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Da “Lo schermo velato” di Vito Russo
Dal palcoscenico di Broadway dove, nel 1896, sotto forma di testo teatrale, aveva avuto una qualche risonanza, arrivò sullo schermo il primo di quei pochi film che trattano le caratteristiche sessuali di uomini e donne esclusivamente attraverso l’uso del travestimento farsesco. L’adattamento che Sidney Drew fece di “A Florida Enchantment” è una commedia degli equivoci, con travestimenti molto riusciti e commenti disincantati sui privilegi del sesso maschile. Intervistato dal “Dramatic Mirror” di New York, dopo la prima della rappresentazione teatrale, l’autore, Archibald Gunter, dichiarò che la ragione principale per la quale aveva “perpetrato” questa farsa era stata la volontà di mostrare che “in certa misura gli uomini stanno meglio delle donne all’interno della società del nostro tempo”. Nella versione cinematografica Lillian Travers (Edith Storey), una giovane ereditiera del nord degli Stati Uniti, in visita da una zia in Florida, trova un antico baule: dentro ci sono dei semi che, una volta inghiottiti, hanno il potere di trasformare un uomo in donna e viceversa. Per ripicca nei confronti di un pretendente, la ragazza ne prende uno: quando la mattina dopo si sveglia, sfoggia un bel paio di baffi neri che vengono prontamente rasati. Fingendo di essere ancora una donna, ma in realtà dotata di istinti maschili, la protagonista corteggia insistentemente altre donne, mettendo in gran subbuglio le austere abitudini, tipiche della vita del Sud, della casa della zia. Il travestimento maschile della star della Vitagraph, Edith Storey, è impeccabile. Giocando su un aspetto inconsueto, soprattutto nelle scene di un viaggio a New York, in cui appare in un azzimato abbigliamento da uomo, la sua interpretazione per tutto il film è resa più gustosa da una certa noncuranza, in cui l’arroganza maschile viene temperata da una sensibilità nascosta, a stento trattenuta. Desiderando un valletto invece di una domestica, Lillian dà uno dei semi magici alla sua cameriera mulatta, e insieme vanno a far baldoria, venendo scambiate per famigerati donnaioli. Lo shock provocato dalle loro azioni, comunque, è attenuato dal fascino che suscita la loro spavalderia. La zia di Lillian e i suoi ospiti provano per la condotta della ragazza una certa eccitazione, un po’ come sarebbero eccitati dalla presenza in mezzo a loro di un giovane scapestrato. Eppure, fino a quando un medico amico di Lillian (interpretato dal regista Sidney Drew), che ha saputo della vicenda, non prende uno dei semi, nessuno è davvero sconvolto. Drew comincia a guardare stranamente gli uomini in città, poi decide di dar la caccia sul serio ad alcuni di loro. A differenza dell’interpretazione contenuta della Storey, il rotear d’occhi di Drew è puro “travesti”. Oltre tutto Drew recita la parte di una donna aggressiva, che dà la caccia agli uomini attivamente. In entrambi i casi, quindi, è una visione maschile dei sessi a dominare il travestimento. I movimenti di Drew in città suscitano l’ostilità di un gruppo di uomini che in fretta e furia si armano e chiamano la polizia per affrontare lo “strano” uomo che si è inserito fra loro. Alla fine formano una banda e inseguono Drew per tutta la città, fino a buttarlo giù da un pontile nel fiume. Le conclusioni sarebbero interessanti, ma non vengono tratte. Lillian si sveglia improvvisamente e scopre che tutto quanto è stato solo un brutto sogno: i sessi riprendono il loro ordine naturale e la ragazza lascia la Florida con il suo nuovo amore, il corteggiatore responsabile inizialmente di tutto il pasticcio. Nella sequenza del sogno è però evidente una maggiore tolleranza nei confronti delle donne che hanno rapporti sentimentali, o anche sessuali, con altre donne, di quanta se ne abbia verso gli uomini che si comportano in modo analogo. Le donne qui non meritano neanche quella preoccupata attenzione che la “stranezza” maschile giustifica, perché non tradiscono il mito maschile nella loro aspirazione ad un comportamento virile: semplicemente lo imitano e gli danno credibilità. In una recensione del film sul “Dramatic Mirror” di New York veniva infatti sottolineato che “mentre Edith Storey è riuscita ad apparire un uomo piuttosto attraente, Sidney Drew è ben lontano dall’essere una bella donna”. La premessa originale del commediografo secondo cui gli uomini di solito godono nella società di una condizione migliore viene espressa, in conclusione, in un modo ben più sottile di quanto non fossero probabilmente le sue intenzioni. Il mito maschile ne esce rafforzato, perché ad esso viene contrapposta un’inferiorità femminile, messa in evidenza dal degradante travestimento scelto da Sidney Drew per la versione cinematografica. La maggiore tolleranza per le donne mascoline è d’altra parte solo apparente. Nel momento in cui l’idea del vero lesbismo viene espressa in modo evidente, l’identificazione di queste donne in termini esclusivamente maschili serve solo a rafforzare il concetto in base al quale la sessualità è un dominio che appartiene solo agli uomini. E gli uomini effeminati, dopo tutto, non sono mai stati oggetti di fascino dati in pasto al pubblico delle donne.
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Da un racconto di Archibald Clavering Gunther e Fergus Redmund.
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