanto un sogno – il sogno di un sogno…» (Incipit del film tratto da "Dream Within a Dream" di E. A. Poe) Il 14 febbraio 1900, festa di S. Valentino, le allieve dell'aristocratico collegio Appleyard si recano a fare una gita ai piedi del gruppo roccioso di origine vulcanica Hanging Rock, località australiana nello stato del Victoria. Miranda (Anne Lambert), Marion (Jane Vallis), Irma (Karen Robson) ed Edith (Christine Schuler), ottengono il permesso dall’insegnante Miss McCraw (Vivean Gray), di salire sulle rocce per esaminarle mentre le altre ragazze e il cocchiere Ben Hussey (Martin Vaughan), restano giù a sonnecchiare. Miranda, Marion, Irma e Miss McCraw, che più tardi si allontana dal gruppo senza motivo, scompaiono – soltanto Edith torna dalla roccia spaventata come se avesse visto il diavolo in persona. Per alcuni giorni la polizia compie accurate ricerche nella zona, ma senza esito. Il signorino Michael Fitzhuber (Dominic Guard), giunto in Australia dall’Inghilterra per trascorrere un periodo di vacanza presso gli zii (Peter Collingwood e Olga Dickie), accompagnato da Albert Crundall (John Jarrett), stalliere presso la loro casa e fratello di Sara Crundall (Margaret Nelson), l'amica orfana di Miranda, decide di andarle a cercare e a distanza di una settimana dalla scomparsa ne trova una viva, Irma, la quale, ristabilitasi, non rammenta nulla dei fatti accaduti. In seguito allo scandalo diverse ragazze lasciano l’istituto. Nel frattempo, la signora Appleyard (Rachel Roberts), Preside del college, si accanisce contro Sara il cui tutore non paga la retta da diversi mesi, e dopo averla minacciata di rispedirla all’orfanotrofio ne causa il suicidio, quindi, il 27 maggio, a sua volta muore nel tentativo di scalare la roccia. Il mistero di Hanging Rock non sarà mai risolto.
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Un film-metafora, corale, simbolico, affidato alla poesia delle immagini che evocano attraverso il non-detto l’ineluttabilità della bellezza e dei suoi opposti, risvegliando paure profonde, attese e domande ancestrali. Vari piani narrativi in cui s’intersecano, rimanendo disgiunte, molteplici vicende private, intime, ed un unico tema che le governa, orchestra: l’eterno, irrisolto conflitto tra cultura e natura, tra raziocinio ed istintività, tra il “destino”, le ragioni, le consapevolezze talvolta inintelligibili dell’animo umano, e le convenzioni, la logica stringente che sfocia in ipocrisia, ottusità, dispregio, tirannia. C’è l’inconsolabile Sara, di umili origini ed orfana, ospite indegna di un istituto per signorine di ben altro lignaggio, avvertita come corpo estraneo, vessata sino alle estreme conseguenze dal sistema sociale e dal fato: la direttrice che riversa su di lei le proprie frustrazioni, il proprio odio classista, l’insegnante di ricamo e danza, miss Lumley (Kirsty Child), che arriva a torturarla quando Sara perde ogni privilegio a causa del tutore che non paga più la sua retta, l’accanimento di una vita ai margini che prima la separa dall’amato fratello, Albert, con cui ha condiviso la segregazione in un orfanotrofio-lager e che, pur tenendoli fisicamente vicinissimi uno all’insaputa dell’altra, non li farà incontrare, e poi la priva di Miranda, ultimo riferimento affettivo della sua fragile, indifesa e indifendibile esistenza. Sara, che sa: Miranda non è andata a Hanging Rock per caso. C’è la bella e acerba Miranda che, come una vestale, s’incammina lieta incontro al suo destino, lasciando in chi l’ha incontrata un segno profondo, irrazionale, incancellabile. Nel suo saluto al rallentatore è concentrato tutto il lirismo, tutta la forza evocativa, mistica del film. Non è un addio, è un arrivederci - indolore, sapiente. Ci sono il signorino Michael e lo stalliere Albert che, contro ogni convenzione, bevono alla stessa bottiglia, si scambiano il cappello, diventano amici. Michael non si da pace, vuole ritrovare Miranda. Albert non crede che ci siano speranze, ma un amico non si lascia solo. E insieme, cavaliere e scudiero, sfidano la logica che si affretta a rimuovere l’inspiegabile: trovano e salvano una delle quattro scomparse. Poi ognuno torna nei ranghi, al suo posto – perché nulla deve cambiare, davvero. C’è Irma che, come il signorino Michael, torna alla vita da Hanging Rock con una misteriosa ferita sulla fronte e pare nessun ricordo. Entrambi, in un certo senso, hanno lasciato su quelle rocce l’innocenza, Irma anche il corsetto, sebbene nessuno lo sappia - ma è “integra”, sia chiaro, come il Dottor McKenzie (Jack Fegan) si affretta ad appurare. Sopravvissuti entrambi, perciò marchiati, ma è lei che paga il prezzo più alto sopportando il peso di una colpa senza volto, nome e ragione, il peso del giudizio, dello sguardo pieno di sospetto delle sue pari che si aspettano da lei risposte che non sa o non vuole dare. Non le resta che andarsene, per sempre, reietta – non più fata tra le fate del suo mondo dorato. C’è la stralunata e compunta insegnante di matematica, miss McCraw, temuta dalle allieve e fatta oggetto dei loro scherzi innocenti. E’ zitella, la poverina - insolito per una donna, ancorché studiosa, ligia alla professione d’insegnante e istitutrice. Se ne andrà anche lei su per i pinnacoli di Hanging Rock, senza la gonna, con addosso solo “le pantalon” (le mutande) – come rispondendo a un impulso irresistibile che la spinge a liberarsi, insieme agli abiti, del conformismo, dei ruoli, della propria identità, rendendola finalmente libera. C’è il sergente di polizia Bumpher (Wyn Roberts) e sua moglie (Kay Taylor). Lui indaga senza capire nulla e lei, come tutte le donne, tira le fila stando all’ombra del focolare, invisibile e paziente - ricamando. C’è il signor Whitehead (Frank Gunnell), un anziano giardiniere che parla di piante che si muovono e dice all’ingenuo Tom (Antony Llewellyn-Jones) riguardo alle indagini della polizia: «Se cercano in un porcile, porci troveranno.» - ah, il caro, vecchio buon senso! C’è Minnie (Jacki Weaver), la dolce cameriera che scopre in Sara una creatura ancor più sfortunata di quanto lo sia la povera gente che conosce, della quale fa parte. C'è l'orribile insegnante miss Lumley, sempre pronta a compiacere la signora Appleyard, a farsi interprete del suo livore, pronta anche ad abbandonarla quando è prossima alla rovina. C’è l’austera, vittoriana, disperata virago dal cicchetto facile, la signora Appleyard (interpretata da Rachel Roberts in modo assolutamente impeccabile), con il suo amore innominabile e indesiderato per «quella» Greta McCraw «così mascolina d’intelletto», che le è divenuta indispensabile, che ha tradito la sua fiducia andando a «farsi stuprare» su quella dannata Hanging Rock… C’è il culto pagano della vita e della morte, dell’amore, della fecondità, della dea-madre: la terra che genera e distrugge, come un utero o un vulcano, esplode o implode, erutta o… inghiotte. C’è già la morbosa curiosità mediatica, con un solitario giornalista che, in bicicletta, armato di treppiedi ed un “modernissimo” apparecchio fotografico, cerca di rubare qualche immagine del collegio dell’orrore. Ci sono i versi d’amore che le collegiali si scambiano a profusione, le carezze, le delicate attenzioni reciproche - giovani donne che si preparano alla vita, che imparano a diventare come fuori da quelle mura sono attese: madri premurose e spose devote, senza alternativa. Ci sono i divieti di una società formalista, in declino, le ardite concessioni (come, ad esempio, poter togliere i guanti fuori dall’abitato), l’emancipazione femminile che va timidamente delineandosi anche attraverso le piccole cose (lo scandaloso belletto sulle guance di M.lle De Portiers, ben interpretata da Helen Morse). C’è una ricostruzione ambientale tra le più belle di tutti i tempi, con una cura dei dettagli, una ricercatezza, un indugiare ammirato, incantato, che conquista, avvolge, coinvolge. Ogni movimento della macchina da presa, ogni azione, ogni scena è un quadro a sé (grazie anche alla formidabile fotografia di Russell Boyd) in una composizione visiva e cromatica studiata sin nei più piccoli dettagli, fotogramma dopo fotogramma. Infine, c’è il suggestivo e perfettamente aderente commento musicale affidato alle composizioni di Bruce Smeaton e al flauto di Pan di Gheorghe Zampfir… Tutto questo e molto altro che lo spettatore attento al cinema d’autore scoprirà da solo, fa di “Picnic at Hanging Rock” un piccolo capolavoro che il tempo non scalfisce. C. Ricci
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• Il DVD venduto nell’ottobre del 2005 con la rivista “Ciak” (il quale, peraltro, restituisce al film l’originaria brillantezza ed una definizione delle immagini che in pellicola e, soprattutto, in VHS fatalmente si perdono), propone una versione inspiegabilmente mutilata della scena in cui M.lle De Portiers accompagna Irma a conoscere i due giovani che l’hanno salvata. Prima incontrano Albert che, in tutta onestà, non si prende alcun merito attribuendolo per intero al signorino Michael, quindi, poco dopo, incontrano Michael che porta ancora i segni fisici ed emotivi di quelle ore trascorse sulla roccia. Il giovane ed Irma passeggiano, accompagnati a debita distanza da M.lle De Portiers, poi Michael decide di portarla a fare una gita in barca con il chiaro intento di allontanarsi da orecchie indiscrete, anche le nostre. Qualsiasi cosa si dicano, Weir non ne da conto mostrandoci solo i due giovani alquanto sconvolti dopo il colloquio, con questo insinuando o confermando il dubbio che Irma ricordi più di quanto dichiari. • Piccolo errore di montaggio: nella serra, in cui Mr. Whitehead e Tom chiacchierano di quello che è accaduto, l’anziano giardiniere porta agli occhiali un cordino sulla destra ma pochi istanti dopo, cambiando inquadratura, il cordino si trova a sinistra! • Jane Vallis, la giovane attrice che nel film interpreta una delle tre donne scomparse, Marion, è deceduta di cancro il 27 Settembre 1993. A lei è dedicato un sito tedesco piuttosto interessante realizzato da una fans del film, per visitarlo clicca qui. |